Oggi è il giorno delle riforme sulla giustizia e il Consiglio dei Ministri è in procinto di trattare le spinose questioni della riforma del processo penale. Da un lato incombe l’Europa, che mette premura per scucire i denari del recovery, dall’altro montano i malumori dei cinque stelle, che tendono alla conservazione della mostruosa riforma Bonafede sulla prescrizione. Nel mezzo il Ministro Cartabia, che compulsata da Draghi che spinge come una locomotiva sbuffante, tenta vanamente di rabbonire i colleghi pentastellati semplicemente cambiando nome alla prescrizione. Sì va bene la riforma Bonafede, la prescrizione si sospende, ma in appello il processo dopo due anni diventa “improcedibile”. Pare però che i grillini non siano cascati nel tranello linguistico e ricordano che sono caduti ben due governi su questa roba, che non cada anche il terzo?
Tuttavia i problemi non si fermano qui, perché se il tema prescrizione è un tema che scotta, la riforma dell’ordinamento giudiziario non sarà da meno. Dopo la vicenda Palamara, per quanto lo scandalo sia stato artatamente attutito dall’apparato mediatico, il tema delle elezioni del CSM e le derive correntizie nella magistratura dovranno essere affrontate con grande cautela.
Uno degli obiettivi dichiarati: restituire alla magistratura la credibilità perduta, contenendo l’influenza delle correnti e le suggestioni della politica. Per fare questo la riforma si propone di rivedere il sistema elettivo del CSM, con l’introduzione di un complicato sistema di “voto singolo trasferibile”, che dovrebbe, a dire del Ministro, valorizzare la scelta degli elettori eliminando le distorsioni del voto inutile.
Ma in disparte la capziosità della riforma, che suona come una sciarada e che sinceramente non rende chiaro come dovrebbe essere ridimensionato l’apporto correntizio, ciò che emerge prepotentemente è l’istinto di gattopardesca conservazione del sistema. Tutto deve cambiare perché nulla cambi ed allora, l’unico metodo di individuazione dei consiglieri che avrebbe davvero potuto arginare le disfunzioni, ossia il sistema del sorteggio per i componenti del CSM, non è stato minimamente preso in considerazione.
Anzi è di stamane una dichiarazione scioccante del vice presidente del CSM Ermini, che in un’intervista a Radio 24 testualmente ha affermato di non essere convinto della validità del sorteggio, perché con il sorteggio si crea un “problema di punto di riferimento, una volta che uno è stato sorteggiato sostanzialmente non rende conto a nessuno” (sic!). Purtroppo occorre rammentare ad Ermini che i magistrati non devono rendere conto a nessuno, che debbono rispondere solo alla Costituzione, che non debbono avere alcun punto di riferimento all’interno dell’ordine magistratuale, tantomeno se questo punto di riferimento è un’aggregazione correntizia che ne mina quella stessa autonomia indipendenza a cui si fa tanto spesso appello.
Ermini, vice di Mattarella a capo del Consiglio Superiore della Magistratura, eletto in piena epoca Palamara, dunque nell’esercizio delle funzioni che ricopre figlio delle stesse logiche a cui oggi si vuole porre rimedio, con un candore imbarazzante riferisce che è necessario che un consigliere sia eletto e non sorteggiato al CSM altrimenti lo si priva di un punto di riferimento e lo si rende autonomo.
Dichiarazione che conferma pienamente che solo il sorteggio, caldeggiato fortemente da Fratelli d’Italia, avrebbe potuto spezzare il metodo malato di permuta dei voti e di accordi a pacchetto sulle nomine ed evidentemente proprio per la sua risolutività, è stato affossato e trattato alla stregua di una ingenua proposta anticostituzionale.
Ebbene, vedremo che ne sarà della riforma dell’ordinamento giudiziario, vedremo come tenteranno di sbrogliare la matassa in questa legislatura, con l’unica certezza che solo un nuovo Governo, stavolta legittimato dal voto popolare e non costruito nel palazzo, potrà prendersi in carico la forte responsabilità di chiudere con il passato e di ridisegnare dalle fondamenta un sistema profondamente malato.