Flat tax e reddito di cittadinanza, come procrastinarli ancora senza perdere la faccia. Si lambiccano Di Maio e Salvini sulla vicenda ben sapendo che gli elettori che con tanta convinzione li hanno votati potrebbero voltare loro le spalle se si accorgessero che tutte quelle promesse elettorali, alla fine, potrebbero restare tali. Un po’ come ora sostiene il ministro Tria, da cui entrambi i vicepremier vanno a battere cassa.
Del resto Giovanni Tria non l’ha mandata a dire, non appena si è reso conto che a settembre bisognerà cominciare a stilare, nero su bianco, quel bilancio di cui ora si è solo parlato perché, come dice il saggio, scripta manent verba volant. Vi ha accennato anche il ministro della Famiglia, Fontana, dopo il vertice di maggioranza, specificando anche lui che fino ad ora si è discusso in generale dei vari dossier, senza entrare nello specifico, che poi sarebbero i costi, quella voce che tutti sembrano dimenticare quando promettono mari e monti con tono sicuro e sguardo sereno. E se Fontana aggiunge che quando si comincerà a far di conto si inizierà anche a “ballare”, gli fa immediatamente eco Di Maio, che corre a rassicurare sulla paventata abolizione degli 80€, come annunciata dai giornali. “Non so chi se la sia inventata questa cosa, insieme all’aumento dell’Iva”, afferma perentorio il ministro del Lavoro, e aggiunge: “Questo governo non vuole fare il gioco delle tre carte, non tireremo la coperta da una parte per scoprirla da un’altra e non vogliamo andare a mettere le mani nelle tasche dei cittadini come si è fatto in passato, quando si aumentavano delle tasse per finanziare uno sconto o un bonus”. “Indiscrezioni false che servono solo per riempire le pagine dei quotidiani di agosto”, gli fa eco il ministro degli Interni, Capitan Salvini. A far da coro, il viceministro dell’economia Massimo Garavaglia: “Non è vero che aumenterà l’Iva e non è altrettanto vero che si eliminerà il bonus degli 80 euro. Non si tolgono gli 80 euro, si sta solo valutando di trasformarli in riduzione fiscale anziché in bonus: conta il netto in busta paga, non come si arriva a quell’importo”, dice, e aggiunge un’ottimistica chiosa: “nessuno sarà penalizzato”.
Sia come sia, i soldini che occorreranno per far fronte a tante onerose promesse da qualche parte dovranno pur venire fuori. Così ecco farsi avanti di nuovo il ministro dell’Economia, che afferma: “Per finanziare la riduzione delle imposte, la flat tax del programma di governo giallo-verde, è necessaria una revisione ed un taglio profondo delle detrazioni e delle deduzioni fiscali.” Si ritorna così al punto di partenza, e più che il gioco delle tre carte, sembra un insidioso gioco dell’oca, perché principe delle detrazioni e deduzioni fiscali è proprio il bonus degli 80€, per altro aborrito dall’attuale maggioranza e frutto esclusivo di chi l’ha preceduta. Da solo vale circa 9 miliardi, che se potessero essere spostati ad esempio sulla riduzione delle aliquote, o magari sugli accorpamenti degli scaglioni Irpef significherebbero per il contribuente una bella boccata di ossigeno e il trampolino di lancio per la flat tax.
Una cosa si deve però ammettere: i due vice-premier si sostengono a vicenda con una puntualità e una precisione impressionanti, nemmeno fossero da sempre alleati, quasi che le idee dell’uno contaminino quelle dell’altro con precisione ineluttabile. Basti ascoltare Di Maio esprimersi sulla flat Tax: “Avevo un pregiudizio pensando che fosse un aiuto per i ricchi, poi ho visto come volevano realizzarla gli amici leghisti e ho cambiato idea. E’ una riforma del fisco che aiuta chi ha pagato le tasse a scapito di chi non le mai pagate. E’ una flat tax con detrazioni che istituisce comunque una “no tax area” e questo per noi è rassicurante, perché aiuta le fasce più deboli”. Se è così convinto della bontà di questo provvedimento, allora Di Maio potrebbe prendere in considerazione da subito la flat tax sui redditi incrementali come teorizzata da Giorgia Meloni, che non costerebbe niente, potrebbe essere una bella spinta a lavorare e produrre di più, e potrebbe addirittura portare alla luce non poco sommerso. Ma, purtroppo per il governo, la Meloni non è leghista, e quindi sembra proprio che buone idee di diversa provenienza non siano accettabili. In compenso, i grillini dalla Meloni hanno preso l’idea di cancellare le pensioni d’oro, vecchia battaglia della leader di Fratelli d’Italia che per anni ha provato a far passare la legge senza che nessuno, compresi i pentastellati, l’aiutassero con un voto favorevole. Comunque, meglio tardi che mai.
Per il resto, non ci rimane che attendere per vedere come verrà sbrogliata la matassa.