Belfast, Roma, Napoli. Cosa lega la città dell’Irlanda del nord e le due città italiane?
Che nei giorni scorsi sono state caratterizzate da disordini e da proteste, simili a quelli occorsi anche a Londra e in alcune città francesi solo poche ore prima. Come al solito, nella loro superficialità, i media italiani hanno visto in Belfast gli effetti della Brexit e in Roma e Napoli le mene della “estrema destra”. In realtà esse, come quelle londinesi e francesi dei giorni precedenti, sono un assaggio di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi.
Il “Telegraph” ha giustamente visto in Belfast gli effetti del lockdown fatigue ma noi andremo anche oltre e vi scorgiamo il fenomeno, ben noto agli storici, quello di disordini sociali, insurrezioni e autentici tentativi rivoluzionari nei mesi successivi alla fine delle pandemie.
Per comodità prendiamo quella di un secolo fa, la Spagnola. Gli studi più recenti hanno mostrato quanto la febbre cosiddetta spagnola (in realtà partita pure quella dalla Cina) abbia contribuito al crollo degli eserciti tedeschi e austriaci, come aveva capito a suo tempo Ernst Junger, che nelle trincee ci stava. Non solo, gli storici della medicina e della società hanno spiegato come, finita la seconda ondata della spagnola, la terza, che occupò tutto il 1919, preparò il terreno a quella guerra civile europea che caratterizzò il biennio successivo, fino al 1922 e che vide tentativi insurrezionali e rivoluzionari non solo in Italia (il cosiddetto biennio rosso) e in Germania, ma pressoché ovunque, in Francia, persino nel Regno Unito, per non parlare dell’Ungheria e dei paesi ex membri dell’Impero asburgico disgregatosi.
Persino la Spagna, non entrata in guerra, fu sconvolta da disordini che portarono addirittura alla fine della monarchia. Proprio in Irlanda la pandemia favorì, come spiega Ida Milne in Stocking the flu. Influenza, war and revolution in Ireland 1918-1919 (Manchester University press, 2020) le sommosse che portarono alla indipendenza dell’isola dal Regno Unito. La febbre spagnola, scrive Laura Spinney (Pale Rider. The Spanish flu of 1918, Public Affairs, 2020) “accese le fiamme esacerbando quella che era già una situazione esplosiva e ampliando le diseguaglianze”
Certo la situazione oggi è completamente diversa. Non siamo reduci da una guerra mondiale, non c’è la Russia comunista che organizzava le rivolte, il Covid non ha prodotto tutti quei morti della Spagnola, infine esiste lo Stato sociale, anche se malandato.
Ma un elemento in comune c’è: la pandemia produce sempre una disarticolazione del corpo sociale, l’indebolimento delle reti di socialità e delle istituzioni collettive, accentua la solitudine degli individui e si, certo, impoverisce chi è già povero e fa diventare povero chi prima non lo era, innestando il meccanismo del declassamento sociale. Tutti fattori non solo economici, ché anzi in prima istanza non lo sono. Perché, come gli studi storici ci insegnano, le insurrezioni, le rivolte, le rivoluzioni sono prodotte meno da fenomeni economici e assai più dalla distruzione del corpo sociale. L’individuo solo e disperato è più disposto a rischiare la vita ed è più sensibile ai richiami di chi propone di distruggere.
Per questo è molto importante che le forze politiche, e in particolare quelle di opposizione, come Fratelli d’Italia, sappiano ascoltare la piazza e portarne nelle istituzioni il malessere, come stanno già facendo. Perché se è vero che quelli della estrema destra e della estrema sinistra sono per ora solo fantasmi nelle teste di giornalisti superficiali, la piazza lasciata sola potrebbe in breve essere occupata da forze che fomentano il disordine.
E in queste situazioni, potrebbero emergere in breve agitatori di piazza e capi in grado di acquisire anche un consenso, magari effimero e momentaneo, ma in grado di sconvolgere gli equilibri. Di ciò cadrebbe vittima proprio un’opposizione responsabile, che non ha nessun interesse all’esplosione degli incendi, soprattutto se intende porsi l’obiettivo di governare un paese.