Cade l’asse franco-tedesco: un passo verso l’Europa dei popoli

Crollano sotto i colpi di una conquistata consapevolezza generale del fatto che l’Europa non può essere un’unione di banchieri a difesa degli interessi dei più forti. Il sogno di un’Europa lontana da interessi impopolari, vuole diventare realtà e lo vuole fare nel modo più democratico che c’è: tramite le elezioni. Eleggendo, cioè, chi si dichiara contro certi meccanismi. Voto dopo voto, l’Europa cambia volto e vengono via via meno quelle volontà di seguire derive ideologiche che favoriscono, alternandosi, una o l’altra parte.

Socialisti e liberali crollano in Francia e Germania

Le persone però chiedono altro, la gente vuole vedere affrontati e risolti i propri problemi. Vuole ascolto da una classe dirigente percepita troppo spesso (molte volte a ragione) come lontana e sorda.

La nuova Europa che è nata dal voto dell’8 e del 9 giugno ha detto basta a quel sistema di potere che ha dominato l’Europa, che l’ha monopolizzata. L’asse, quello Parigi-Berlino, quello che da oramai sessanta anni ha la meglio in Europa sulle decisioni di tutti, crolla inesorabilmente. I socialisti tedeschi di Olaf Scholz vanno giù, superati anche dall’estrema destra di Afd. I liberali di Macron non sono da meno, affossati dalla destra sovranista di Rassemblement National, di Marine Le Pen e di Jordan Bardella. Macron addirittura costretto a sciogliere il Parlamento e a dimettersi, ultima speranza per racimolare qualche consenso in nome di una lealtà politica dichiarata in vista delle prossime tornate elettorali nazionali. Il dado, comunque, è tratto e l’asse franco-tedesco è crollato sotto i colpi democratici dei cittadini d’Oltralpe che, proprio sulla scia di quelli italiani, sono riusciti a fare un segnale forte all’Europa e al mondo intero: il potere delle mattine dietro le urne è incontrastabile, il loro giudizio è ineccepibile e inconfutabile.

L’Europa ascolti i suoi popoli

Certo, è ancora lungo il percorso per vedere completamente in rovina il sistema francese. Ma alla destra va dato atto di questo: del fatto, cioè, di essere cresciuta notevolmente in Europa, così da non poter rimanere inascoltata. La destra, una destra nuova e conservatrice, sotto la guida della sua leader naturale, Giorgia Meloni, ha la forza di smantellare, voto dopo voto, interi sistemi, di spazzare via interessi lontani dal popolo. E questo deve essere riconosciuto in Europa. L’intenzione dominante è quella di ricreare una seconda maggioranza Ursula, sul modello di quella formatasi nel 2019, con l’unione dei socialisti europei, dei popolari e dei liberali di Macron. I numeri per farlo ci sono e la presidente uscente von der Leyen, insieme ai 180 popolari circa eletti in queste votazioni, sembra aver promosso questa proposta. E probabilmente, salvo sorprese, si andrà avanti in questo modo. Ma quanto converrà alla Commissione e all’Unione lasciare inascoltati i venti di destra che si innalzano sempre più forte da tutta Europa? Quanto converrà forzare ancora una nuova alleanza di sinistra poco distante dall’ultima tanto vituperata da interi comparti socio-economici? Sopire quel crescente sentimento di destra può essere una lettura sbagliata della realtà, vuol dire continuare con quel processo con il quale si tengono lontani i cittadini dalla politica, tanto più da quella comunitaria. Col rischio di una crescente esasperazione. I numeri ci sono: crollato l’asse franco-tedesco, l’Europa ascolti la sua voglia di destra.

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

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