Quando il politically correct è troppo anche per gli intellettuali di sinistra

Noam Chomsky ha affermato che “se non crediamo nella libertà d’espressione per le persone che disprezziamo, non ci crediamo affatto”, ma cosa succede se siamo liberi di pensare unicamente quello che ci impone politically correct? Succede che viene meno il principio alla base di ogni democrazia, ossia la libertà di esprimere la propria opinione, anche se contraria alla maggioranza.

E così circa 150 intellettuali, tra cui Noam Chomsky, JK Rowling, Salman Rushdie, Anne Applebaum, Margaret Atwood, Kamel Doud e molti altri, di certo non espressione della destra americana, hanno deciso che il politically correct è diventato un bavaglio insopportabile. Negli Stati Uniti, così come in altre parti del mondo, si assiste ormai ad una censura degna dei peggiori regimi dittatoriali, che non si limita al presente e vuole cancellare anche il passato. Professori, giornalisti, scrittori, poeti e intellettuali (realmente democratici) hanno finalmente deciso di opporsi a questa intolleranza cieca che abbatte statue e cancella libri “politicamente scorretti”.
Di seguito, la traduzione della “Lettera sulla giustizia e sul dibattito aperto”, apparsa sulla rivista Harper’s il 7 luglio scorso (link: https://harpers.org/a-letter-on-justice-and-open-debate/):

Lettera sulla giustizia e sul dibattito aperto
Le nostre istituzioni culturali sono messe a dura prova. Potenti proteste per la giustizia razziale e sociale stanno conducendo alle tanto attese riforme della polizia, insieme a richieste più ampie di maggiore uguaglianza e inclusione in tutta la nostra società, non ultimo nell’istruzione superiore, giornalismo, filantropia e arte. Ma questa necessaria resa dei conti ha anche intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e impegni politici, che tendono a indebolire le nostre norme di dibattito aperto e tolleranza delle differenze, a favore della conformità ideologica. Mentre lodiamo i primi sviluppi, non possiamo essere d’accordo con i secondi. Le spinte illiberali stanno guadagnando forza in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, che rappresenta una vera minaccia alla democrazia. Ma non bisogna permettere alla resistenza di assumere i tratti tipici del dogma o della coercizione, già sfruttati dai demagoghi di destra. L’inclusione democratica che vogliamo può essere raggiunta solo se denunciamo apertamente il clima intollerante che si sta manifestando da tutte le parti.
Il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando sempre più limitato. Mentre ci potremmo aspettare questo dalla destra radicale, la censura si sta diffondendo anche più ampiamente nella nostra cultura: un’intolleranza di visioni opposte, una vera e propria tendenza alla pubblica gogna e all’ostracismo, e la tendenza a disciogliere complesse questioni politiche in un’accecante certezza morale. Sosteniamo il valore di una replica forte e persino pungente da ogni parte. Ma ora è fin troppo comune sentire richieste per una punizione rapida e severa in risposta alle trasgressioni percepite del linguaggio e del pensiero. Ancora più preoccupante è il fatto che i leader istituzionali, in preda al panico nel tentativo di contenere i danni, offrono punizioni affrettate e sproporzionate invece di riforme ponderate. I redattori vengono licenziati per aver pubblicato degli articoli controversi; i libri vengono ritirati per presunta inautenticità; ai giornalisti è vietato scrivere su determinati argomenti; i professori vengono indagati per aver citato opere letterarie in classe; un ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico a revisione paritaria; i capi delle organizzazioni vengono espulsi per quelli che a volte sono solo errori goffi. Qualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza minaccia di ritorsioni. Stiamo già pagando il prezzo con maggiore avversione al rischio tra scrittori, artisti e giornalisti, i quali temono per i propri mezzi di sostentamento qualora si dovessero discostare dal consenso o mancano di sufficiente zelo nell’essere d’accordo.
Questa atmosfera soffocante alla fine danneggerà le cause più vitali del nostro tempo. La restrizione del dibattito, che sia da parte di un governo repressivo o di una società intollerante, nuoce immancabilmente a chi non ha alcun potere, e rende tutti meno capaci di partecipazione democratica. Il modo per sconfiggere le cattive idee è attraverso l’esposizione, l’argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o desiderare di allontanarle. Rifiutiamo qualsiasi scelta falsa tra giustizia e libertà, che non possono esistere l’una senza l’altra. Come scrittori abbiamo bisogno di una cultura che ci lasci spazio alla sperimentazione, all’assunzione di rischi e persino agli errori. Dobbiamo conservare la possibilità di un disaccordo in buona fede senza terribili conseguenze professionali. Se non difendiamo l’unica cosa da cui dipende il nostro lavoro, non dovremmo aspettarci che il pubblico o lo stato lo difendano per noi.
Firmatari:
Elliot Ackerman
Saladin Ambar, Rutgers University
Martin Amis
Anne Applebaum
Marie Arana, author
Margaret Atwood
John Banville
Mia Bay, historian
Louis Begley, writer
Roger Berkowitz, Bard College
Paul Berman, writer
Sheri Berman, Barnard College
Reginald Dwayne Betts, poet
Neil Blair, agent
David W. Blight, Yale University
Jennifer Finney Boylan, author
David Bromwich
David Brooks, columnist
Ian Buruma, Bard College
Lea Carpenter
Noam Chomsky, MIT (emeritus)
Nicholas A. Christakis, Yale University
Roger Cohen, writer
Ambassador Frances D. Cook, ret.
Drucilla Cornell, Founder, uBuntu Project
Kamel Daoud
Meghan Daum, writer
Gerald Early, Washington University-St. Louis
Jeffrey Eugenides, writer
Dexter Filkins
Federico Finchelstein, The New School
Caitlin Flanagan
Richard T. Ford, Stanford Law School
Kmele Foster
David Frum, journalist
Francis Fukuyama, Stanford University
Atul Gawande, Harvard University
Todd Gitlin, Columbia University
Kim Ghattas
Malcolm Gladwell
Michelle Goldberg, columnist
Rebecca Goldstein, writer
Anthony Grafton, Princeton University
David Greenberg, Rutgers University
Linda Greenhouse
Rinne B. Groff, playwright
Sarah Haider, activist
Jonathan Haidt, NYU-Stern
Roya Hakakian, writer
Shadi Hamid, Brookings Institution
Jeet Heer, The Nation
Katie Herzog, podcast host
Susannah Heschel, Dartmouth College
Adam Hochschild, author
Arlie Russell Hochschild, author
Eva Hoffman, writer
Coleman Hughes, writer/Manhattan Institute
Hussein Ibish, Arab Gulf States Institute
Michael Ignatieff
Zaid Jilani, journalist
Bill T. Jones, New York Live Arts
Wendy Kaminer, writer
Matthew Karp, Princeton University
Garry Kasparov, Renew Democracy Initiative
Daniel Kehlmann, writer
Randall Kennedy
Khaled Khalifa, writer
Parag Khanna, author
Laura Kipnis, Northwestern University
Frances Kissling, Center for Health, Ethics, Social Policy
Enrique Krauze, historian
Anthony Kronman, Yale University
Joy Ladin, Yeshiva University
Nicholas Lemann, Columbia University
Mark Lilla, Columbia University
Susie Linfield, New York University
Damon Linker, writer
Dahlia Lithwick, Slate
Steven Lukes, New York University
John R. MacArthur, publisher, writer Susan Madrak, writer
Phoebe Maltz Bovy, writer
Greil Marcus
Wynton Marsalis, Jazz at Lincoln Center
Kati Marton, author
Debra Mashek, scholar
Deirdre McCloskey, University of Illinois at Chicago
John McWhorter, Columbia University
Uday Mehta, City University of New York
Andrew Moravcsik, Princeton University
Yascha Mounk, Persuasion
Samuel Moyn, Yale University
Meera Nanda, writer and teacher
Cary Nelson, University of Illinois at Urbana-Champaign
Olivia Nuzzi, New York Magazine
Mark Oppenheimer, Yale University
Dael Orlandersmith, writer/performer
George Packer
Nell Irvin Painter, Princeton University (emerita)
Greg Pardlo, Rutgers University – Camden
Orlando Patterson, Harvard University
Steven Pinker, Harvard University
Letty Cottin Pogrebin
Katha Pollitt, writer
Claire Bond Potter, The New School
Taufiq Rahim, New America Foundation
Zia Haider Rahman, writer
Jennifer Ratner-Rosenhagen, University of Wisconsin
Jonathan Rauch, Brookings Institution/The Atlantic
Neil Roberts, political theorist
Melvin Rogers, Brown University
Kat Rosenfield, writer
Loretta J. Ross, Smith College
J.K. Rowling
Salman Rushdie, New York University
Karim Sadjadpour, Carnegie Endowment
Daryl Michael Scott, Howard University
Diana Senechal, teacher and writer
Jennifer Senior, columnist
Judith Shulevitz, writer
Jesse Singal, journalist
Anne-Marie Slaughter
Andrew Solomon, writer
Deborah Solomon, critic and biographer
Allison Stanger, Middlebury College
Paul Starr, American Prospect/Princeton University
Wendell Steavenson, writer
Gloria Steinem, writer and activist
Nadine Strossen, New York Law School
Ronald S. Sullivan Jr., Harvard Law School
Kian Tajbakhsh, Columbia University
Zephyr Teachout, Fordham University
Cynthia Tucker, University of South Alabama
Adaner Usmani, Harvard University
Chloe Valdary
Lucía Martínez Valdivia, Reed College
Helen Vendler, Harvard University
Judy B. Walzer
Michael Walzer
Eric K. Washington, historian
Caroline Weber, historian
Randi Weingarten, American Federation of Teachers
Bari Weiss
Sean Wilentz, Princeton University
Garry Wills
Thomas Chatterton Williams, writer
Robert F. Worth, journalist and author
Molly Worthen, University of North Carolina at Chapel Hill
Matthew Yglesias
Emily Yoffe, journalist
Cathy Young, journalist
Fareed Zakaria

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