La riforma della giustizia va avanti. Proseguono i lavori perché si tratta di una riforma necessaria, perché i cittadini, scegliendo il centrodestra, hanno scelto anche il suo programma nel quale essa compare chiaramente. La magistratura persevera con il muso duro, a suon di coccarde tricolori, esposizioni di Costituzioni e scioperi, quasi rifiutando il fatto che la giustizia può essere riformata dal Parlamento se lo chiedono i cittadini. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, continua invece ad aprire al dialogo. Nei prossimi giorni, incontrerà i membri dell’Associazione nazionale magistrati. Lo farà “con uno spirito aperto, con grande rispetto” ha detto a XXI Secolo, intervistata ieri sera su Rai1. “Ho cominciato a fare politica quando hanno ucciso un giudice, un magistrato” ha ricordato Meloni, a riprova del fatto che “io per la magistratura ho un rispetto enorme”. Dunque, ancora una volta i chiarimenti: “Questa non è una riforma fatta contro qualcuno, ma è una riforma secondo me necessaria per far funzionare meglio la giustizia”. Non c’è spazio per i “toni apocalittici” che la premier reputa “assolutamente fuori luogo”. Non c’è alcun disegno contro la magistratura, e Meloni è stata chiara: “Sono disposta a confrontarmi. Sono aperta, sono disponibile, e penso che possa essere utile a riportare il confronto nell’alveo nel quale deve stare, al di là delle posizioni che possono certamente essere differenti”.
“Liberiamo la magistratura da condizionamenti politici”
L’invito chiaro a certa magistratura, ma anche alle opposizioni, è stato quello di evitare toni esasperati. Quei toni allarmistici a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, durante i quali i magistrati hanno protestato fortemente contro il governo, arrivando persino a lasciare l’Aula poco prima dell’intervento del guardasigilli, Carlo Nordio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Roma. Il pericolo millantato riguarderebbe la presunta sottoposizione dei pubblici ministeri al potere esecutivo. “Questo è un processo alle intenzioni…” ironizza Meloni, che ha chiarito qual è il vero scopo della riforma: non solo la volontà non è quella di sottoporre i pm al potere politico, ma è opposta, quella cioè di eliminare l’ingerenza della politica e la divisione in correnti. “La riforma – ha spiegato la premier – prevede che per esempio il Parlamento non decide più i membri del Csm. Quindi casomai io sto togliendo il controllo della politica sul Consiglio Superiore della Magistratura, ma anche sul controllo politico delle correnti della magistratura politicizzata”. L’intenzione, ha specificato, è quindi “liberare la magistratura da tutti i possibili condizionamenti politici che mi pare una cosa buona per la stragrande maggioranza, per la quasi totalità dei magistrati che vogliono semplicemente fare bene il loro lavoro e non dover per questo sottostare alle logiche correntizie”.
“Con il premierato diamo stabilità alla Nazione”
Parlando di riforme, Meloni ha risposto anche ai quesiti sul premierato: “Siamo assolutamente determinati ad andare avanti con le riforme che abbiamo proposto per questa Nazione. La riforma del premierato non è una riforma che io sto facendo perché ritengo che sia utile a questo governo, penso che sia una riforma necessaria per chi verrà dopo di noi”. Una riforma che dota il potere esecutivo di maggiore stabilità, che metterebbe fine a una partitocrazia che invece ha avuto la meglio per troppi anni. “Penso che sia una riforma necessaria per l’Italia – ha specificato Meloni – perché” porta due migliorie difficili da contestare: “Rimette il potere di scelta nelle mani dei cittadini” e soprattutto “viene dato il tempo di realizzare la visione che i cittadini hanno chiesto di realizzare”. La parola chiave è dunque una: “Stabilità”. Stabilità che “oggi è l’elemento di maggiore forza che noi abbiamo in Italia”. Stabilità vuol dire essere credibile a livello internazionale, essere ascoltato, con la possibilità dell’interlocutore estero di sapere che si avrà il tempo a disposizione per creare una collaborazione duratura senza variazioni improvvise. Significa anche possibilità di realizzare una strategia economica, finanziaria, industriale, che dia certezza al comparto produttivo, agli investitori. Una strategia che “ti dà la possibilità di non gettare i soldi dalla finestra per comprare consenso facile e immediato”.