A chi cita Reagan contro i dazi di Trump: forse vi è sfuggito un dettaglio

In questi giorni, mentre si parla del ritorno dei dazi come strumento di politica economica voluto da Donald Trump, non manca chi – con il solito ditino alzato – tira fuori qualche frase di Ronald Reagan per sostenere che il libero scambio sarebbe l’unica via giusta. Tra queste citazioni, la più gettonata è quella in cui definiva i dazi come «una tassa che noi imponiamo a noi stessi», sottolineando che la protezione non aiuta a lungo termine.

Benissimo. È vero: Reagan, in quell’epoca, era convinto che la libertà economica fosse il motore della prosperità americana. Ma chi cita Reagan oggi per attaccare Trump dimentica – o finge di dimenticare – un dettaglio fondamentale: il mondo di Reagan non è quello in cui viviamo oggi.

Allora non c’era ancora stata la globalizzazione selvaggia che ha trasferito intere filiere produttive in Cina. Allora gli operai americani avevano stipendi dignitosi e una classe media forte, stabile e orgogliosa. Allora l’America produceva, esportava e cresceva. Oggi, dopo trent’anni di ideologia globalista, la classe media è stata spazzata via e i lavoratori sono stati sostituiti da operai sottopagati in fabbriche asiatiche.

Oggi, i dazi non sono un ritorno al passato, ma una risposta concreta a un presente malato, in cui l’Occidente si è consegnato mani e piedi alle logiche del profitto delle multinazionali, mentre la politica – soprattutto quella originariamente “no global” della sinistra – ha fatto da megafono a un’ideologia suicida, che ha distrutto interi settori in nome del «Green», della «transizione» e del «progresso». Peccato che questo progresso abbia significato deindustrializzazione, precarietà e dipendenza dalla Cina.

E allora, tornando a Reagan, vi invito a leggere anche un’altra delle sue frasi meno citate ma molto attuali:

«una nazione che non riesce a produrre ciò di cui ha bisogno per sopravvivere non è una nazione sicura.»

Oppure ancora:

«il governo ha il compito di creare le condizioni affinché le imprese americane possano competere e prosperare.»

Trump sta facendo esattamente questo. Non è ideologia, è realismo. È il tentativo – coraggioso, forse tardivo ma necessario – di ricostruire un tessuto produttivo nazionale, di ridare dignità al lavoro e di riprendersi un’autonomia strategica che abbiamo sacrificato sull’altare della globalizzazione e del pensiero unico.

Chi oggi si scandalizza per i dazi, forse dovrebbe farsi una domanda semplice: vogliamo continuare a comprare prodotti cinesi a basso costo, mentre il nostro vicino perde il lavoro? O vogliamo rimettere in moto le nostre fabbriche, i nostri distretti, la nostra economia reale?

La risposta, se avete a cuore il futuro dell’Occidente, dovrebbe essere scontata.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

1 commento

  1. Grazie Alessandro per aver citato Reagan.
    Purtroppo però i dazi non sono affatto uno strumento per rendere competitiva un’economia, sia USA che altra, ma solo una azione difensiva per proteggere dalla concorrenza una economia non più competitiva.
    I paesi “per eccellenza” con barriere all’importazione erano l’Unione sovietica ed i suoi vassalli; quando è caduta, ha mostrato una economia ed una società arretrata e incapace di competere.
    Un conto è contrastare le azioni piratesche di paesi come la Cina, che usano l’arma degli aiuti – a dir poco – e della protezione statale per produrre e vendere sottocosto, sconfiggere in modo sleale la concorrenza e quindi da monopolisti imporre il proprio potere, un altro è illudersi che con i dazi si risani una economia in difficoltà.
    D’altra parte la mentalità del Sig. Trump, da finanziere spregiudicato quale è, è tutta orientata al breve termine: fare la voce grossa, qualche “sparata” ad effetto e poi provare a trattare da posizione di forza.
    Qualche volta può funzionare, ma di solito produce buchi nell’acqua, come verso la Russia.
    Spero di avere torto, staremo a vedere.

    Con affetto

    Alessandro

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