Crollo sulla A6: l’implosione del sistema di gestione, tra doveri di manutenzione e profitti del concessionario.
Dopo la tragedia del ponte Morandi speravamo di non dover più vedere queste immagini, invece l’incubo si ripresenta e un’importante arteria autostradale torna a sgretolarsi come fosse gesso. A seguito di una frana il viadotto della Madonna del Monte, sulla A6 Torino- Savona, è crollato davanti agli occhi attoniti degli automobilisti che lo stavano percorrendo. Fortunatamente il primo dinanzi al quale si è aperto il baratro ha avuto modo di fermarsi, riuscendo ad avvertire chi lo seguiva nella marcia. Nessuna vittima, grazie ad un fato in questo caso benevolo.
Torna dunque prepotente il tema delle concessioni autostradali che, nel frattempo, da Genova ad oggi non ha trovato alcuna soluzione, nonostante i roboanti proclami dell’allora ministro Toninelli e gli intenti programmatici del Conte bis: nessuna revoca, nessun disegno in ordine al ruolo che dovrebbe avere la regolazione pubblica, niente di niente.
La tratta interessata dal cedimento è in gestione al gruppo Gavio. Leader nel settore tramite le controllate ASTM e SIAS, Gavio ha chiuso l’accordo con Ativa, acquistando il 31,7 per cento della società detenuto dal Gruppo Mattioda per un controvalore di 48,9 milioni, salendo così al 72,34% delle quote, con la Città Metropolitana di Torino al 17,64% e Mattioda al 10%. É concessionaria della A4 Torino-Milano, la A21 Torino-Piacenza e Piacenza-Brescia, la A12 Sestri Levante-Livorno-Viareggio-Lucca-Fornola-La Spezia, la A15 La Spezia-Parma, la A5 Quincinetto-Aosta, la A10 Savona-Ventimiglia, la A6 Torino-Savona, la A33 Asti-Cuneo. Ha in buona sostanza il monopolio delle autostrade piemontesi e ad oggi è il secondo operatore autostradale nel mondo, dopo Atlantia, avendo aperto anche al mercato estero ed essendosi aggiudicato la gestione delle tratte brasiliane Ecorodovias.
A seguito del crollo del ponte Morandi la Gavio è stata oggetto di polemiche riferite alla gestione delle tratte affidate in concessione, in particolare del ponte di Lodo, a Cadibona, proprio sulla A6. In questa occasione ha avuto modo di dichiarare di avere investito 2,1 miliardi in sicurezza e 2,5 miliardi nello sviluppo della rete, che l’opera sarebbe oggetto di costanti verifiche a cadenza trimestrale e che dai controlli non sarebbe emerso alcun problema strutturale.
Tuttavia, nel gennaio 2019, a seguito di un esposto presentato presso la procura della Repubblica di Savona, è stata aperta un’indagine a carico di ignoti. L’esposto, presentato dall’ing Forzano, presidente del comitato Albamare, aveva ad oggetto proprio la A6 e denunciava e documentava incuria nella manutenzione dei viadotti “Lodo” e “Ferrania”. Venivano evidenziate porosità e fessurazioni, oltre a segni di corrosione sui ferri di armatura dei piloni, che apparivano esposti. Sempre nella denuncia a firma dell’ingegner Forzano si mette in evidenza un aspetto rilevante, si segnala infatti che da anni ormai il traffico oltre le 44 tonnellate dalla A6 è deviato sulle provinciali per motivi di sicurezza.
Si fa strada quindi il dubbio che il gestore possa avere delle concrete responsabilità per il disastro e nell’immediatezza dei fatti, le domande che emergono prepotenti sono tante. Ci si chiede se le manutenzioni siano state effettuate nei tempi e nei modi necessari ad evitare incidenti e se siano state eseguite valutazioni rispetto al rischio idrogeologico. Allo stato, infatti, non si può escludere che oltre all’apporto causale della frana il crollo sia stato determinato da incuria manutentiva o da una sottostima dei rischi connessi agli eventi atmosferici. Occorre considerare che per la tratta in questione non è stato applicato il blocco delle tariffe e dal gennaio 2019 è scattato un aumento pari al 2,2%. Gli utenti hanno pagato dunque anno dopo anno pedaggi più cari, che parzialmente avrebbero dovuto essere reinvestiti in manutenzione. Ebbene avremmo diritto di sapere se è stato fatto e se è stato fatto in maniera adeguata, così come avremmo diritto ad avere una rete infrastrutturale degna di una Nazione civile. Ed avremmo, infine, il buon diritto di non vederci crollare il mondo sotto i piedi a causa di gestioni sconsiderate e governate unicamente dalla logica del profitto. In questo quadro desolante emerge che il sistema delle concessioni pubbliche e non solo quelle autostradali, non funziona. Fratelli d’Italia ha formalizzato una proposta di modifica in grado di correggerne le derive e le storture: proprietà pubblica di tutte le infrastrutture strategiche e gestione, a seconda dei casi pubblica o privata. Nel caso di gestione privata tuttavia, si propone l’inserimento nei contratti della “clausola di interesse nazionale”, per garantire che i servizi non siano resi senza tenere in debito conto il pubblico interesse, con la conseguenza diretta che la violazione della clausola in parola porti alla revoca automatica delle concessioni.
Tutto ciò mentre il governo, more solito incapace di fornire risposte e formulare proposte, è immobile e resta a guardare l’Italia che collassa su se stessa.