“Negli ultimi anni, si è osservata una crescente partecipazione delle donne in gruppi estremisti violenti. Il loro coinvolgimento nel terrorismo è spesso collegato alla violenza di genere, alla povertà economica e ai bassi livelli di istruzione”.
Lo ha sottolineato la senatrice Susanna Donatella Campione, nel suo intervento a Doha, in occasione della conferenza globale delle donne parlamentari, organizzato dalle Nazioni Unite.
“Come avvocato che si occupa di violenza contro le donne – ha sottolineato la senatrice di Fratelli d’Italia – ho portato in Parlamento la mia esperienza professionale, presentando due disegni di legge. Il primo, contro la violenza domestica e il secondo contro la violenza sulle donne perpetrata come arma di guerra nei Paesi coinvolti in conflitti armati, che ho delineato come reato personale”. Nel suo intervento, la senatrice Campione, in qualità di membro dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE, ha evidenziato “l’importanza di affrontare la violenza di genere per prevenire l’estremismo violento e promuovere una società più equa”.
In particolare, ha aggiunto la senatrice Campione, “l’OSCE ha evidenziato che il coinvolgimento delle donne in gruppi estremisti violenti, pur essendo diffuso, continua a essere sottovalutato”. Inoltre, “esperienze traumatiche, come lo stupro, possono spingere alcune donne a unirsi a organizzazioni terroristiche”. In tal modo, “le donne vittime di violenza subiscono una doppia discriminazione: prima sono private della libertà e poi asservite al sistema terroristico”.
La senatrice Campione ha anche comunicato all’assemblea di Doha “di aver ricevuto un ampio supporto dai colleghi dell’Assemblea Parlamentare OSCE per la presentazione di un supplementary item volto a esortare gli Stati Membri a rafforzare la cooperazione e le misure per la protezione delle donne nei conflitti armati e garantire la persecuzione efficace dei responsabili di questi reati”. A tale riguardo, ha concluso la parlamentare italiana, “il mio disegno di legge presentato in Senato dà attuazione alle dichiarazioni di intenti dello Statuto di Roma e della Corte Penale internazionale. Il testo delinea il reato di violenza contro le donne nel corso di un conflitto armato come strumento di guerra e prevede sanzioni severe, in particolare pene detentive da otto a dodici anni per violenza sessuale commessa durante un conflitto armato, evidenziando l’importanza di proteggere i diritti delle donne anche nelle situazioni più estreme”.