Credevo di essere stata chiara nel pezzo in cui tentavo di spiegare che l’aborto non era più reato già dal 1975, tuttavia mi devo ricredere, dati i commenti al vetriolo della Lucarelli che addirittura afferma con una certa mal riposta sicumera che avrei detto delle “palle”, perché la Corte Costituzionale non avrebbe affatto scriminato l’aborto.
E allora mi corre l’obbligo di insistere, rischiando la pedanteria, e anche provando un certo disagio, considerato che giuridicamente mi tocca essere assertiva su di un argomento delicato e dalle mille implicazioni etiche quale è l’interruzione di gravidanza
Ebbene, sino al 1975, prima della pronuncia del giudice delle Leggi, l’aborto già non era punito in caso ricorresse l’ipotesi di cui all’art. 54 c.p., la cosiddetta circostanza esimente dello stato di necessità, ossia aver commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Ciò sta a significare che per evitare un pericolo attuale e grave la donna poteva comunque abortire e chi praticava l’aborto sulla donna consenziente in tali casi già non era punibile. L’aborto terapeutico per salvare la vita della madre, per evitarle un danno grave, per il tramite dell’art. 54 cp, era già escluso dall’ambito sanzionatorio.
Poi nel 1975 la Corte Costituzionale fa un passaggio in più ed apre la strada alla legge sull’interruzione di gravidanza. Ci dice che, per una serie di ragioni, l’art. 54 c.p. non è sufficiente a tutelare la madre e afferma che il pericolo di un danno grave non necessariamente deve essere attuale e contingente, ma che conseguenze negative dalla gestazione possono prodursi anche nel tempo e che non sempre queste conseguenze possono essere previste e prevedibili sin da principio. Inoltre, afferma chiaramente nella parte motiva, a cui il dispositivo nel dichiarare la parziale illegittimità costituzionale del 546 cp rimanda, che il danno può riguardare anche l’equilibrio psichico della gestante e non solo fisico.
Ne deriva che una donna in particolare condizioni di prostrazione psichica, a seguito della sentenza in parola, avrebbe potuto abortire legalmente. Sa forse la Lucarelli in che condizioni psicologiche si trovasse la mamma della Meloni all’epoca dei fatti? Vuole pontificare anche su questo? Ecco, tutto ciò per rispondere a quelle che la Lucarelli, improvvidamente, definisce “palle”, sperando che ora questa piccola spiegazione le serva di supporto per comprendere un concetto che per i più è invece intuitivo. E credo che non sia il caso di indagare oltre, per il rispetto minimo che si deve al vissuto di una donna che ha sofferto e per la tutela della sfera personale di chi ci ha affidato i suoi ricordi, che si ha il dovere di non guardare morbosamente.
Nel merito, tuttavia, seguito a non comprendere come e perché ci si incaponisca nel cercare lo scoop ed il marcio su una vicenda che è profondamente bella e che parla di una vita che non è stata spezzata dalla paura di non farcela. O forse ormai è diventato semplicemente un infantile puntiglio, per non dover riconoscere l’errore, per non dover ammettere che dal pulpito del web si è propinata ai followers un’altra sesquipedale castroneria.
Lasci perdere avvocato, è fiato sprecato. Il livello intellettivo della LUMACONA è a livello stradale