Conte e L’usurpazione di potere

Negli ultimi giorni siamo spettatori di uno scontro di fuoco tra due ex Presidenti della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky e Antonio Baldassarre.

La querelle nasce dal fatto che da circa due mesi la vita degli Italiani è cadenzata dalle conferenze stampa con le quali il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia quali diritti fondamentali e quali libertà costituzionali ci sottrarrà o ci concederà e per quanto tempo con il suo prossimo DPCM.

Oramai anche i non addetti ai lavori sanno che il DPCM è un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, e cioè un provvedimento che non è una legge, approvata dal Parlamento, ma che è un atto del potere esecutivo, quindi del Governo.

Conte oramai ne ha adottati una quindicina, il che ha indotto Baldassarre a tuonare: “Limitare le libertà con un Dpcm, è un atto, in tutto, incostituzionale”. “Specchio della arbitrarietà generale e del pensiero autoritario del presidente del Consiglio sono espressioni apparentemente marginali, come ‘noi consentiamo’, ‘noi permettiamo’“. “Ci si sta approfittando di una situazione grave con disposizioni costituzionalmente assolutamente illegittime“. “Non c’è dubbio – incalza Baldassarre – c’è una concezione autoritaria dietro al ‘noi consentiamo’ di Conte. Deriva dal fatto che il Dpcm è un atto amministrativo individuale. Prevede limiti alle libertà costituzionali che non hanno base in un atto legislativo. Dunque se il premier disciplina tutto attraverso il Dpcm è chiaro che dica: ‘io, noi’. E’ lui che concede, dall’alto della sua autorità, quello che deve esser fatto. Esattamente l’opposto di quello che prevede la Costituzione dei diritti del cittadino, dell’uomo, della persona umana“.

Controbatte Zagrebelsky: “Mi chiedo quanto ci sia di esagerato e di strumentale in questi ‘al lupo, al lupo’ e quanta incomprensione della natura del problema che abbiamo di fronte”.

Poi Zagrebelsky, soffermandosi su aspetti un po’ più tecnici, spiega che “le misure attuative (i dpcm) sono autorizzate dalla legge e il governo ha fatto uso dell’autorizzazione in quanto autorità competente”, mentre Baldassarre risponde che “I Dpcm sul lockdown per l’intero territorio nazionale non sono autorizzati da nessuna legge e neppure dal decreto legge numero 6, il quale si riferisce soltanto a interventi in particolari aree locali interessate al Covid – 19. Lo stesso Governo se ne è accorto ed ha infatti sanato con i decreti successivi ed in particolare con quello numero 19 del 25 marzo, che è stato convertito in legge soltanto il 30 aprile. Infatti, il decreto legge numero 6 di febbraio, articolo 1 (poi abrogato il 25 marzo), a cui fa riferimento Zagrebelsky, non contiene l’obbligo di stare a casa, mentre su questa imposizione si sono basati i dpcm successivi a partire dal 10 marzo. Pertanto dal 10 al 25 marzo il relativo potere esercitato da Conte non aveva alcuna base legislativa“.

In effetti, in sostanza, cosa è accaduto.

Intanto Conte ha utilizzato lo strumento del decreto-legge, che è una legge scritta dai Ministri ed efficace per massimo 60 giorni in assenza di approvazione anche del Parlamento. Con questo strumento Conte, per la prima volta il 23 febbraio, si è autoattribuito il potere di adottare i famosi DPCM con contenuti importanti relativamente alle zone con contagiati, come il divieto di spostamento da territori comunali, di manifestazione, di riunione, di celebrazioni religiose, o le limitazioni all’istruzione, ai concorsi, al commercio, ai trasporti, all’impresa, al lavoro, oppure riduzioni come quelle relative agli uffici  pubblici, agli esercenti attività di pubblica  utilità  e  ai servizi  pubblici essenziali. Sotto la copertura di questo decreto-legge Conte ha adottato inizialmente i provvedimenti per le zone rosse, ma presto ci ha preso la mano, e approfittando di un apparentemente insignificante “Articolo 2” che consentiva di estendere le misure possibili a qualunque altra ritenuta opportuna, dal 9 marzo ha avviato il lockdown su tutto il territorio nazionale, a prescindere dal fatto che vi fossero contagiati o meno.

Per dare una copertura meno “stiracchiata” ai provvedimenti estesi a tutta la penisola, il 25 marzo Conte ha approvato un altro decreto-legge, con cui ha ampliato i suoi poteri e ha sanato l’efficacia dei DPCM precedentemente emessi. Da qui ripartono i 60 giorni in cui Conte, senza che il Parlamento glielo abbia ancora concesso, adotta (e formalmente può adottare) provvedimenti che si è autoattribuito il potere di adottare.

Il risultato è che in Italia vi è stato un fermo di due mesi, giustificato con l’emergenza Covid, che ha comportato la sospensione dell’esercizio dei diritti individuali e la desertificazione dell’economia, con costi salatissimi che pagheremo per i prossimi anni, senza che questa responsabilità se la sia assunta un Parlamento eletto, cioè qualcuno che quantomeno un domani potremo decidere se rivotare o meno.

Perché, peraltro, giova ricordarlo, Giuseppe Conte non è il Presidente del Consiglio espressione di una maggioranza uscita dalle urne, ma è un uomo che è al potere grazie al PD, che dal responso delle urne era stato sconfitto, e grazie al Movimento 5 stelle, che oggi conta meno della metà dei consensi dell’epoca elettorale.

E allora vale la pena di fare una riflessione.

Noi tutti sappiamo che gli autoritarismi sono caratterizzati da alcuni elementi sintomatici e che si consolidano sempre approfittando di un buon pretesto.

Sintomi di un autoritarismo possono essere:

  1. Concentrazione del potere legislativo, esecutivo, sanzionatorio in capo ad un unico soggetto, ed è quello che accade con Conte, che con i suoi DPCM scrive le norme, le applica e sanziona chi le viola.
  2. Sostituzione delle competenze istituzionali con nomine fiduciarie. Ed è quello che sta facendo Conte con le task force degli esperti nominati su base fiduciaria.
  3. Censura. Ed è quello che sta facendo Conte con la Commissione anti-bufale.
  4. Tacitazione delle minoranze. Ed è quello che sta facendo Conte non consentendo al Parlamento di esprimersi.
  5. Centralità comunicativa della figura del leader. Ed è quello che sta facendo Conte con le conferenze stampa pre DPCM, durante le quali tutti, volenti o nolenti, devono stare attaccati allo schermo per sapere cosa ne sarà della propria vita.
  6. Ingenerazione di senso di paura, disorientamento, per indurre ricerca e affidamento nell’uomo che comanda e decide. Ed è quello che sta facendo Conte facendo montare l’idea di un’epidemia dietro l’angolo di casa di ogni Italiano e mostrandosi come il salvatore.
  7. Trasformazione dei diritti e delle libertà in concessioni, meglio se a piccoli pezzi per ingenerare un senso di sudditanza. Ed è quello che sta facendo Conte con i suoi decreti leggi e DPCM a singhiozzi.

Ora…non si vuole con ciò paventare il rischio concreto di una dittatura, abbastanza surreale, ma si vuole denunciare la superficialità con la quale una serie di principi e disposizioni costituzionali, concepiti proprio per mantenere saldo il valore della democrazia, vengono bypassati. Con qualche escamotage formale che magari ne salva la costituzionalità apparente. Non serve che ciò accada con l’intento di impadronirsi del comando per gridare allo scandalo. E’ sufficiente che accada per ragioni molto più futili…per visibilità e prestigio, per far vedere agli amici dei potentati europei che si è forti, o addirittura magari solo per praticità.

Perchè quello che lecitamente ci si domanda, allora, è: ma se è possibile che per praticità (nella migliore delle ipotesi) con un nonnulla si possa disapplicare la Costituzione, che è fonte intoccabile del nostro sistema di diritto, perchè allora non possono essere disapplicate le leggi di rango inferiore, quelle ordinarie, come le disposizioni in materia di appalti, autorizzazioni, permessi che realmente paralizzano il sistema paese? Quelle che non ci fanno arrivare i soldi in tempo, quelle che rendono impossibile avviare un’impresa, quelle che ci bloccano i cantieri, quelle che ci hanno fatto vincere il premio della peggiore burocrazia d’Europa?

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