Dall’Ungheria alla Spagna, libertà e sovranità negate ai tempi della Pandemia

Chi ritiene che dopo la pandemia, sarà business as usual è solo un povero illuso. Prima di tutto perché essa non è finita e anzi non mi stupirebbe un nuovo lockdown più o meno mascherato in autunno. Poi perché, chiuso quando sarà il Covid, altre ne verranno: lo hanno detto Biden, Draghi, Macron mentre von der Leyen pensa siamo entrati nella era delle pandemie.

Essa richiede nuovi strumenti giuridici discendenti dalla filosofia di fondo che regola il comando politico in questa era: cioè che lo stato di eccezione diventa permanente, l’emergenza diventa la condizione normale, lo stato di crisi si fa strutturale. Da qui il prolungamento infinito da noi dello stato di emergenza, o il suo ripristino in Portogallo anche senza aumento di ricoveri e di morti, il lockdown a Sidney dopo un morto (uno) e cosi via. Si sta infatti affermando, anzi si può dire sia già stato accolto, il principio del lockdown preventivo: chiudere tutto per evitare che determinate condizioni possano accadere. La tranquillità e anche il disinteresse con cui sono state accolti dai cittadini questi nuovi lockdown in assenza di effetti della pandemia, ci fa capire che ormai l’idea che lo stato di eccezione sia diventato la norma si è fatta strada.

E di questa nuova forma di governo abbiamo due esempi recenti apparentemente slegati tra di loro ma in realtà animati da una medesima logica. Una, le intenzioni della commissione europea di non erogare i fondi del Recovery a Ungheria e Polonia perché minaccerebbero i “valori europei”. Si tratta di una novità , visto che per la prima volta la Ue lega i valori ai fondi, mentre fino ad ora i due seguivano percorsi separati (e semmai erano previste sanzioni che a quel risultato portavano). Molti hanno notato che si tratterebbe di un pretesto: la Ue utilizzerebbe come scusa la legge ungherese contro la propaganda gender nelle scuole ma in realtà la posta in gioco sarebbe politico finanziaria. Eppure non dobbiamo sottovalutare il fanatismo ideologico della tecnoburocrazia Ue e dei suoi esecutori della classe politica. I loro valori sono quelli del progressismo e del laicismo: gender, aborto come grande conquista della umanità (come ha detto di recente Macron) eutanasia, in nome di una idea di diritti totalmente sganciata dal diritto naturale. Chiunque vada contro questi valori, diventa un nemico della “Europa” e deve essere sanzionato.

L’altro caso è quello spagnolo . Come ha rivelato “El Pais” il governo social comunista di Sanchez si appresterebbe a varare una riforma della legge sulla sicurezza nazionale che consenta, una volta dichiarato lo stato di crisi, di precettare cittadini, di requisire la loro proprietà privata, di censurare giornali e media fino alla loro temporanea chiusura. Il tutto in nome della necessità di affrontare le nuove crisi pandemiche. Speranza ha scritto che il covid avvicina il socialismo (ma sarebbe meglio dire comunismo): Sanchez sta realizzando il suo sogno.

Se la nuova legge spagnola è chiaramente legata alla era delle pandemie anche il ricatto contro Ungheria e Polonia appartiene alla medesima fattispecie. Il Recovery infatti è un classico strumento di emergenza, di stato di eccezione che si fa permanente. E che non a caso richiede ai governi nazionali di riconvertirsi in governi di emergenza : la nascita dell’esecutivo Draghi ne è un esempio. minacciare di chiudere i rubinetti del recovery a chi non obbedisce fa parte dei nuovi strumenti messi a disposizione della era delle pandemie, cosi come requisire case e altri beni agli spagnoli in caso di crisi

Queste misure vedono la fiera opposizione dei conservatori, che ancora una volta nella storia devono supplire al compito disatteso dai liberali, cioè la difesa della libertà. Ma il vento gira, e se questi strumenti di stato di eccezione permanente restassero, come crediamo, potrebbero essere usati un giorno dalla destra contro la sinistra. Se quest’ultima fosse minimamente intelligente qualche problema se lo potrebbe prima di introdurre leggi speciali che un giorno potrebbero essere usate contro di lei.

 

 

 

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Marco Gervasoni
Marco Gervasoni
Marco Gervasoni (Milano, 1968) è professore ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi del Molise, editorialista de “Il Giornale”, membro del Comitato scientifico della Fondazione Fare Futuro. Autore di numerose monografie, ha da ultimo curato l’Edizione italiana delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia di Edmund Burke (Giubilei Regnani) e lavora a un libro sul conservatorismo.

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