Era il marzo scorso quando il Presidente del Consiglio Conte nominava Domenico Arcuri, l’amministratore delegato di Invitalia, commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure per il contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid 2019. Nella sua prima uscita pubblica, a fine marzo, si era presentato a tutti con un altisonante linguaggio bellico: tutto un parlare di guerra, alleati e munizioni. Ma ben presto Arcuri dimostrerà a tutti noi la sua rara maestria nel complicare qualsiasi cosa, combinando a tratti dei veri e propri disastri. A partire dalle mascherine, per passare ai ventilatori, la app Immuni, la scuola e adesso persino i vaccini. Un operato disastroso, dove non è mai riuscito a rispettare le scadenze che lui stesso si era dato, dove gli appalti vengono affidati senza un minimo di trasparenza, il tutto condito con i suoi toni arroganti, che tante volte gli abbiamo sentito usare durante le conferenze stampa.
Ripercorriamo quindi tutti gli incarichi ai quali, puntualmente sono seguiti i suoi fallimenti.
LE MASCHERINE
Il primo compito fu ovviamente quello di dotare gli italiani delle mascherine. Un compito certamente abbastanza complicato visto che la nostra nazione non ne è mai stata produttrice, avendole sempre importate dagli altri Paesi. Ma di certo un incarico non impossibile. Ma ecco che già il primo incarico si traduce in un pasticcio infinito.
“Ogni papà con un euro potrà comprare due mascherine ai suoi figli”, dichiarò sicuro in una delle sue tante conferenze stampa. Nella sua strategia militare l’imposizione di un prezzo politico era per lui di fondamentale importanza, giudicando prioritario l’obiettivo di combattere gli “speculatori”. Peccato che nel frattempo farmacie e rivenditori avevano già fatto scorte a prezzo di acquisto bel superiore rispetto quello fissato da Arcuri, tanto che, dopo la sua ordinanza, le mascherine sparirono dalla circolazione. Gli esercenti avevano smesso di vendere per non andare in perdita ed esaurita rapidamente la merce residua, smettono di ordinarla aspettando i rifornimenti statali e i broker internazionali dirottano le mascherine verso mercati più convenienti. Arcuri cercherà poi di rattoppare la situazione. Ma ormai la frittata era fatta.
Ma ecco che alla fine l’approvvigionamento delle mascherine di Arcuri si conclude con una bella indagine giudiziaria, perchè nel frattempo l’Italia, tramite la struttura del commissario straordinario Arcuri, autorizza l’acquisto di mascherine per 1,2 miliardi di euro da due società cinesi, che poi scopriamo grazie alle indagini aver pagato 72 milioni di euro di provvigioni al giornalista Mario Benotti e all’imprenditore Andrea Tommasi. Dall’inchiesta emerge anche che una di queste due società cinesi, quando firma il contratto, è stata costituita da appena cinque giorni, e fa parte di un gruppo specializzato in valvole per impianti petroliferi che ha una sede importante a Settimo Milanese.
Perché per stabilire un contatto con un gruppo cinese che ha radici a Settimo Milanese c’è stato bisogno dell’intermediazione di Tommasi, Solis e Benotti? In attesa delle risposte che arriveranno dalle indagini della Procura, chiariamo subito che, allo stato attuale delle cose, non ci sono indagini a carico di Arcuri, il cui nome, secondo quanto emerso, sarebbero stato «speso», a sua insaputa, da uno degli indagati per cercare un canale privilegiato per ottenere la commessa in cambio di una provvigione milionaria, ma di sicuro come partenza lascia parecchio a desiderare.
Mascherine prodotte da FCA non conformi: A partire da settembre sono stati tanti i genitori che si sono lamentati della scarsa qualità dei dispositivi di sicurezza distribuiti nelle scuole. I bambini e i ragazzi hanno lamentato in più di un’occasione un cattivo odore proveniente dalle mascherine e in alcuni casi ci sono stati anche dei malesseri. Questo non può essere un indicatore valido per valutare l’efficacia delle mascherine ma partendo da questo il programma satirico di Canale5 ha condotto un’indagine, scoprendo che le mascherine di Stato, distribuiti con il logo della presidenza del Consiglio, non sono conformi alle linee guida. In uno servizio, Striscia la notizia riportato anche la protesta di alcuni produttori. che diversi mesi fa sono stati finanziati dallo Stato per produrre mascherine destinate alla distribuzione da parte delle istituzioni. Comprensibile il loro disappunto nel scoprire che alcuni lotti di mascherine prodotte da FCA negli stabilimenti di Torino Mirafiori, su commissione di Domenico Aruri, non siano conformi alle indicazioni che, invece, sono state loro imposto. Ma c’è di più, perché nei loro magazzini ora giacciono interi pallet invenduti di dispositivi di sicurezza perché la produzione FCA soddisfa interamente il fabbisogno nazionale. Uno dei piccoli imprenditori “assoldati” dallo Stato per la produzione di mascherine anche grazie al finanziamento al 75% a fondo perduto di Invitalia, ha mostrato nei suoi magazzini le materie prime per la produzione di 3 milioni e mezzo di mascherine a norma che non verranno mai prodotte. “A maggio abbiamo iniziato a produrre e commercializzare ma a settembre si è bloccato tutto. L’FCA ci ha saturato il mercato e quindi 3 milioni e mezzo di mascherine, già finanziate da Invitalia, rimangono ferme qua”, ha detto uno dei 127 imprenditori scelti a maggio per la produzione di mascherine di Stato.
I VENTILATORI
Nel frattempo un’altra questione mette in serio imbarazzo il temerario Arcuri, ed è quella dei sequestri e dissequestri dei respiratori, messa in luce da una giornalista di Report che pone domande imbarazzanti al Commissario proprio durante una conferenza stampa.
Nel mese di marzo, in ben due occasioni, a Bologna e a Genova, la Dogana sequestra materiale fondamentale per gli ospedali italiani, tra cui appunto i ricambi per i respiratori, fermando di fatto la Medtronic (un’azienda di Mirandola leader nel mondo per tecnologia medica) dalla vendita all’estero di pezzi ricambio preziosissimi in piena emergenza: in tempi di pandemia, è un reato esportare materiali per terapia intensiva di primaria necessità per i nosocomi italiani che ne sono privi. La Procura bolognese ha aperto un’inchiesta sulla questione.
Il commissario Arcuri, però, il 1 aprile scrive a Marcello Minenna, direttore dell’Agenzia delle Dogane, e lo prega di “non procedere ad alcuna requisizione pro futuro di merce importata ed esportata in nome e per conto della società Medtronic Italia SpA (…), nonché di provvedere a sbloccare, al più presto, eventuali operazioni attualmente in corso e non ancora comunicatemi”, mettendo in copia conoscenza anche il segretario generale della Presidenza del Consiglio e i capi di gabinetto dei ministri degli Affari Esteri e delle Infrastrutture e Trasporti.
Durante la conferenza stampa del 2 maggio, Arcuri e Presutti si incontrano ed è qui che la Presutti chiede conto dei fatti al commissario straordinario nominato per l’emergenza Covid dal Presidente del Consiglio. Ed è qui che dopo un breve confronto e risposte che non soddisfano la Presutti, Arcuri, incalzato, si mette a parlare di calcio e di fedi calcistiche. La questione, dunque, resta da chiarire: non rimane che attendere l’indagine della Procura bolognese per capire cosa è accaduto in quel di marzo.
APP IMMUNI
Ma i disastri di Arcuri non sono finiti: con un’ordinanza del 16 aprile il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri disponeva la stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la Bending Spoons spa, la società progettatrice della app.
Il sistema di tracciamento digitale doveva essere utile per contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica Covid-19, perché in grado di “aiutare a identificare individui potenzialmente infetti prima che emergano sintomi e, se condotto in modo sufficientemente rapido, impedire la trasmissione successiva dai casi secondari”. l software è tra quelli selezionati dagli esperti della task force istituita dal ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione in accordo con il ministero della Salute, e quello ritenuto alla fine più idoneo.
Anche qui però le cose non vanno come devono andare per due motivi: il primo perchè la App, come lo stesso Arcuri alla fine è costretto ad ammettere, non porta ai risultati sperati, il secondo perchè anche qui sembra esserci qualcosa di poco chiaro nell’affidamento del servizio alla società Bending Spoons.
L’individuazione della App Immuni avviene a seguito della fast call indetta da Italia Innova, gruppo di lavoro interministeriale, che lancia un bando per ottenere soluzioni di telemedicina in grado di arginare il Covid 19. E’ noto che la procedura rapidissima si conclude con l’ordinanza del 16 aprile del Commissario Arcuri che affida appunto alla Bending Spoons, titolare dei codici sorgente di Immuni, l’implementazione del servizio.
Ma come si arriva all’ordinanza di Arcuri?
L’atto del Commissario si basa sulla comunicazione del ministro Paola Pisano, in data 10 aprile, indirizzata al Presidente del Consiglio Conte, con la quale il Ministro comunicava che la task force data driven incaricata dell’esame delle proposte pervenute aveva individuato nella App Immuni di Bending Spoons la soluzione migliore.
Tuttavia, dall’esame dei rapporti della task force, pubblicati solo dopo le richieste esplicitamente fatte durante le audizioni, si apprende che la task force non aveva dato affatto indicazioni nel senso di ritenere la App Immuni la migliore soluzione, aveva invece concluso l’esame delle proposte ritenendo necessario testare in parallelo sia Immuni che un’altra soluzione denominata CovidApp.
Il Ministro, dunque, ha fornito alla Presidenza del Consiglio indicazioni parziali, non ha riportato i risultati dell’analisi effettuata dai membri della task force incaricata, ai quali peraltro prima dell’accettazione dell’incarico aveva fatto firmare un accordo di riservatezza, che impediva in buona sostanza di rivelare fatti inerenti lo svolgimento del proprio servizio e infine ha orientato le decisioni del Commissario imponendo di fatto un soggetto che non era risultato il migliore in graduatoria.
Un atto gravissimo che dà conto, se ve ne fosse ancora necessità, dell’assoluta inadeguatezza di questo governo, per tacere di altro.
E dunque su un tessuto già intriso di illegittimità e di chiare violazioni della privacy, si insinuano anche gravi opacità nell’aggiudicazione del servizio.
SCUOLA
Nonostante queste pessime performance il Premier Conte continua ad avere “cieca” fiducia in lui, ed è così che invece di essere allontanato per gli errori commessi riceve appoggi e promozioni.
Nella bozza del decreto legge Semplificazioni torna ancora una volta il nome di Domenico Arcuri, a cui Giuseppe Conte trova uno specifico ruolo addirittura in ambito scolastico: dovrà occuparsi di rifornire le scuole dei d.p.i. necessari per garantire il regolare avvio dell’A.s. 2020-2021.
In base alla norma in questione, se dovesse essere confermata nel suo contenuto, Arcuri potrà provvedere
“nel limite delle risorse assegnate allo scopo con Delibera del Consiglio dei Ministri a valere sul Fondo emergenze nazionali ” , procedendo subito all’affidamento dei contratti.
E cosa fa Arcuri? per prima cosa commissaria la Azzolina a pochi giorni dal varo del decreto scuola comunicato con tanto di conferenza stampa. Mentre il ministro si affanna a creare software per misurare i metri quadri delle scuole Conte attribuisce al suo pupillo le competenze del ministero dell’ istruzione… a suggello del totale fallimento delle politiche per la scuola messe in atto sino ad ora. Ma non c’è da tirare un respiro di sollievo, perché di fronte al nuovo incarico Arcuri si mette subito all’opera, come sa fare lui:
I primi di settembre il Commissario assicura che non ci sarebbero stati problemi nel reperire tutti gli arredi scolastici necessari per tornare in classe in sicurezza. I “nuovi” banchi per alunni e studenti sono l’oggetto della questione di questi ultimi mesi: ne servono circa due milioni per avviare in sicurezza le lezioni.
Peccato però che, tolte le tante rassicurazioni, a una manciata di giorni dal rientro a scuola, la situazione rimanga assai critica. Arcuri, poco prima di settembre è già in colpevole ritardo, e indice un bando da 45 milioni per reperire tutti i banchi monoposto necessari. Un’impresa pressoché impossibile. Basti infatti pensare che solitamente, in un anno, vengono prodotti in Italia duecentomila banchi. Il governo e Arcuri, invece, ne vogliono due milioni in poche settimane.
All’avviso d’appalto hanno risposto molte realtà e hanno vinto in undici. Una di queste imprese, la Nexus made Srl però, è risultata essere un’azienda specializzata nell’organizzazione di eventi, con capitale sociale di appena 4mila euro (di cui solamente cento versati). Ciò nonostante la Nexus ha assicurato di poter fornire 180mila arredi, al prezzo di 247,80 euro l’uno. Una stranezza che non poteva passare inosservata e, infatti, alcuni parlamentari della Lega hanno chiesto lumi al governo e al commissario. Invitalia si è dunque trovata costretta a fare retromarcia, assicurando di non aver mai perfezionato il contratto con la Nexus. Ci domandiamo, però, come sia stato possibile un cortocircuito di questo tipo. Com’è possibile che una società operante nel campo degli eventi, abbia potuto partecipare – e vincere! – a un bando per la fornitura di arredi scolastici.
Il risultato? A neanche una settimana dall’inizio della scuola, mancano all’appello centinaia di migliaia di banchi, visto che la sola Nexus avrebbe dovuto garantirne 180mila. Un bel pasticcio, che ci ricorda la vicenda delle mascherine.
VACCINI
E arriviamo quindi ai giorni d’oggi, quando, dopo le mascherine d’aprile, Immuni, la riapertura delle scuole, i banchi, la storia dei respiratori, scopriamo che il premier Conte punta ancora sul commissario e gli affida la sfida più importante: il piano per i vaccini. E qualcosa ci dice che finirà come sempre è finita.
Più che gli stand a forma di Primula, (la prima preoccupazione di Arcuri riguardo questo nuovo delicato incarico) forse la vera priorità in vista del vaccino sarebbero le siringhe. E il commissario all’emergenza Domenico Arcuri pare che le abbia già acquistate ma ad un prezzo eccessivo rispetto a quello di mercato .
Il sistema scelto, quello del “luer lock”, riduce in modo impercettibile il rischio di perdere anche una minima parte del farmaco contenuto al loro interno, ed al contempo non garantisce il medesimo standard di sicurezza per gli operatori sanitari che fornirebbero invece le tradizionali e più economiche siringhe dotate di cappuccio.
Ad avanzare delle perplessità a riguardo è stato in primis il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, che ha parlato della precisione delle luer lock, puntualizzando che questa non differisce comunque in modo rilevante da quella assicurata da siringhe tradizionali e meno costose. “Si equivalgono”, ha spiegato Sileri a Quarta Repubblica, come riferisce “La Verità”. “Sarei molto più attento invece alla copertura dell’ago. Un conto è vaccinare qualche decina di persone, un altro qualche milione di italiani. E io devo tutelare i miei colleghi, che non raramente si pungono mentre si rincappuccia la siringa. Avere l’ago che si può coprire, per poi gettare tutto, è l’aspetto più importante. Questo protegge l’operatore”. Un aspetto la cui importanza è evidentemente stata sottovalutata dallo stesso Arcuri, che avrebbe puntato tutto sulla necessità di evitare sprechi. Anche questa tesi, tuttavia, è stata smontata da Sileri. “Le luer, che si avvitano, permettono di evitare qualche spreco, come avviene quando magari la siringa si apre. Ma, francamente, è molto improbabile che accada. Quasi impossibile, a dire il vero”. Parole non equivocabili, quelle pronunciate dal viceministro della Salute, il quale ha poi anche aggiunto che sarebbe stato meglio pensare alla sicurezza di medici ed infermieri. “Diventa una probabilità da non sottovalutare. Quindi raccomanderei fortemente di usare le siringhe che si incappucciano, mentre sono assolutamente inutili la tenuta e la performance”.
Altrettanto esplicita, sempre a Quarta Repubblica e sempre per quanto riguarda la salute degli operatori, anche la microbiologa Maria Rita Gismondo. “Da virologa, la problematica mi sta molto a cuore. Oltre che a norma, le siringhe devono essere incappucciate. Quando si vaccinano molte persone il rischio di pungersi può essere elevato”.
Ancora più paradossale, poi, il fatto che nè Pfizer, nè il comitato tecnico scientifico e neppure l’Istituto superiore di Sanità abbiano consigliato il sistema luer lock. Siringhe peraltro che, come riferito da numerosi produttori nostri connazionali, sono pressoché introvabili sul mercato, oltre che assai costose (un euro ciascuna). Ciò nonostante, Arcuri ha acquistato a mani basse grandi scorte di questa tipologia di dispositivi. Germania e Francia, solo per citare alcuni Paesi che si sono mossi in modo diverso, hanno optato invece per la tipologia “tubercolina” (solo 8 centesimi l’una, trovate le differenze?).
Dopo gli oramai celebri banchi monoposto con rotelle e dopo lo scandalo mascherine, quindi, il commissario straordinario aggiunge un altra medaglia al (dis)valore da appuntare al proprio petto.
Si , ma queste situazioni devono eseere oggetto di indagini per ora solo giornalistiche, ma speriamo anche giudiziarie che devono essere portate all’attenzione del grande pubblico sperando che qualcuno si muova prima che sia troppo tardi!
non leggo niente riguardo all’amica Irene Pivetti ììììì
segui il tuo tecnico sanitario Arcuri….. che ti portera ad, un’alta vita.