Green Pass, ora anche i carabinieri si oppongono. La diffida del sindacato.

Diffida e messa in mora a non procedere alle limitazioni di cui al D.L. n. 105 del 6/08/2021 nei confronti delle mense sui posti di lavoro per grave Violazione del principio di legalità (articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale): trattamento illegittimo di dati personali e sensibili – Violazione dell’art. 16 e 32 Cost e dell’art. 2 della Cost. – Violazione dell’art. 15 CEDU con riferimento alla risoluzione n. 2361 (2021) del Consiglio d’Europa – Violazione della risoluzione n. 953 (2021) del Parlamento Europeo – Diffida ad eliminare ogni limitazione alla libertà personale.

Questo l’oggetto del documento presentato il 21 agosto da Unarma, Associazione Sindacale Carabinieri costituita il 3 febbraio 1993 come associazione culturale, poi divenuta sindacato, all’attenzione Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, del Ministero della Difesa, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Garante della Privacy, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, del Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

Una diffida che è anche un atto d’accusa durissimo nei confronti del Green Pass, non solo come problematica delle mense sui posti di lavoro, ma anche come documento fortemente discriminatorio tanto da essere illegittimo e addirittura anticostituzionale.

“Troppi e spesso inconcludenti sono i dibattiti sul Green Pass e sulla correttezza o meno che lo stesso sia obbligatorio anche per la consumazione dei pasti da parte del personale delle forze dell’Ordine all’interno delle proprie mense”. Scrivevano i carabinieri di Unarma pochi giorni fa in un comunicato.

“Eppure nessuno, o meglio quasi nessuno, si è accorto che il vero “vulnus” del Green Pass risiede proprio nella sua mancata sospensione laddove un soggetto, seppur vaccinato, contragga il Covid-19. Difatti non sembra che gli organi deputati al controllo abbiano predisposto strumenti idonei a sospendere la Certificazione Verde nel caso si risulti positivi al virus. Ne consegue un serio rischio alla salute di tutti coloro che ad oggi, per scelta o per necessità, non si siano sottoposti al siero sperimentale.

Pertanto l’intento di questa Associazione Sindacale non è quello di entrare in sterili ed inutili polemiche su chi sia a favore o meno del vaccino quanto quello di spronare le Istituzioni a focalizzarsi sulla vera essenza della problematica.

Sembra paradossale vietare ai soggetti non possessori di Green Pass di poter accedere alle mense militari quando al contempo si permette alle stesse persone di poter intraprendere il servizio congiuntamente, magari all’interno dello stesso veicolo ovvero stesso ufficio.

Ancora più paradossale è che all’interno di qualsiasi mensa ovvero locale di ristorazione, sia esso civile o militare, si procede ad un controllo della certificazione senza verificare se quegli stessi soggetti siano attualmente positivi o meno non venendo il Green Pass, allo stato attuale, revocato in caso di contagio.
L’auspicio è quindi quello che nel più breve tempo possibile si possa addivenire ad una normativa finalizzata a tutelare realmente il nostro personale e non volta a creare delle discriminazioni ovvero ad alimentare “faide” interne tra i soggetti vaccinati e non vaccinati come sembrerebbe stia accadendo in quest’ultimo periodo.
D’altronde se la conoscenza può creare problemi, non è tramite l’ignoranza che possiamo risolverli…”, concludeva il comunicato che precedeva di qualche giorno la diffida.

Nel documento si leggono molti spunti interessanti come quello che richiama quanto detto dal Garante della Privacy sull’ l’esibizione del pass al datore di lavoro che: “inficerebbe in maniera lapalissiana il divieto di trattamento dei dati sanitari in materia vaccinale da parte del datore di lavoro, già ribadita dal garante nelle faq pubblicate il 17 febbraio 2021. Nelle Faq è spiegato che il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico compente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Ciò non è consentito dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria. Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati. Il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente”.

Rilevante anche il passaggio in cui si ricorda che: “la tutela dalla possibilità di contrarre e diffondere il COVID è, per i lavoratori, assicurata non dal vaccino bensì dall’utilizzo rigoroso dei DPI, dei dispositivi medici prescritti, dell’igiene delle mani, e delle “altre precauzioni secondo la valutazione del rischio, indipendentemente dallo stato di vaccinazione” come attestato dalle “Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione anti-COVID-19 Gruppo di Lavoro ISS Prevenzione e Controllo delle Infezioni” (versione del 13 marzo 2021).”

Per consultare il documento nella sua versione integrale cliccare qui.

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FonteUnarma
Ulderico de Laurentiis
Ulderico de Laurentiishttp://www.uldericodelaurentiis.it
Direttore Responsabile de "La Voce del Patriota".

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