Geo Barents, il Consiglio di Stato colpisce ancora: il Viminale decide i porti e l’ONG resta a bocca asciutta

La Geo Barents, la nave di Medici Senza Frontiere, incassa un altro colpo da ko. Il Consiglio di Stato oggi ha detto “no” al suo ricorso e “sì” al Viminale, stabilendo che il “porto sicuro” per i migranti lo sceglie il Ministero dell’Interno, non chi naviga in mare a salvare vite. E attenzione: non è detto che sia il porto più vicino, ma quello che funziona meglio per logistica, sicurezza e accoglienza. Insomma, il governo mette le reglas e le ONG devono giocare secondo le sue regole.

Rewind veloce, per chi si è perso i drama passati. La Geo Barents negli ultimi tempi non se l’è passata bene: nel 2024 si è presa un fermo di 60 giorni – tipo un “timeout” forzato – per aver infranto il decreto Piantedosi. Colpa? Soccorsi multipli senza il via libera delle autorità e un po’ di caos con la Guardia Costiera libica. Risultato: MSF costretta a dire “ci fermiamo un attimo”, con la nave bloccata e un dispiacere bello grosso da mandare giù. A dicembre 2024, l’ONG aveva persino annunciato una pausa: troppi porti lontani, troppi costi, troppe complicazioni. E ora? Il Consiglio di Stato ha deciso di dare un’altra stoccata: “Caro MSF, il Viminale ha ragione, punto”.

Cosa dice la sentenza? Che il porto sicuro (o POS, per chi ama le sigle) non è una scelta a caso. Ci vogliono strategia e criterio: capacità delle strutture, ordine pubblico, gestione dei flussi migratori. A decidere è il Ministero, insieme alle Capitanerie di Porto, per evitare che tutto diventi un caos ingestibile. Il Viminale tira un sospiro di sollievo e si gode la vittoria: gli sbarchi, dicono, ora sono più organizzati, con arrivi distribuiti senza sovraccaricare le solite zone.

Per la Geo Barents, invece, è un momento amaro. MSF, che da sempre batte sul diritto di salvare chi rischia la vita in mare, si ritrova con le mani legate. Porti lontani come Genova al posto di Lampedusa? Fatto. Stop forzati che pesano sul budget? Anche quelli. Fare soccorso in mare, con queste regole, è come correre una maratona con i pesi alle caviglie. E infatti l’ONG sta pensando a soluzioni alternative, tipo navi più piccole, ma il messaggio è chiaro: per ora, devono adattarsi o restare a guardare.

Qui si apre il dibattito: c’è chi applaude il governo per aver messo ordine, e chi invece pensa che così si lasciano più persone in balia del mare. È una mossa intelligente per gestire gli arrivi o un ostacolo a chi vuole salvare vite? Diteci la vostra, che la questione scotta e riguarda tutti – sì, pure te che stai leggendo con le cuffiette mentre aspetti l’autobus.


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Leo Valerio Paggi
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Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

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