“Al lupo, al lupo!”, così l’allarme fascismo ha mandato in pezzi il Pd

Le percentuali raccolte dal centrodestra alle ultime elezioni dimostrano che più del 44% degli elettori non è caduto nel tranello progressista del pericolo reazionario. Questo significa che la coalizione di centrodestra avrà la maggioranza assoluta dei seggi in entrambi i rami del Parlamento. E non solo. Il verdetto delle urne certifica ciò che era già palpabile dal sentiment popolare.

È tempo di cambio di leadership nel centrodestra e, soprattutto, è tempo di portare una donna a Palazzo Chigi. Quella donna risponde al nome di Giorgia Meloni. Il suo partito ha quadruplicato i consensi ottenuti nel 2018: da 1.429.550 a 7.300.628, distaccando di gran lunga gli alleati della Lega e di Fi. Per dirla con le parole della premier in pectore: “Dagli italiani è arrivata una posizione chiara per un governo di centrodestra a guida Fdi”. Un boccone amaro da deglutire per chi agitava lo spauracchio del ritorno al fascismo nella speranza di mobilitare l’elettorato e azzoppare la volata della Meloni. D’altronde, quando si governa “a tavolino” per più di un decennio (l’ultimo governo benedetto dalla volontà popolare è stato il Berlusconi IV e ci ricordiamo tutti la fine che ha fatto), non è facile accettare la sconfitta. È un’eventualità che, di “governicchio” in “governicchio”, la sinistra non era più abituata a mettere in conto. Eppure sarebbe bastato usare il buon senso: con bollette quadruplicate e inflazione galoppante, è evidente che le priorità degli italiani di oggi non siano le stesse dei loro connazionali di ottant’anni fa.

Che la strategia di Letta&Co non fosse vincente, lo hanno detto e ripetuto anche fior fiore di politologi e analisti. Ne citiamo uno a titolo di esempio: il professor Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea e direttore della School of Government della Luiss. “L’antifascismo non funziona, anche perché – spiegava il docente, in tempi non sospetti, a Libero – è un’arma della quale si è enormemente abusato in passato e gli italiani non ci credono più”. E ancora: “Dal 1994 a oggi la sinistra postcomunista riesce solo, come si dice in inglese, a “preach to the converted”, a parlare al proprio elettorato “interno”. Con l’aggravante che questo si restringe sempre di più”.

Oggi la dura realtà è piombata addosso alla sinistra con la delicatezza di una porta in faccia. Un colpo durissimo per il Pd, che non è riuscito a superare la soglia psicologica del 20%. In casa dem si avverte più d’una turbolenza: Letta ha già prenotato un volo di sola andata per Parigi e la corsa alla sua successione è partita. Cambierà il segretario (il partito delle “quote rosa” riuscirà a sementire sé stesso anche stavolta, piazzando l’ennesimo uomo?) e speriamo cambino anche i toni esasperati e menzogneri che hanno scandito questa campagna elettorale. È un dovere, in primis verso il Paese. Nel primo discorso da futura premier, la Meloni lo ha lasciato intendere chiaramente, invitando l’opposizione ad essere responsabile e costruttiva: “È stata una campagna elettorale oggettivamente non bella, nella quale i toni sono stai al di sopra delle righe, violenta, aggressiva (…) penso che la situazione in cui versa l’Italia, in cui versa l’Unione europea, e con cui dobbiamo confrontarci sia particolarmente complessa e richieda il contributo di tutti”.

Parole distensive, che ci auguriamo possano servire a sollecitare negli avversari un cambio di prospettiva e visione. Siamo troppo ottimisti? Può darsi, ma la speranza non ha ancora subito rincari. E poi, senza scomodare il supremo interesse della nazione, che magari ai dem può sembrare poca cosa, la mossa sarebbe quanto meno necessaria per rendere credibile un cambiamento che non sia solo di facciata o di laedership. Bisogna essere davvero molto miopi ed autolesionisti per pensare che basti una mano di intonaco a nascondere le crepe. Occorrerebbe, semmai, rinnovare idee e narrazione, smettendola con la sterile manfrina del “procurato allarme”. Non c’è bisogno di consultare manuali di marketing politico per sapere cosa succede a chi continua a ripetere gli stessi errori. È sufficiente rispolverare una vecchia favola di Esopo: “Al lupo, al lupo!”.

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1 commento

  1. ….io pensavo esattamente le stesse cose, e questa sinistra alla fine ha ottenuto l’effetto opposto! Poi insomma Letta……beh….lasciamo stare, speriamo solo che torni in Francia dove si troverà bene con in francesi e con la loro fama, e non si faccia più vedere in Italia politicamente parlando, ma non perché possa preoccupare politicamente parlando, ma solo perché ha avuto un comportamento del tutto sconsiderato nei confronti di chi non fosse in linea con il suo pensiero. Oltretutto credo proprio che la sua stessa gente non lo voglia più vedere girare nel partito.

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