Prima di partire per Bruxelles, Giorgia Meloni riferisce alla Camera sui temi che verranno affrontati nel prossimo Consiglio europeo del 29 e 30 giugno.
Nelle comunicazioni in Aula il Presidente del Consiglio ribadisce prima di tutto come “La sicurezza in tutti gli ambiti, compreso quello sociale ed economico, rimane la priorità del nostro lavoro quotidiano”. Una sicurezza che è necessaria per poter affrontare le grandi sfide poste da questo incerto e complesso periodo e che vedranno impegnata l’Unione Europea nei prossimi decenni.
Nel discorso di Giorgia Meloni c’è una espressione ricorrente e sulla quale viene posta in più momenti l’attenzione: interesse nazionale.
Ne fa menzione in modo particolare quando parla della crisi ucraina, della riforma della governance europea e della difesa dei confini esterni (collegando ovviamente il tema della questione migratoria).
Nel primo caso, ribadisce come il sostegno dell’Italia e dell’Europa alla causa ucraina sarà incondizionato, perché “difendere l’Ucraina vuol dire oggi difendere l’interesse nazionale italiano, perché la caduta dell’Ucraina porterebbe al crollo del diritto internazionale”. Un sostegno che si sta rivelando centrale anche a seguito dei recenti sviluppi interni in Russia, in cui è stata completamente smontata quella “narrazione russa secondo la quale in Ucraina stia andando tutto secondo i piani”.
In tema di governance, Meloni, oltre a rimarcare il fatto che non è “utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna su alcuni strumenti finanziari come ad esempio il MES”, sottolinea: “Il governo italiano deve avere come principale obiettivo il sostegno alla crescita, perché senza sostegno alla crescita non si può neanche garantire stabilità. La riforma a nostro avviso deve garantire il sostegno agli investimenti nei settori strategici e deve prevedere procedure semplificate e veloci per le nostre imprese. L’interesse dell’Italia oggi è affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con un approccio a pacchetto, nel quale le regole del patto di stabilità, completamento dell’unione bancaria e meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutano nel loro complesso nel rispetto del nostro interesse nazionale.”
Infine, per quanto riguarda la difesa dei confini esterni, che rimane per l’Europa un “aspetto fondamentale” da affrontare, l’impegno è quello di “stroncare il traffico di essere umani che continua a mietere vittime nel Mediterraneo”. L’impegno italiano da solo è ovviamente insufficiente a far fronte ad una sfida che, lo scorso febbraio, è stata riconosciuta dallo stesso Consiglio Ue come sfida europea e che dunque “richiede risposte europee”. Il premier conferma la semplice ma non scontata formula secondo la quale “se non si affronta a monte il tema della difesa dei confini esterni dell’Unione Europea, se non si contrasta l’immigrazione illegale prima che giunga sulle nostre coste, è impossibile realizzare una politica di migrazione e di asilo giusta ed efficace”. È quindi evidente come non si debba “gestire l’immigrazione illegale ma contrastarla”, coinvolgendo anche e soprattutto organismi quali quello dell’Unione africana in tutti i fori internazionali. Infatti, per contrastare questo drammatico fenomeno bisogna lavorare sulla “stabilità dei paesi dell’Africa”, che è “anche un problema del nostro continente”. Da qui l’impegno del nostro Paese per coniugare “la lotta ai trafficanti con politiche di sviluppo”, così da arrivare a dei risultati “strutturali e duraturi” e anche per non far divenire l’Italia “il campo profughi dell’Europa”, tutelando quindi allo stesso tempo l’interesse della nostra Nazione e costruendo un approccio differente, non predatorio, ma paritario, in grado di portare benefici reciproci a entrambe le sponde del Mediterraneo.
Il Presidente del Consiglio conclude facendo un breve ma cristallino bilancio sul ‘nuovo’ ruolo dell’Italia e sui risultati dei primi otto mesi di Governo Meloni: “L’Italia in tutti i consessi europei e internazionali viene oggi riconosciuta come una nazione solida, credibile, affidabile, forte delle sue ragioni e dei suoi interessi. Forte della sua tradizione di dialogo e del suo ruolo geopolitico, nonostante chi ipotizzava che un’Italia a guida centro destra sarebbe stata isolata a livello internazionale. I risultati anche stavolta smentiscono i pronostici e ci responsabilizzano a fare sempre di più, a fare sempre meglio, consapevoli che un’Italia forte e credibile fuori dai confini nazionali significa soprattutto un’Italia capace di affermare gli interessi e i bisogni dei suoi cittadini”.
Apprezzo ed ammiro la fermezza e la pacatezza con cui Giorgia difende l’interesse nazionale e quello europeo (sì, anche quello europeo) sui temi della difesa dalle aggressioni militari e dell’immigrazione clandestina.
E su quest’ultimo punto, già che scrivo sulla nostra pubblicazione e non su quella di altri con idee diverse, mi permetto di aggiungere quello che già sappiamo, ma che ogni tanto bisogna pur dire: non è solo questione di lotta ai trafficanti, è questione che in una Nazione entra chi la Nazione decide che entri, non chi vuole entrare.
Possiamo essere noi italiani che veniamo incontro a tanti postulanti e decidiamo di accogliere, ma non gli altri a decidere di entrare, qualunque sia la loro pur terribile condizione.
Quindi, va bene salvare vite in mare o altrove, ma una volta salvati e rifocillati li dobbiamo riportare là da dove sono partiti.
Non si può venire meno a questo principio.
Come dice un proverbio brutale ma vero, il medico pietoso fa la piaga purulenta.
E in Italia abbiamo già fin troppo le conseguenza di questa pietà interessata: disgraziati entrati illegalmente o la cui entrata illegale è tollerata arruolati dalla malavita, da avventurieri che li sfruttano per pochi spiccioli sottraendosi a contratti legali, sedicenti organizzazioni benefiche che lucrano su contributi, ed ogni forma di sfruttamento che specula sulla miseria di persone il cui ingresso illegale è stato tollerato.
Riusciremo a dire tutto questo apertamente, senza giri di parole? Nella mia piccolissima esperienza è il pensiero della maggioranza di chi conosco.
Con affetto
A.