Alluvione Emilia-Romagna, gli ideologi del cambiamento climatico non hanno sempre ragione

Calamità disastrose come l’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, producendo danni incalcolabili ed uccidendo, purtroppo, 15 persone, non dovrebbero essere oggetto di strumentalizzazioni politiche e ideologiche, ma, anzi, rappresentare un ineludibile momento di unità nazionale. Senza dubbio, il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, si è unito al Governo nazionale, lodandone la disponibilità e la pronta collaborazione, in quello che sarà un lavoro non meno difficile dei soccorsi e della emergenzialita’ della prima ora, cioè la conta dei danni e la risistemazione di infrastrutture, proprietà pubbliche e private. Chi ha perso tutto o quasi, gli allevatori con gli animali annegati, gli imprenditori con i macchinari sott’acqua e tutti i cittadini con le abitazioni devastate, non ha interesse, almeno in questi drammatici giorni, ad una contrapposizione tra un governatore del Partito Democratico come Bonaccini e il Governo di Giorgia Meloni. Non tutti, a sinistra, sono però pragmatici come il presidente emiliano-romagnolo.

Il Pd nazionale, quello di Elly Schlein, non è granché loquace, ma in compenso tanti commentatori e giornalisti più o meno di area piddina, comunque di sinistra come Massimo Giannini, direttore de La Stampa, insieme ai giovanotti ecologisti, (quelli che imbrattano i monumenti e per questo, come se le loro azioni fossero meritorie, imperversano nei talk-show), hanno ritenuto di dire la loro circa l’alluvione in Emilia-Romagna, strumentalizzandola però in maniera poco decente.

Per questi signori e ragazzi Ravenna, Forlì, Cesena e altri centri emiliano-romagnoli sono stati sommersi dall’acqua esclusivamente a causa del cambiamento climatico che incombe sul pianeta, e non possono esserci altre spiegazioni plausibili. Stop!

E siccome il Governo Meloni e la maggioranza che lo sostiene preferiscono un approccio diverso alla questione climatica rispetto a quello di chi ha trasformato la difesa ambientale in una ideologia illiberale che non accetta contraddittorio, essi diventano di fatto colpevoli, per Giannini e compagni, anche delle esondazioni avvenute in Emilia-Romagna. Tutti hanno diritto di esprimersi, anche su accadimenti e tematiche in merito ai quali hanno ben poche competenze scientifiche e molti dogmi ideologici, ma è lecito ed utile contraddire determinate assurdità e passare sopra a qualche fatwa integralista.

In un momento come questo bisognerebbe ridurre al minimo le polemiche, ma se qualcuno, nonostante tutto, la butta in politica, nella peggiore politica, diventa doveroso replicare. Ancora prima di stabilire se il cambiamento climatico sia provocato integralmente dall’azione dell’uomo, (aspetto questo, comunque messo in discussione da fisici del calibro di Franco Prodi, fratello del più noto Romano, Antonino Zichichi e Carlo Rubbia, premio Nobel, i quali hanno qualche studio in più alle spalle degli imbrattatori di monumenti, dei gretini vari e pure di Massimo Giannini), occorre verificare, nel caso dell’Emilia-Romagna, se le infrastrutture idrauliche fossero sufficienti per fronteggiare e quantomeno contenere un’alluvione, ed è imperativo comprendere la quantità e la qualità delle manutenzioni ordinarie dei corsi d’acqua, piccoli e grandi.

Ahinoi, se si indaga ci si deve dare poi delle risposte desolanti. Ci si deprime in tante parti d’Italia e, certo, non solo in Emilia-Romagna, anche se l’Amministrazione regionale di tale territorio, di cui ha fatto parte anche Elly Schlein come vicepresidente dell’Ente, con deleghe, guarda un po’, all’Ambiente, non è stata capace di investire i fondi statali inviati da Roma proprio per la prevenzione dei dissesti idrogeologici.

In Italia è sempre stato difficile finora costruire quelle opere pubbliche essenziali a contenere danni e vittime in eventi calamitosi. Pensiamo alle dighe, agli scolmatori, utili a deviare le piene in luoghi distanti da terreni coltivati e centri abitati, e alle vasche di compensazione, giganteschi invasi che possono ricevere le acque in eccesso.

Questi importanti strumenti hanno sempre avuto principalmente due nemici: la burocrazia, che il Governo Meloni intende combattere nel corso del proprio mandato, e gli ambientalisti vari, che, attanagliati da un cortocircuito mentale pazzesco, si stracciano le vesti ad ogni calamità, ma poi, sono i primi ad ostacolare quelle soluzioni che possono difendere il territorio e l’ambiente. La manutenzione degli argini e la rimozione periodica di erbe, erbacce, piante infestanti e spazzatura varia, sono diventate attività sempre più sporadiche in tante zone del Paese. Piccoli corsi d’acqua, torrenti e grandi fiumi vengono dragati e puliti raramente ormai.

Qui occorre aprire un breve capitolo sulla controversa abolizione delle Province varata dal Governo Renzi. Le Province sono state esautorate dei loro compiti, pur continuando in qualche modo ad esistere e a costare, e tutto ciò che era di competenza delle stesse è entrato in una sorta di limbo in cui i Comuni, le Regioni e persino lo Stato non possono accedere. Lo vediamo ogni giorno, le strade e tutto il territorio che prima erano di pertinenza provinciale, ora sono lasciati a loro stessi. Di per sé è giusto eliminare, quando si può, dei centri di spesa, ma le competenze devono essere trasferite ad altri soggetti, pubblici o privati.

Chi scrive vive ad Alba, Provincia di Cuneo. Il territorio albese, molti lo ricorderanno, insieme alle Province di Asti e Alessandria, fu colpito nel 1994 da una devastante esondazione del fiume Tanaro, che causò la morte di 70 persone. Nel 1994 pendeva già sulla nostra testa la minaccia dell’emergenza climatica? Forse no, sebbene alcuni siano in grado, con quali certezze scientifiche non si sa, di fare risalire il global warming a secoli fa e di attribuire ad esso anche la terribile alluvione di Firenze del 1966. Il Tanaro, da quel drammatico novembre del 1994, non si è mai più rivelato una minaccia, per le cose e le persone, perché allora la politica, locale e nazionale, non esitò a realizzare, una volta passata la fase emergenziale, tutte quelle opere necessarie per proteggere il territorio.

È ora di tornare con i piedi per terra e lasciare perdere i profeti dell’ecologismo d’assalto e d’accatto. Chi ritiene di avere sempre ragione, e non ce l’ha, e dall’interno di un ufficio come il direttore Massimo Giannini, si arroga il diritto di distribuire patenti di negazionismo a destra e a manca, (a proposito, è orribile paragonare i legittimi dubbi circa il cambiamento climatico alla negazione dell’Olocausto) beh, non offre alcun contributo utile e pratico. Per Giannini, chiunque osi opinare sulla responsabilità umana circa il surriscaldamento globale, sarebbe nientemeno che un negazionista dell’Apocalisse.

Se quest’ultima fosse davvero così vicina, il direttore militante farebbe bene a trasferire al più presto direzione e redazione de La Stampa in un bunker e da lì proseguire con strali e rivendicazioni ideologiche.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

5 Commenti

  1. Ottimo articolo. Solo un piccolo suggerimento: è possibile evitare le parole “strumentalizzare” o “strumentalizzazione” che danno tanto di poltichese sessantottino come “portare avanti il discorso”, “nella misura in cui” ? . Il vero significato di “strumentalizzare” è “affidare a uno strumento l’esecuzione di parti musicali, destinate in origine alla voce umana: s. le voci inferiori di un madrigale”. Su poò dire “usare”, “servirsi di “, sfruttare”.

  2. Caro Roberto, è sempre un piacere leggerti, per la tua serena razionalità nell’affrontare i problemi.
    Che ci sia un problema di cambiamento climatico è fuori di dubbio, è un evento di “lungo periodo” che si è ripetuto molte volte ciclicamente nella storia. Pensiamo solo all’era glaciale! Ma anche al fatto che nell’antartide sono stati trovati resti fossili di vegetazione.
    Che l’uomo nel presente abbia aiutato il riscaldamento globale è anche probabile: otto miliardi di persone che producono, consumano, e inevitabilmente inquinano non possono essere irrilevanti.
    Ma se certamente il quadro è quello del riscaldamento globale, le soluzioni devono essere trovate sì nel lungo periodo, ma soprattutto nel breve.
    E nel breve l’unica soluzione è adattare le nostre infrastrutture alla nuove caratteristiche meteorologiche, con opere di difesa dagli eventi catastrofici fattibili in anni, non con immaginari cambiamenti del clclo industriale e della vita delle persone che richiederebbero un secolo. A meno che, come dici, il problema non sia di trovare soluzioni ma di imporre ideologie autoritarie. A pensare male si fa peccato ma ci si piglia…
    Un solo suggerimento: siamo tutti d’accordo nel dire che si deve ridurre la burocrazia.
    Ma proviamo a capire in cosa consista la burocrazia e come ridurla?
    La sostanza della burocrazia non è nelle “lentezza” o “inerzia” dell’amministrazione pubblica.
    La sostanza della burocrazia è nelle leggi che impongono controlli preventivi dell’amministrazione vincolanti per la realizzazione di quanto è richiesto.
    Si deve avere il coraggio di eliminare i controlli preventivi, e sostituirli con la capacità dell’amministrazione pubblica di fare controlli “ex post”.
    Certo il controllo preventivo (per aprire una azienda, per affidare un appalto, per dare un permesso, ecc.) è più facile per l’amministrazione, in quanto scarica sul cittadino richiedente ogni onere di prova. E’ anche una delle principali fonti di corruzione, perchè l’amministrazione può ritardare la sua approvazione fino a che il cittadino non paga per ottenere.
    Il controllo ex post invece richiede più impegno e professionalità da parte dell’amministrazione, ma è sicuramente più efficace.
    Dopo tutto dobbiamo considerare che il cittadino è tenuto a conoscere la legge, quindi nella sua azione si deve presumere che la rispetti, salvo prova contraria, a seguito, appunto, di controllo.
    Si calcola che da quando esistono siano state prodotti decine di milioni di certificati antimafia, ma non è venuto fuori nessuno certificato mafioso… Sembra però che qualche mafia esista ancora.
    Si avrà il coraggio di fare questa rivoluzione liberale?
    Con affetto

    Alessandro

    • Grazie Alessandro per il Tuo prezioso apprezzamento. :) . Sono assolutamente d’accordo con Te circa il coraggio che occorre mettere in pratica al fine di interrompere il circolo vizioso della burocrazia, che tarpa le ali alla libera intrapresa così come alla realizzazione di opere pubbliche necessarie. E per dare avvio ad una serie di riforme liberali come, appunto, l’eliminazione dei controlli preventivi. Penso che questo Governo, a cominciare dalla premier Meloni, possa e voglia essere coraggioso, anche se necessita di tempo. Invertire in pochi mesi una rotta sbagliata ultra trentennale, non è semplice, ma credo che ci troviamo di fronte all’inizio di un approccio diverso e inedito per l’Italia.

      Con ricambiato affetto,

      Roberto

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