«Dal presidente del Consiglio Draghi ci saremmo aspettati un atto riparatorio ben diverso da una conferenza stampa concessa dopo giorni di silenzio: un atto di verità e di onestà intellettuale, con le scuse agli italiani e l’ammissione degli errori commessi finora…».
Con queste parole lapidarie, Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia e leader di fatto dell’unica opposizione al Governo di salute pubblica, ha licenziato ieri la conferenza stampa tardiva – ma lo si è già detto – del Presidente Draghi.
Una conferenza stampa che il premier definisce “riparatoria”, scusandosi solo per non averla tenuta prima, ma che sul piano pratico non scioglie nessun interrogativo rispetto agli ultimi provvedimenti anti-covid, confusionari, ma soprattutto all’insegna dell’ulteriore compressione delle libertà individuali e della conferma del modello “cinese” di controllo della popolazione attraverso un sistema di passaporti interni a più livelli. Un modello che già nelle scorse settimane ha destato molto scalpore all’estero con importanti giornali internazionali che si interrogavano sullo stato di salute della nostra democrazia.
Una conferenza stampa per molti tratti auto-celebrativa, in cui il Presidente del Consiglio velatamente (poco) si atteggia a “unto del signore”, come a voler ormai fare propria l’aura di santità che media mainstream e una certa parte della politica gli avevano ormai affibbiato da tempo, anzi con fare preventivo, prima ancora che si insediasse.
Una conferenza stampa che ancora una volta accresce pericolose divisioni sociali nel Paese, perchè ad essere troppo semplicemente, ma efficacemente, indicati come il male assoluto sono ancora una volta i cittadini che rifiutano, avendone il diritto, di sottoporsi al vaccino anti covid.
Su quanto accaduto ieri abbiamo chiesto un parere a tre giovani intellettuali e giornalisti non allineati con il pensiero mainstream. Si tratta di Antonio Rapisarda giornalista di Libero e nostro editorialista, nonchè autore televisivo; Guerino Nuccio Bovalino, sociologo, studioso di fenomeni politici e Alessandro Sansoni, giornalista, commentatore TV e tra i volti della trasmissione di Rai2 “Anni ’20”. Ecco i loro commenti sulla conferenza stampa di ieri.
Ha preferito, come da copione, continuare a tessere le lodi del primo della classe (indovinate chi?) e ad insistere sul suo modello “Qr code”
Antonio Rapisarda
Antonio Rapisarda – «Sta diventando una specialità delle conferenze stampa di Mario Draghi: la non risposta, che è sempre qualcosa in più della «non (fatemi la) domanda», a cui il grosso della stampa italiana sembra non dare alcun peso. E invece una risposta sul modello Gran Bretagna, ossia su una campagna anti-Covid gestita bene (se non meglio) da Boris Johnson a dosi non omeopatiche di verità senza l’ossessione burocratico-dirigista e le separazioni eticiste “di Stato” di casa nostra, il premier avrebbe dovuto darla. Ha preferito, come da copione, continuare a tessere le lodi del primo della classe (indovinate chi?) e ad insistere sul suo modello “Qr code”: quello che per mesi, fra errori di calcolo e clamorose fake news, ha diffuso una patente di immunità tanto fallace quanto socialmente discriminatoria. Vanificando con ciò, in grossa parte, la massiccia adesione alla campagna vaccinale degli italiani. Un non sense che ci lascia, in tutti i sensi, senza risposte. Anzi, senza parole….»
Draghi si è preso ieri la libertà di non rispondere a molte delle domande scomode
Guerino Bovalino
Guerino Nuccio Bovalino – «Più che le scontate comunicazioni di servizio date durante la conferenza stampa, mi pare interessante analizzare il significato simbolico del suo discorso, il non detto, la nuova postura che il premier ha assunto. Draghi continua di certo a mantenere il suo stile di leader carismatico. È un leader-Narciso. Basti ricordare quando, all’esordio della conferenza stampa per presentare la manovra economica per il 2022, raccontò degli applausi ricevuti in Consiglio dei Ministri al momento dell’approvazione. Il premier ha confermato ieri il suo narcisismo, rilanciando ironicamente l’affermazione del presidente della Regione Puglia, Emiliano, il quale, pur criticando alcune sue scelte, ha affermato di essere sempre d’accordo con Draghi, “anche se non è convinto”. Draghi si è preso ieri la libertà di non rispondere a molte delle domande scomode: coincidenza vuole che Narciso fosse considerato nella mitologia anche “l’eroe del silenzio”. Ma, nonostante la sicurezza mostrata, per la prima volta è sembrato meno capace di incarnare il ruolo di Messia o di Mister Wolf, risolvo problemi, attribuitogli dal mainstream. È apparso come “umanizzato”: avrà forse compreso come i cittadini siano sempre più critici verso il suo “governo dei migliori” che, al di là della vaccinazione, molto altro avrebbe dovuto fare, soprattutto con i pieni poteri attribuitigli incondizionatamente? Permettetemi infine una provocazione sul silenzio che si è autoimposto e ha prescritto ai giornalisti in relazione alla questione Quirinale: etimologicamente “silenzio” deriva dal termine latino silēre, il cui significato è “non far rumore”. Draghi si è accorto di averne fatto fin troppo con l’ultima conferenza stampa, candidandosi implicitamente al ruolo di futuro Presidente della Repubblica. Il rischio, vista la reazione dei partiti che dovrebbero sostenerlo, è che per Draghi il tutto si risolva nel titolo della famosa commedia di Shakespeare: “molto rumore per nulla”.»
Un sistema che si auto legittima attraverso la ricerca di capri espiatori
Alessandro Sansoni
Alessandro Sansoni – «Una conferenza stampa sostanzialmente inutile in cui è stato detto poco o niente, paradossalmente Giuseppe Conte almeno ci metteva un po di buona volontà a differenza di Draghi. Resta però il fatto che oramai l’Italia dell’era Draghi potrebbe essere un fantastico case history per un novello René Girard che volesse indagare i meccanismi in base ai quali un sistema si auto legittima attraverso la ricerca di capri espiatori.»
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