L’atteggiamento assunto dalla Casa Bianca nei confronti dei suoi tradizionali alleati europei non può che sollevare perplessità tra le élite politiche dei paesi del Vecchio Continente. Proprio gli USA, ovvero il paese che rivendica la leadership mondiale, con annessi onori ed inevitabili oneri, nel corso di questi mesi, non solo è sembrato isolarsi dai suoi partner, ma ha persino esercitato forti pressioni sulle aziende farmaceutiche allo scopo di assicurarsi abbondanti quantitativi di vaccini anti-covid, anche a scapito dei propri alleati. Il risultato, in molti paesi europei, è stato l’emergere di un certo risentimento anti-americano, innescato dal panico che ha pervaso le cancellerie e le opinioni pubbliche di fronte alla carenza di approvvigionamenti di dosi di vaccino rispetto ai quantitativi richiesti, e un radicale mutamento della percezione degli Stati Uniti nell’immaginario collettivo, passati da “salvatori e liberatori” a truci “poliziotti globali”, capaci persino di mettere in atto piccole “estorsioni” a danno degli altri paesi occidentali.
Quando nel 2017 Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali al grido di “America First”, molti in Europa avevano tirato un sospiro di sollievo. Sembrava finalmente che fosse stata messa da parte l’idea di “esportare la democrazia”, grazie alla presenza alla guida della Casa Bianca di un pragmatico uomo d’affari, desideroso innanzitutto di intrattenere con amici e avversari rapporti commerciali quanto più proficui possibile per il proprio paese. Le cose non sono andate esattamente così e si sono aggravate con l’avvento della pandemia, allorchè il “pragmatismo” ha corso di pari passo con una certa approssimazione e volatilità nelle scelte dell’establishment. All’inizio della crisi Washington è stata capace prima di scontrarsi con l’OMS fino al punto di rompere, salvo poi dimostrare una bassa capacità di mobilitare le proprie risorse per fronteggiare l’evento pandemico. Il mondo intero ha così potuto verificare le gravi insufficienze del sistema sanitario americano, che neanche l’Obamacare era riuscito a colmare.
E’, poi, cominciata la “corsa al vaccino” e la relativa infowar. Washington e Londra hanno, sin dall’inizio, provveduto a sabotare, di fatto, gli accordi del sistema COVAX, finalizzato a rifornire di vaccini gli Stati non in grado di produrli autonomamente. La giustificazione è stata la scarsità di dosi disponibili anche per USA e Gran Bretagna. Eppure una simile posizione finisce per essere un danno per tutti: meno equamente i vaccini vengono distribuiti e somministrati, più a lungo il mondo intero dovrà subire le limitazioni e le restrizioni dovute alla pandemia, con il prolungamento della recessione economica. E’ interessante notare come l’avvicendamento tra Trump e Biden non abbia modificato in modo sostanziale l’approccio americano alla pandemia. Moderna e Pfizer, e i loro specifici interessi ,continuano ad influenzare la politica statunitense a scapito di altri vaccini più economici ed efficaci, così come non è mutato il disinteresse per l’assistenza medica alle nazioni povere. In compenso l’entourage di Biden ha lanciato segnali concreti di voler ricominciare ad “esportare democrazia”. Questa impostazione ha offerto spazi geopolitici immensi alla Russia e alla Cina, che hanno cominciato a siglare accordi con decine di paesi per rifornirli con i propri vaccini (Sputnik e Sinovac).
Tuttavia l’apparente debolezza americana nella lotta alla pandemia non deve trarre in inganno. Washington strizza l’occhio all’insofferenza di quella parte della popolazione statunitense che non sembra più disponibile a sostenere gli oneri legati alla posizione di potenza egemone a scapito dei propri interessi immediati. La mancata assistenza medica a favore dell’Italia, ad esempio, all’inizio della pandemia fu una scelta calcolata, dovuta alla consapevolezza che l’invio di un corpo di medici militari in Europa di certo non avrebbe arrestato l’epidemia, mentre avrebbe scatenato l’indignazione dell’opinione pubblica alle prese con le inefficienze e le diseguaglianze del proprio sistema sanitario. Quanto ai vaccini, un atteggiamento più generoso nei confronti delle esigenze globali produrrebbe davvero una maggiore capacità di influenza da parte di Washington sul resto del mondo? Probabilmente no.
Sono altri i fattori su cui gli USA continuano a basare la propria superiorità strategica: da una parte il controllo politico, ancora fortissimo, esercitato sull’Europa, ovvero la porzione di mondo più ricca e progredita, dall’altra l’irraggiungibile capacità delle proprie forze armate, impegnate sempre di più ad esibire la propria potenza in manovre militari programmate in ogni angolo del pianeta.
Nessuna sopraggiunta debolezza americana, dunque, solo un egoismo calcolato, volto a contenere al massimo i costi connessi alla lotta alla pandemia.