È evidente che il nostro Paese sia in una situazione che richiede unità, limitando al massimo le polemiche politiche, soprattutto tra maggioranza ed opposizione. Però qualche domanda è lecito porsela, anche durante questa fase convulsa. Perché il fatto che questo governo, fatto di improvvisati – letteralmente – della politica da una parte e, dall’altra, vecchie volpi con decenni di attività parlamentare, non sia il meglio al quale il nostro Paese potesse ambire, è più che un sospetto per molti.
Per carità non vogliamo parlare del fatto di come dopo la primissima dichiarazione del Presidente Conte che tendeva a minimizzare la questione, con il ministro Speranza con faccia funerea sullo sfondo, una delle immediate successive dichiarazioni dello stesso Conte sia stata: “non ci aspettavamo così tanti casi”; non vogliamo nemmeno approfondire il perché o il per come di eventi come quello della chiusura della scuola annunciata attorno alle 14 del 4 marzo, smentita dalla ministro Azzolina poco dopo, per poi essere riconfermata attorno alle 19; oppure delle solite “manine” che fanno uscire anzitempo informazioni alla stampa, bozze di decreti, ecc, ingenerando tanta confusione, quando allarme, che sia stata quella del potente portavoce del premier o quella di qualche ministro Pd che mira ad azzoppare “l’alleato”, non ci interessa e non è questo il momento di approfondire la cosa.
Quello che invece ci preme è l’inizio della situazione di crisi. Chiaramente d’istinto chiunque potrebbe ora pensare a fine febbraio/inizio marzo, quando con l’allargarsi del contagio nella zona del primo cluster, il governo ha iniziato a prendere i provvedimenti a tutti oggi noti. Invece quello che pare strano è che il momento della presa di coscienza della crisi, da parte del governo, va sensibilmente retrodatato, almeno spostando la data indietro a fine gennaio. Non si tratta di complottismo, si badi bene, parliamo di date tutte verificabili e documentate, dallo stesso sito istituzionale del governo (potete verificare da voi: http://www.governo.it/it/approfondimento/coronavirus/13968).
Ricostruiamo brevemente la questione a favore di lettore.
Il 30 gennaio, dopo 2 casi positivi in Italia, Conte di concerto con i suoi ministri, rafforza i controlli negli aeroporti e sospende i voli dalla Cina. Tralasciamo, di nuovo, il fatto che siano stati sospesi solo i voli diretti, senza curarsi dei passeggeri cinesi che tornavano in Italia facendo scalo altrove (d’altra parte, calcare troppo la mano su questa misura aveva già generato la sommossa “civile” di chi ululava al razzismo…).
Il 31 gennaio, ben prima dei provvedimenti che hanno impattato sulla nostra vita, però c’è una novità: il Consiglio dei ministri delibera qualcosa che verrà pubblicato il giorno seguente in gazzetta ufficiale. La delibera dice: “[…] è dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.” (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg);
con la stessa ordinanza si dà potere al capo della protezione civile di emanare ordinanze in deroga alle leggi ma nel rispetto dell’ordinamento giuridico su:
a) all’organizzazione ed all’effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall’evento;
b) al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alle attività di gestione dei rifiuti, delle macerie, del materiale vegetale o alluvionale o delle terre e rocce da scavo prodotti dagli eventi e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea.
Infatti il 3 febbraio, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, firma i primi interventi urgenti relativi “al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” (realizzazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata, il potenziamento di controlli nelle aree aeroportuali e portuali, in continuità con le misure urgenti già adottate dal Ministero della salute e le attività per il rientro delle persone presenti nei paesi a rischio e il rimpatrio dei cittadini stranieri nei paesi di origine esposti al rischio).
Quindi la delibera di fine gennaio, non è un atto proforma (se mai ne esistano in queste circostanze) o dovuto, magari per giustificare la chiusura dei voli dalla Cina, ma la preparazione di una vera e propria trincea. Il governo, insomma ha messo sul tavolo del Consiglio dei ministri già il 31 gennaio 2020 l’ipotesi di dover affrontare non uno o due, ma ben sei mesi di stato di emergenza.
Ma perché allora i primi veri seri provvedimenti atti a contrastare l’epidemia, poi dichiarata dall’Oms pandemia, sono stati presi dal governo il 23 febbraio quado, in seguito ai focolai registratisi in Lombardia e Veneto, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Conte, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019?
Perché, pur mettendo in conto una situazione di rischio sanitario, quindi avendo chiaramente presente la posta in gioco, il governo abbia aspettato altri 23 giorni per intervenire in maniera incisiva – con decreto – per prevenire il diffondersi del virus?
In definitiva, si poteva evitare questa situazione con più interventi forti fatti prima e con meno slogan inutili e retorici contro un rischio – improbabile – di razzismo?
Forse anche per questi chiarimenti è necessario aspettare che passi la nottata, ma alla fine di questo momento le responsabilità politiche andranno affrontate. Anche perché la crisi che ci aspetta subito dopo, quella economica, almeno nell’immediato verrà affrontata dalla stessa classe politica al governo.