Nel capitolo 8 di “Mai arrendersi – Il vero Donald Trump”, mi soffermo su un aspetto chiave della politica di Trump che troppo spesso viene distorto dai media mainstream e dai suoi avversari politici: la dottrina “America First”. Non si tratta, come tanti cercano di far passare, di isolazionismo o di una minaccia all’ordine mondiale, ma di un approccio pragmatico che pone gli interessi degli americani al centro di ogni decisione politica.
Una delle critiche più frequenti a Trump è che, adottando questo approccio, avrebbe messo in pericolo le alleanze storiche degli Stati Uniti, in particolare la NATO. Niente di più falso. Trump ha sempre sostenuto che le nazioni europee dovrebbero assumersi la responsabilità della propria difesa, piuttosto che continuare a dipendere dagli Stati Uniti per la propria sicurezza.
Non è una posizione radicale o anti-europea, ma una richiesta di equità.
È assurdo che l’America continui a spendere miliardi per difendere paesi che non contribuiscono in modo proporzionato alla loro stessa sicurezza. Ecco perché Trump insisteva sull’importanza che gli altri membri della NATO investissero di più nella propria difesa.
Nel discorso al Mayflower Hotel nel 2016 – che nel libro riporto integralmente, tradotto in italiano – Trump delineò chiaramente la sua visione: «l’America prima di tutto sarà il tema principale e prioritario della mia amministrazione.»
Con questa frase, non voleva escludere il resto del mondo, ma far capire che la politica estera americana doveva essere rivista in un’ottica più equilibrata, ponendo al centro gli interessi nazionali e riducendo il peso delle avventure militari all’estero. Era un ritorno a una politica estera pragmatica e mirata a garantire la stabilità e la pace, non a seguire ciecamente l’ideologia interventista che aveva caratterizzato decenni di amministrazioni precedenti.
E qui arriviamo al punto fondamentale del capitolo: Trump è stato dipinto come un presidente che averebbe minato la sicurezza globale, ma la realtà è che ha cercato di ridefinire il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, rendendolo più sostenibile e giusto. La sua politica ha effettivamente portato ad intese storiche come gli Accordi di Abramo, che hanno ridisegnato il panorama politico in Medio Oriente, promuovendo una stabilità che sembrava irraggiungibile per anni.
Il capitolo conclude con una riflessione su quanto questa dottrina abbia messo in difficoltà il sistema globalista, che per anni ha dominato la scena politica internazionale. Trump è riuscito a sfidare questo sistema, chiedendo un ritorno al buon senso e alla difesa degli interessi nazionali. È evidente che la sua visione continuerà ad avere un impatto, anche oltre la sua presidenza, poiché ha smascherato l’ipocrisia di chi, a parole, sostiene la pace e la stabilità, ma nei fatti promuove conflitti senza fine per mantenere un ordine mondiale che serve per mantenere il potere alimentando paura ed interessi di pochi.
Le zero guerre durante il suo mandato – oltre all’annientamento dell’ISIS, alla chiusura dello scellerato accordo di Obama con l’Iran sul nucleare e alla normalizzazione dei rapporti con la Nord Korea – parlano chiarissimo, tanto quanto, specularmente, i conflitti scoppiati durante l’amministrazione Biden-Harris.