Franceschini, una proposta fallace e demagogica per le donne

Problemi giuridici, politici e di genere. Ma non è Franceschini a decidere cosa vogliono le donne

L’annuncio è di ieri, ed è ancora l’ultimo dei tweet di Dario Franceschini su X: “Ai figli solo il cognome della madre. Anziché creare infiniti problemi con la gestione dei doppi cognomi, dopo secoli in cui i figli hanno preso il cognome del padre, stabiliamo che dalla nuova legge prenderanno il solo il cognome della madre. È una cosa semplice ed anche un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico ma è stata una delle fonti culturali delle disuguaglianze di genere”. ‘Ma il cognome della madre, non è quello di suo padre?’, ha già fatto notare qualcuno.

La proposta dell’ex ministro della Cultura arriva giustappunto per aprire una nuova discussione evitabile, dopo che la sinistra ha di fatto perso la discussione sul manifesto di Ventotene, una battaglia identitaria che ha riscosso poco successo (basta vedere la bassa partecipazione alla scampagnata sull’isola e il calo nei sondaggi per il Pd che ha fatto seguito). Potremmo definirla una distrazione di massa, specialmente dall’ultimo video inedito mandato in onda a DiMartedì in cui si vede Romano Prodi strattonare i capelli della giornalista di Quarta Repubblica, davanti a un Massimo Giannini attonito, che pure aveva difeso il fondatore dell’Ulivo e che ha dovuto fare evidentemente un passo indietro.

Ma entriamo nel merito della proposta, che sembra l’ennesima trovata per ingraziarsi il favore delle femministe più incallite. Partiamo dal fatto che, rispetto al passato, anche recente, dal 2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’attribuzione automatica del cognome paterno ai figli. Oggigiorno è possibile che sia unicamente la madre a cedere il suo cognome e, in caso di disaccordo tra i genitori, non prevarrà automaticamente il cognome paterno, ma sarà il giudice a decidere. Franceschini si propone di risolvere gli “infiniti problemi” che nascono dai doppi cognomi, senza sapere che, con la sua proposta, cambierebbe soltanto l’ordine degli addendi senza far cambiare il risultato. Se esistono problemi, o meglio, nei casi in cui esistono problemi sull’attribuzione dei cognomi ai figli, questi non verranno risolti dall’obbligatorietà di quello materno, perché semplicemente non risolverebbe alcun conflitto.

Analizzando, poi, l’aspetto della cosiddetta “ingiustizia secolare”, si può dire che proprio in virtù di quella sentenza, la Corte Costituzionale sia riuscita a ricucire un gap tra sesso maschile e sesso femminile che era intrinseco nella legislazione di questa materia malgrado il dettato costituzionale disponesse diversamente da decenni. In pratica, la Consulta è riuscita a garantire una uguaglianza formale tra i sessi che potrà tramutarsi in uguaglianza sostanziale a partire dalle prossime generazioni. E se questo non accadrà, vorrà dire che probabilmente la trasmissione del cognome materno non era la priorità delle donne italiane. E non sarà certo Franceschini a decidere le priorità del sesso femminile.

C’è un’altra, ulteriore fallacia nella proposta di Franceschini: siamo tornati al periodo in cui le rivendicazioni delle donne vengono proposte da uomini, calate dall’alto, quasi in modo paternalistico. Un contentino. È evidentemente così che funziona in un partito che ha da sempre favorito le donne quando a capo di tutto c’era un uomo e che ha scelto una leadership femminile (pardon, femminista…) solo e soltanto in risposta a quella di Fratelli d’Italia, che ha scelto Giorgia Meloni come suo presidente fin dalla sua fondazione.

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