Gli ultimi giorni abbiamo avuto la sensazione di vivere in una distopia: urlatori di piazza, vandalismo diffuso, decapitazione di statue, negozi svaligiati, esponenti della sinistra genuflessi alla logica globalista che vuole l’uomo bianco colpevole perché bianco, film ritirati dal commercio perché ritenuti razzisti. Manca solo il rogo dei libri, per essere catapultati in pieno nelle atmosfere cupe di Bradbury, Huxley e Orwell.
Nel bel mezzo di questa follia collettiva, il pensiero unico può contare anche sui social network, i quali – sulla base di algoritmi incomprensibili – provvedono a silenziare chiunque sia portatore di un messaggio differente da quello che BISOGNA raccontare: non parliamo di pericolosi sovversivi, ma anche e soprattutto di innocui e doverosi ricordi.
Ed è così che anche il nostro giornale, nel giorno dell’anniversario della morte del mai abbastanza compianto Giorgio Almirante, ha subito la censura arbitraria su Facebook a causa di un video postato. Motivazione: incitamento all’odio. E’ ironico che non vi sia alcuna traccia di incitamento nella registrazione in questione.
Un video che si apre con Almirante fermo a ricordare come “non è tempo di fare apologia”, come “i valori della speranza, della coerenza, dell’amore per la bandiera” devono essere proiettati verso l’Avvenire, un ricordo commosso a colui che fu, è stato bollato dal social network come “istigante all’odio”.
La storia, la passione, l’ardore politico sono stati silenziati con la seguente dicitura: “Il contenuto è stato rimosso per violazione dei nostri standard della community in materia di incitamento all’odio”. Surreale. Ma è così che vince, nel Mondo, la dittatura del pensiero unico.
Una dittatura che approva chi distrugge le radici della nostra civiltà, una dittatura che approva chi si giustifica per ciò che è – senza che vi sia necessità di giustificarsi -, una dittatura che butterebbe giù il Colosseo pur di decontestualizzare la storia ad uso e consumo della propaganda libdem in vista delle presidenziali americane di novembre, senza sapere che otterrà l’effetto contrario a quello sperato.
Una dittatura che ha anche risvolti comici: nella giornata di ieri, un membro della nostra redazione è stato bannato per 24 ore da Facebook per aver postato una foto dell’ex difensore della Lazio Paolo Negro con la seguente dicitura: “Foto di Negro che corre in campo”. Il tutto a causa della presenza della parola Negro, completamente avulsa dal contesto. Anche l’ironia ed il sarcasmo oggi diventano razzismo ed odio, per i benpensanti.
Ma la colpa è nostra perché, come sosteneva Aldous Huxley in “Il Mondo Nuovo”, noi ci rifiutiamo di piegarci ad una società che ci regala il segreto della felicità: “Amare ciò che ci dicono che si deve amare”.