Dai flussi migratori agli extraprofitti delle banche: nell’intervista che Giorgia Meloni rilascia a Il Sole 24 Ore ci sono tutte le risposte sui temi caldi di questa, oramai passata, estate.
Tornata a Palazzo Chigi il premier ha le idee ben chiare per procedere verso il nuovo anno e per affrontare il suo primo giro di boa.
Fondamentali sono le relazioni: con l’Europa, con l’estero, con gli altri partiti.
Partendo dalla politica estera, che ha un ruolo chiave nel progetto che sta portando avanti Giorgia Meloni, nel corso dell’intervista viene ribadito come la politica estera non si fa “per rafforzare il proprio partito, ma si fa per rafforzare la propria nazione”. Mettendo così definitivamente a tacere chi ancora si sorprende delle buone relazioni che intercorrono tra Italia e Usa o, ancora di più, tra Italia e Cina. In particolare su quest’ultimo dossier, il premier ha tenuto a precisare come l’accordo della Via della Seta non comporti necessariamente un diretto miglioramento o peggioramento degli interscambi commerciali; l’obiettivo per il futuro è quello di “parlare con serenità ed amicizia con il governo cinese”.
Sul fronte interno Meloni parla del rapporto tra i partiti di maggioranza, che capiscono “di avere la responsabilità di un governo che può durare a lungo”, per cui “nessuno metterà a repentaglio tutto questo per un punto percentuale alle europee”. Scontato, verrebbe da dire a chi è ancora in dubbio sulla tenuta della maggioranza.
Sempre facendo riferimento alle questioni di politica interna, il Presidente del Consiglio ha passato in rassegna il tema dei flussi migratori, degli extraprofitti per le banche, del salario minimo e delle violenze sessuali degli ultimi giorni. Temi difficilmente sintetizzabili in poche righe, ma sui quali la premier ha una visione lucida e puntuale.
Sul tema migranti “il cambio di passo c’è, perché oggi l’Ue discute prima di come contrastare l’immigrazione illegale sulle rotte mediterranee e poi di come distribuire i migranti”, così come un cambiamento si sta vedendo in Italia, sebbene ci sia una forte pressione e il premier capisca che “gli italiani chiedano risposte immediate”. Tra le prime risposte c’è quindi, oltre alle misure già approvate da tempo, anche la convocazione permanente del Comitato per la sicurezza pubblica, convocato dalla premier per lunedì.
Tra gli obiettivi c’è poi, sicuramente, quello “del taglio del cuneo fiscale”, collegato più o meno direttamente a quello che ad oggi è a tutti gli effetti il cavallo di battaglia di Schlein e compagni: il salario minimo. Su questo Giorgia Meloni ha risposto: “Sono molto colpita per il fatto che l’opposizione dopo aver governato per dieci anni, consideri oggi il salario minimo la panacea di tutti i mali”, aggiungendo che il timore sul salario minimo è legato al fatto che esso possa indurre molte aziende “ad uscire dalla contrattazione nazionale”, il che “sarebbe paradossale, peggiorando così i salari di chi già ora guadagna più di nove euro”. Per il governo, ad oggi, il posto giusto per cercare una soluzione è il Cnel, tanto da avergli affidato tale compito già qualche giorno fa, chiedendo delle ‘proposte concrete’ da far arrivare nelle prossime settimane.
Rimanendo in tema economico, Giorgia Meloni ha sottolineato che quando si parla della tassazione sugli extraprofitti delle banche, non si tratta di ‘tassare la ricchezza guadagnata’, quanto piuttosto di “non difendere le rendite di posizione”.
“Io non tasserò mai il legittimo profitto imprenditoriale e agirò sempre per aiutare a creare ricchezza”, ha concluso.
Infine, problema sicurezza. Alla domanda in cui si cita l’assenza dello Stato in tante aree del paese, il presidente risponde: “Se lo stato viene percepito come distante, ci deve essere”.
I dossier che dovrà affrontare Palazzo Chigi sono molti e molto complessi. C’è sicuramente del lavoro da fare, ma alla vigilia del primo giro di boa di questo Governo i risultati non sono mancati e, se la tenuta rimarrà la stessa, c’è buona probabilità che i problemi che affliggono oggi questo paese possano domani essere archiviati o quantomeno inseriti nell’agenda politica non più come questioni emergenziali, ma ordinarie.