E’ stato pubblicato il Bollettino economico n.1 del 2019 di Bankitalia, e quello che vi si legge non conforta. Secondo Bankitalia “negli ultimi mesi si sono manifestati segnali di deterioramento ciclico in molte economie avanzate ed emergenti. Sulle prospettive del commercio mondiale gravano i rischi relativi a un esito negativo del negoziato commerciale tra Stati Uniti e Cina, al possibile riacutizzarsi delle tensioni finanziarie nei paesi emergenti e alle modalità con le quali avrà luogo la Brexit. Nell’area dell’euro la crescita si è indebolita. Il Consiglio direttivo della BCE ha ribadito l’intenzione di mantenere un significativo stimolo monetario per un periodo prolungato.” Praticamente un esordio drammatico se non fosse per quello che segue, che volendo è anche peggio.
“Secondo gli indicatori congiunturali disponibili, dopo il calo registrato nel terzo trimestre l’attività potrebbe essere ancora diminuita nel quarto. Secondo le imprese dell’industria e dei servizi, intervistate nell’ambito del consueto sondaggio congiunturale condotto dalla Banca d’Italia in collaborazione con Il Sole 24 Ore, i piani di investimento per l’anno in corso sarebbero più contenuti a seguito sia dell’incertezza politica ed economica sia delle tensioni commerciali.” Che dire? E’ evidentemente fallita la spinta all’economia che secondo il governo giallo-verde sarebbe dovuta arrivare da operazioni come il reddito di cittadinanza e la flat tax in salsa leghista. Inutili sono stati gli avvertimenti arrivati da tutti gli economisti, che fanno notare come l’assistenzialismo non si sposa col rilancio economico. Le scelte del governo sono state ben precise. I risultati ottenuti, pure. Certo, sempre sperando che Bankitalia si sbagli perché, come dice Luigi DiMaio famoso per le sue capacità deduttive soprattutto in termini economici, tanto non ci prende mai.
Sul bollettino arrivano poi le proiezioni in tema di macroeconomia per l’economia italiana nel triennio 2019-2021. “La proiezione centrale della crescita del PIL è pari allo 0,6 per cento quest’anno, allo 0,9 nel 2020 e all’1,0 per cento nel 2021. La dispersione della distribuzione di probabilità attorno a questi valori centrali è particolarmente ampia. Rischi al ribasso per la crescita sono legati all’eventualità di un nuovo rialzo dei rendimenti sovrani, a un più rapido deterioramento delle condizioni di finanziamento del settore privato e a un ulteriore rallentamento della propensione a investire delle imprese. Un più accentuato rientro delle tensioni sui rendimenti dei titoli di Stato potrebbe invece favorire ritmi di crescita più elevati.”
Scende anche l’inflazione, che a dicembre è dell’1,2%, quando vengono riviste anche lievemente al ribasso le aspettative delle imprese sull’andamento dei prezzi. In compenso, nel trimestre estivo trascorso, sono aumentate le ore lavorate, ma è diminuito il numero degli occupati.
C’è anche qualche traccia di buone notizie, tipo “I premi per il rischio sui titoli sovrani sono scesi, per effetto dell’accordo tra il Governo italiano e la Commissione europea sui programmi di bilancio; il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e di quelli tedeschi a metà gennaio era di circa 260 punti base, 65 in meno rispetto ai massimi di novembre.”
Ma aumenta il debito.