Da Zanza alla teoria gender demolita da Kari Lake, passando per J-Ax: diario di Ferragosto

Il sole è alto, il mare è sempre lì e all’orizzonte non si staglia che il Ferragosto: l’apocalisse può dunque attendere tempi peggiori (o migliori, dipende dal punto di vista). Così, mentre metà Italia lavora per garantire accoglienza e servizi all’altra metà (più i turisti) che giustamente si gode le vacanze, ci prendiamo qualche minuto per mettere insieme alcune riflessioni.

Vista la stagione, il punto di partenza non può che essere Rimini, ovvero una delle mete turistiche per antonomasia che, oltre a Federico Fellini, ha dato i natali a Maurizio Zanfanti AKA Mauro Zanza: scomparso nel 2018, è stato una vera e propria icona della Riviera Romagnola tra gli anni ’70 e i primi anni 2000 a cui il Corriere della Sera di ieri ha dedicato un’intera pagina tentando di barcamenarsi tra la fama del PR più famoso di tutti i tempi e le inutili polemiche di chi (l’Arcigay) vorrebbe scagliargli contro la clava della cancel culture impedendo che la sua città gli intitoli un luogo pubblico (qui la petizione per sostenere l’intitolazione).

Per chi non lo sapesse, Zanza è stato tra i motori del sistema turistico romagnolo: dotato di fascino e carisma fuori dal comune, per decenni ha attratto nei suoi locali (Blow Up e Chic) decine di migliaia di turiste che, da tutta Europa, raggiungevano Rimini per conoscerlo. Per comprendere la portata del fenomeno è sufficiente ricordare che il quotidiano tedesco Bild gli dedicò due pagine in occasione del suo sessantesimo compleanno.

Oltre agli indubbi meriti in materia di city branding, va detto che Mauro Zanza ha sempre rappresentato una cultura del divertimento sana, per moltissimi aspetti in antitesi a quella che andava di moda a qualche chilometro di distanza, in alcune delle discoteche più in voga di Riccione: nei locali gestiti da lui qualsiasi tipo di droga era bandito, non soltanto perché a differenza di altri posti si faceva rispettare la legge, ma anche e soprattutto per una vera e propria differenza antropologica rispetto a chi necessitava dello “sballo” per divertirsi.

Ragazze, ragazzi, bella musica e voglia di socializzare: da Zanza questo bastava e avanzava, altro che la “drogahh” buttata lì a caso nel testo di una delle pseudo-canzoni tanto care ad Alessandro Aleotti (in arte J-Ax), contrariato perché nelle ultime settimane ha scoperto (ma dai!) che esistono milioni di italiani a cui la “musica” della cricca dei Fedez e compagnia stonante piace ancora meno dei loro pipponi (non richiesti e spesso mandati in onda a spese di noi contribuenti) a favore di droga e ideologia woke.

E qui, come direbbe Totò, casca l’asino. Anzi, il toro. Sì, perché ne abbiamo le tasche piene dei predicozzi politicamente corretti di chi vorrebbe convincerci che le donne con l’utero e senza il pene siano ormai roba per gente antiquata poiché il sesso sarebbe una questione dettata dalla scelta personale e non da Madre Natura: a smentirli categoricamente ci ha pensato la repubblicana Kari Lake, a cui sono bastati 30 secondi per demolire i deliri della teoria gender.

Qualche giorno fa, durante una visita presso un ranch nell’Iowa, Lake ha deciso di mungere una mucca a favore di telecamere, davanti ad alcuni giornalisti; rivolgendosi all’inviata del New York Times, ha detto: «esistono solo due sessi, lo sai, vero?». Dopo che la giornalista le ha risposto facendo spallucce, Kari Lake ha continuato dicendole che «il New York Times e il Washington Post dovrebbero mungere una mucca e poi provare a mungere un toro e vedere che succede».

Un po’ come i “democratici” di casa nostra, che il 25 settembre scorso hanno provato la democrazia vera e ancora stanno cercando di capire che effetto fa: ci auguriamo per loro che il toro, prima o poi, riescano a prenderlo per le corna. Metaforicamente parlando, s’intende.

Buon Ferragosto.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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