Ennesima sentenza contro i DPCM di Conte: commensali durante il Covid assolti perché il fatto non è reato

I fatti non costituiscono reato: è questa la motivazione che ha portato il Tribunale di Modena ad assolvere i quattordici imputati. I fatti risalgono al 16 gennaio 2021 quando il titolare di una pizzeria a Sassuolo e altri tredici clienti violarono deliberatamente le disposizioni del governo giallo-rosso, preferendo piuttosto aprire il locale e iniziare la cena. I quattordici vennero identificati, sanzionati e scattò la denuncia penale.

Il decreto che ristoratore e clienti non aveva esitato a violare era l’ennesimo DPCM emanato due giorni prima dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte con cui si dividevano le Regioni con diversi colori in base ai quali erano previste direttive diverse: in quei giorni l’Emilia Romagna era zona gialla, che equivaleva a bar e locali aperti fino alle 18 con un massimo di quattro persone sedute per tavola. Fu indiscutibilmente un periodo di grande confusione, con DPCM che venivano emanati all’ordine del giorno con disposizioni sempre nuove. Intanto gli italiani soffrivano carenza di certezze e penuria di mezzi: gli aiuti economici dal governo per affrontare chiusure durate anche mesi non si vedevano, gli imprenditori erano alla canna del gas, i cassintegrati tardavano a ricevere il sussidio. Era questo il contesto provocato dalla fallimentare gestione della pandemia targata Cinque Stelle. E intanto qualsiasi tentativo di ribellione veniva soppresso: è il caso dei ristoratori che, appena concluso il primo lockdown, si riunirono a Milano (in pochi, con mascherine e a distanza di sicurezza) per protestare contro la cattiva gestione del governo; nessuna risposta se non quella autoritaria: sanzioni da 400 euro per i manifestanti. Ed è il caso anche della pizzeria di Sassuolo che, questa volta in aperta violazione con i DPCM, si rifaceva al movimento #IoApro, formato dai ristoratori che protestavano contro i decreti anti-Covid, in un contesto che vedeva i lavoratori del comparto alberghiero e turistico come i più vessati: dopo anni di alta tassazione, insomma, anche la beffa del Covid.

Dal marzo del 2020 i DPCM – i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri emanati senza voto parlamentare – sono diventati quasi un cult negli anni della pandemia, con milioni di persone che aspettavano attaccati alla Tv le sempre nuove disposizioni volute dal presidente Conte da cui sarebbe dipesa la loro vita dei giorni seguenti. Inutili furono le critiche di chi contestava l’abuso dei DPCM in quanto semplici atti amministrativi senza forza di legge, inadatti dunque alle limitazioni delle libertà personali messe in atto in quei mesi: critiche che provenivano sia dal mondo della politica, sia dal mondo giuridico, con le numerose sentenze che, già dall’estate 2020, consideravano illegittime le limitazioni volute dal governo. “Tali illegittime misure di sanità pubblica – si leggeva in una sentenza di luglio 2020 emanata dal Giudice di Pace di Frosinone – sono state adottate dai DPCM sul modello di quelle adottate da Stati non democratici come la Cina, che hanno un ordinamento costituzionale autoritario”: da lì una caterva di sentenze contro i DPCM del genere e anche contro la misura del coprifuoco, contrastato per la stessa motivazione. Ma, nonostante il Comitato tecnico-scientifico avesse optato per diversi livelli di chiusure per le varie Regioni d’Italia, opzione emersa anche da uno studio pubblicato da Fratelli d’Italia e basato sui numeri delle infezioni in cui emergeva l’illogicità della scelta di un lockdown duro e uguale per tutte le zone d’Italia che vivevano, viceversa, situazioni differenti; nonostante tutto ciò, dunque, se pur si vuole ammettere un certo grado di scusabilità al governo Conte con riferimento alla prima imprevista ondata di Covid che ha richiesto scelte repentine, la perseveranza con cui Conte ha insistito sui DPCM non poteva più scusarsi dopo l’estate 2020, quando una nuova ondata era attesa già da tempo ma nulla fu fatto in favore delle classi più danneggiate dalla pandemia.

Ed è proprio in merito a questo che arriva la sentenza del Tribunale di Modena: il giudice ha limitato le normative contenute in quel DPCM del 14 gennaio 2021 e nei DPCM di quella seconda fase della pandemia, circoscrivendo gli obblighi contenuti in essi soltanto per chi era affetto da Covid. Questa è solo l’ultima di una lunga serie di batoste per il governo giallo-rosso che, oltre alle disastrose misure sedicenti contro la povertà e per un rifacimento “gratuito” degli esterni, verrà ricordato dai posteri anche come quello della malagestione della pandemia.

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