Con una recente sentenza, il Consiglio di Stato ha sancito la piena legittimità della procedura con cui il Ministero dell’Interno individua il cosiddetto “porto sicuro” (Place of Safety, POS) per l’attracco delle navi che soccorrono migranti. Un pronunciamento di grande rilievo, che respinge il ricorso presentato dalla nave “Geo Barents” e rafforza l’azione del Viminale in tema di gestione degli sbarchi.
Secondo i giudici amministrativi, la scelta del porto di destinazione non è vincolata al criterio geografico (ossia il “porto più vicino”), bensì deve necessariamente tener conto di molteplici esigenze: dalla logistica all’ordine pubblico, dalla sicurezza alla sostenibilità dell’accoglienza. In altre parole, il Consiglio di Stato riconosce che il Viminale, in raccordo con le Capitanerie di porto, valuta caso per caso le condizioni reali, evitando il sovraccarico delle strutture e garantendo il regolare funzionamento delle operazioni di sbarco.
La sentenza, in particolare, sottolinea come la gestione del fenomeno migratorio debba rispondere a criteri di efficienza e sicurezza, sia per i migranti sia per le comunità che li accolgono. Il Viminale, dunque, risulta pienamente legittimato a disporre un porto di sbarco più distante, qualora ciò risponda a una valutazione complessiva e a una migliore distribuzione dei flussi. È un passaggio importante, che chiarisce le responsabilità delle diverse autorità coinvolte e ribadisce la centralità del Ministero dell’Interno nel coordinamento delle operazioni.
Sul piano politico, si tratta di un riconoscimento del lavoro svolto dal governo in materia di immigrazione, spesso criticato per aver individuato destinazioni ritenute “troppo lontane” dalle zone di soccorso. Al contrario, i giudici amministrativi evidenziano che la distanza geografica non è l’unica variabile rilevante: vi sono ragioni di ordine pubblico, tutela della popolazione locale, efficienza operativa e disponibilità di strutture d’accoglienza a incidere sulla decisione finale.
Confermata, quindi, la solidità di un approccio teso a contemperare il dovere di salvare vite umane e la necessità di mantenere un equilibrio territoriale nella gestione degli arrivi. Grazie a questa strategia, negli ultimi mesi è stato possibile affrontare l’aumento dei flussi senza gravare eccessivamente sulle regioni maggiormente esposte agli sbarchi, favorendo una distribuzione più ordinata dei migranti.
FDI: CONSIGLIO DI STATO BASTONA LE ONG
“Il consiglio di Stato bastona le ong, rigettando il ricorso della Geo Barents e stabilendo che è il Viminale ad individuare il porto sicuro. Per mesi, proditoriamente, le organizzazioni non governative non si sono volute uniformare ad un principio sacrosanto, affermato con forza dal governo, oggi anche il giudice amministrativo le ha poste di fronte all’obbligo di rispettare le indicazioni che provengono dalle autorità preposte. Finirà finalmente il can can artatamente sollevato dalle sinistre, che si sono rese strumento di associazioni private, gestite da privati e che pretendevano di ingerirsi nelle nostre politiche migratorie? Finirà la narrazione ripetuta allo sfinimento dalla stampa mainstream, per cui il cosiddetto Porto Sicuro è sempre il porto più vicino? Ripetiamo da due anni che il porto sicuro non è necessariamente quello più vicino e che è compito della capitaneria di porto individuare il luogo di sbarco. Oggi lo afferma anche il consiglio di Stato. Nella gestione dei flussi migratori questo governo sta facendo un lavoro importante, con ottimi risultati e l’attivismo che rema contro si infrangerà contro la determinazione di questo governo nel difendere i confini, come promesso agli italiani”. Lo ha detto il deputato Sara Kelany, responsabile Immigrazione di Fratelli d’Italia.
IL GOVERNO MELONI E IL VIMINALE NE ESCONO RAFFORZATI
È una vittoria di non poco conto per il Viminale, che vede rafforzata la propria discrezionalità nel definire, di volta in volta, le modalità di gestione dei soccorsi in mare. In un momento storico caratterizzato da continue emergenze, il segnale del Consiglio di Stato offre un punto di riferimento giuridico fermo: lo Stato ha non solo il diritto, ma anche il dovere, di individuare soluzioni organizzative sostenibili che rispondano tanto alle esigenze di chi arriva quanto a quelle della popolazione ospitante.
La sentenza, infine, mostra come il tema dell’immigrazione e dei soccorsi in mare debba essere affrontato con un approccio ampio e multilivello: la massima attenzione alla salvaguardia della vita umana va di pari passo con la necessità di un controllo ordinato dei flussi e di una giusta distribuzione degli oneri. Sulle coste italiane, infatti, grava da anni la grande responsabilità di garantire accoglienza senza mettere in crisi l’equilibrio sociale ed economico delle zone interessate dagli sbarchi.