Dario Franceschini, senatore del Partito Democratico ed ex ministro, intende presentare un disegno di legge finalizzato a imporre l’obbligo in Italia di attribuire ai prossimi neonati soltanto il cognome materno e mai più quello del padre. Franceschini afferma di puntare in tal modo ad una sorta di risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico, ma è stata una delle fonti culturali e sociali delle disuguaglianze di genere. Il senatore piddino va oltre ai quattro disegni di legge riguardanti lo stesso tema già in discussione al Senato da qualche anno, e sottoscritti rispettivamente da una compagna di partito di Franceschini, la senatrice Simona Malpezzi, Alessandra Maiorino del M5S, Ilaria Cucchi di AVS e Julia Unterberger del gruppo Autonomie.
L’ex ministro ha una richiesta più radicale perché i quattro ddl appena menzionati, in coerenza con una sentenza della Corte Costituzionale del 2022, si limitano a chiedere lo sdoganamento del doppio cognome, cioè, della possibilità di affiancare il cognome della madre con quello del padre. Vari esponenti di tutti i partiti del centrodestra non chiudono alla eventualità dei due cognomi, già diffusa peraltro in alcune parti del mondo come, per esempio, l’America Latina, e si può pensare a soluzioni di buonsenso in base alle quali sia possibile optare per il cognome della mamma in presenza di un padre degenere per più ragioni, ovviamente provate, ma cancellare in toto e con impeto dirigistico-legislativo il nome di famiglia paterno puzza lontano un miglio di ideologia. Infatti, da Fratelli d’Italia a Lega e Forza Italia si ritiene di rispedire al mittente la singolare proposta di Franceschini. Dario Franceschini, un politico navigato, ma caduto un po’ nel dimenticatoio, si è voluto anzitutto riprendere un briciolo di notorietà con una sortita che supera persino le sue colleghe di partito e ha aggiunto nel dibattito politico l’ennesima forzatura ideologica della sinistra woke e gender.
La sostanza è sempre la stessa. Combattiamo le disuguaglianze di genere con la cancellazione della figura del padre, e non fa niente se il cognome della madre riporta comunque ad una figura maschile, quella del nonno materno, perché l’essenziale è inviare messaggi distorti da una certa ideologia. Non importa altresì che, accanto a padri non degni di avere figli, vi siano altri uomini già sufficientemente penalizzati da divorzi e scelte giudiziarie inique. Così come dovremmo arginare l’omofobia con i surreali genitore 1 e genitore 2 o sconfiggere il razzismo con la relativizzazione della Storia. In ogni caso, questa è una sinistra sempre più marziana che si preoccupa dei cognomi da dare ai neonati prossimi venturi quando le priorità di un mondo sempre più complicate sono ben altre. Un po’ comprendiamo perché il PD è diviso su tutto, dalla politica estera al fatto di andare o meno in pellegrinaggio a Ventotene, (persino la gitarella sull’isola ha frammentato i compagni), e allora ci si rifugia su non meglio identificate ingiustizie secolari.
Si direbbe: mater semper certa!
Non è un rimedio a una “ingiustizia secolare” ma una magnifica via di fuga per quegli uomini che intendono sottrarsi alla responsabilità di essere padri. Figlio mio? ma se non ha nemmeno il mio nome!
Qui siamo oltre all’ideologia. Il grande storico Carlo Cipolla l’aveva ben detto, allegro, ma non troppo: siamo nel pieno delle leggi sulla prevalenza della stupidità.
Con affetto
Alessandro