Anche in Africa Gilet Gialli contro Macron. “Basta franco CFA e sistema neocoloniale francese”.

Sembra proprio che la terribile crisi interna che ha investito la Francia del socialista Macron nelle ultime settimane abbia travalicato i confini nazionali, giungendo fino in Africa.

Stando a quanto riportano alcuni siti di informazione africani che pubblicano in lingua francese, come senegaldirect.net, 24jours.com e afriquenewsinfo.wordpress.com, oggi nella capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui, oltre 300 persone vestite con gilet gialli sono scese in strada. Percorrendo le vie della città in motocicletta, hanno chiesto a gran voce la fine del Franco CFA e del sistema neocoloniale della Francia che, a 70 anni dall’avvio della decolonizzazione, ancora esiste in alcune aree del mondo, in forme diverse – come quella della dipendenza economica.

La manifestazione di dissenso avviene a supporto delle rivendicazioni del movimento dei Gilet Gialli che, nel loro Manifesto, hanno reclamato la fine del saccheggio dell’Africa da parte della Francia. Il 23esimo punto programmatico recita, infatti:

Françafrique : Cesser les pillage et les ingérence politique et militaire, Rendre l’argent des dictatures et les biens mal acquis au peuples africains. Rapatrier immédiatement tous les soldats français . Mettre fin au système du FCFA qui maintient l’afrique dans la pauvreté. Tisser des rapport d’égal à égal avec les etats africain.

Franciafrica: cessare i saccheggi e le interferenze politiche e militari. Restituire i soldi delle dittature e i beni acquistati in modo irregolare ai popoli africani. Rimpatriare immediatamente tutti i soldati francesi. Mettere fine al sistema del Franco CFA che mantiene l’Africa in povertà. Intrecciare relazioni da eguali con gli Stati africani

La Repubblica Centrafricana è una vecchia colonia ancora sotto il controllo di oligarchi che, come riportato dai siti di informazione africani, tengono “in ostaggio” l’economia ed ostacolano lo sviluppo del Paese; questa situazione complessa, non solo sul piano economico e politico ma anche dal punto di vista umano e della rivendicazione dei diritti, ha reso forse la Repubblica Centraficana un terreno fertile per i seguaci dei Gillet Gialli ed il primo Paese africano ad abbracciare la rivolta.

I Gillet Gialli hanno chiesto anche di poter avere chiarimenti dal Minsitro della Difesa francese, Florence Parly, riguardo ad una donazione di 1400 armi per le Forze armate centrafricane, arrivate senza caricatori e circa il blocco da parte del Consiglio di sicurezza ONU, avvenuto con la benedizione dalla Francia, della seconda consegna di armi russe. Lo scorso gennaio, infatti, in deroga a un embargo ONU sulle armi, avevano potuto inviare Kalashnikov e lanciarazzi, destinati a battaglioni dell’esercito centrafricano addestrati da una missione europea. L’invio era stato autorizzato dopo un lungo e complicato negoziato portato avanti dai russi per bypassare l’embargo che è in vogore nella Repubblica Centraficana dal 2013, a seguito dell’intensificarsi della guerra civile.
Ora i Gillet Gialli si chiedono anche quale sia il gioco della Francia nella partita relativa all’embargo.

Quello che è certo è che la politica di Emmanuel Macron, che per la Sinistra europea sembrava potesse essere il salvatore del socialismo internazionale, sembra abbia iniziato la sua parabola discendente. Dopo mesi passati ad impartire lezioni di democrazia e diritti umani ad altri Paesi, forse il Presidente francese dovrebbe iniziare a guardare ai problemi di casa propria. Non possiamo, infatti, dimenticare che colui il quale la scorsa estate definiva l’Italia “vergognosa” nella gestione dei flussi migratori per la scelta di chiudere i porti alle navi delle ONG, salvo poi chiudere lui stesso gli attracchi francesi e lasciare la gendarmeria a scaricare come merce priva di valore migranti al confine italiano, è lo stesso che tiene sotto scacco i popoli africani con l’emissione del Franco CFA e con le politiche di dipendenza economica.

Sono 14 i Paesi ancora legati alla potenza europea, con una eredità coloniale discussa e criticata ma mai abolita. Nelle banche francesi l’Africa riversa ogni anno miliardi di euro secondo le regole fissate in due trattati, firmati dalla Francia e dagli Stati africani che usano il franco nel 1959 e nel 1962. Sono quattro le regole fondamentali, stabilite nei Trattati: in primis, la Francia garantisce la convertibilità illimitata del CFA in euro; il tasso di conversione tra CFA e euro è fisso, ovvero 1 euro = 655,957 franco CFA; i trasferimenti di capitali sono liberi tra i Paesi che adottano la moneta Franco CFA e la Franci; infine, il 50% delle riserve di cambio dei Paesi della zona franco devono essere depositate su un conto della Banca di Francia, a Parigi. Questo sistema fa sì che siano i cittadini africani a pagare per la stabilità del tasso di cambio, depositando le proprie riserve nel Tesoro francese e facilitando così, di fatto, le grandi multinazionali che giovano di tale stabilità. La Francia, inoltre, grazie a questo sistema, può continuare ad importare materia prime fondamentali per l’economia del Paese, come il petrolio e l’uranio ma anche caffè ed altri prodotti agricoli, senza rischio di deprezzamento.

Restiamo in attesa di vedere quando il paladino della gauche caviar italica, Macron, deciderà che è tempo di concedere la libertà e rendere possibile lo sviluppo di milioni di persone, che sono costrette ad intraprendere viaggi della speranza verso il Mediterraneo e l’Europa perché spesso ancora affamati da politiche di depredazione.

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