Non è nemmeno il primo caso. La legge sul reddito di cittadinanza non ha fatto in tempo ad essere varata, che già arrivano i primi inghippi.
Il furbetto di turno ha 52 anni, è ufficialmente disoccupato, ma in realtà lavora in nero in un cantiere edile, a Palermo. Quando è stato il momento, ha presentato la sua bella domandina per il reddito di cittadinanza, e con qualche necessaria omissione, lo ha ottenuto. La sua sfiga, a ben vedere, è stata determinata dal fatto che la legge sul reddito di cittadinanza è recentissima, quindi sono ancora pochi coloro che hanno cominciato ad ottenere i benefici, e perciò è abbastanza semplice controllare che siano in regola.
Non deve averci pensato il 52enne in questione, che invece è stato subito sorpreso dai militari della stazione di Partanna Mondello nel corso di un controllo condotto insieme agli uomini del Nucleo Ispettorato del lavoro, nell’ambito di una serie di verifiche proprio sulla regolarità delle posizioni dei percettori dell’assegno.
L’uomo aveva ottenuto un assegno mensile di 300 euro che così, secondo lui, avrebbe integrato quello che si guadagnava in un cantiere edile di Sferracavallo, borgata marinara palermitana, dove con la ditta che lo aveva assunto in nero, stava partecipava alla ristrutturazione di un edificio. La ditta per la verità, non aveva nemmeno l’iscrizione alla Camera di commercio, così il titolare della stessa è stato anche lui denunciato per “omessa visita medica e formazione del personale, mancata redazione del piano operativo di sicurezza e nomina del medico competente”, e scusate se è poco.
Così, mentre alla ditta veniva notificato il provvedimento di sospensione dell’attività, all’operaio veniva sequestrata la carta acquisti del reddito di cittadinanza, in più i due – operaio e datore di lavoro – saranno chiamati a pagare sanzioni per 7.200 euro e ammende ancora da quantificare, ma stimate intorno ai 60mila euro.
In realtà, quello del 52enne è il secondo caso di indebita percezione individuato in una manciata di giorni in Sicilia. Il primo caso, per quello che se ne sa, riguarderebbe una coppia di coniugi in un comune delle Madonie, sempre nella zona del palermitano. Sia moglie che marito, con modesti e instabili lavori in nero, avevano fatto richiesta per il reddito di cittadinanza, senza però evidenziare i pochi soldi che percepivano. Al momento però di percepire l’assegno, erano saltati fuori i modestissimi redditi preesistenti. Da qui le sanzioni ancora da quantificare.
Se da una parte fa arrabbiare questo atteggiamento così tipico degli italiani di approfittarsi subito dello Stato, senza nessun rispetto né coscienza civica, nei casi specifici ci sembra davvero un po’ tutta una beffa. Si parla qui di persone prive di un vero lavoro, assunte in nero e probabilmente sfruttate da datori di lavoro che non sempre sono carogne, ma qualche volta vittime delle situazioni e della povertà loro stessi. L’idea di “rubacchiare” 300 euro al mese per integrare uno stipendio magari da 600 euro più che un reato ci appare come un singhiozzo, un lamento di povertà. Più giustificato, senz’altro, di quando un giudice nostrano ha mandato assolto uno spacciatore magrebino perché “l’uomo non aveva altri mezzi di sostentamento e in qualche modo doveva pure mangiare”…
Tornando invece a chi ha avuto l’idea del reddito di cittadinanza, una volta di più dobbiamo dire che ha sbagliato su tutta la linea. Non servono queste elemosine, serve il lavoro, quello vero, in regola ed equamente retribuito. Oppure Di Maio è davvero convinto che regalando 300 euro al mese a un povero disgraziato che non ha altro, ha sconfitto la povertà, come dichiarava inebriato?