“Una giustizia filo Ong”: questo il titolo dell’inchiesta pubblicata ieri su Panorama e portata avanti dall’ottimo Fausto Biloslavo, giornalista e inviato di guerra attento alla questione migratoria nel Mediterraneo. E proprio di questo tratta il suo articolo: nello specifico, di come in realtà in Italia esista un intero sistema che rema contro i provvedimenti del Governo Meloni sull’immigrazione, al fine di aggirarli e di non applicarli, e di portare avanti – per così dire – lo “status quo della negligenza”, quello che per anni ha inteso non intervenire sulla questione dei flussi migratori, favorendo di fatto ingressi irregolari e cattiva gestione dell’accoglienza. Una “autorevole” fonte di Biloslavo, che “conosce i dettagli dei casi”, gli rivela infatti che gli avvocati delle Ong “hanno messo a punto un grimaldello legale per annullare i provvedimenti di fermo delle navi” sequestrate dai tribunali.
L’ultima sentenza di Crotone
Nella sua narrazione dei fatti, Biloslavo parte dalla fine, da una sentenza del Tribunale civile di Crotone risalente al 26 giugno scorso. Sentenza con la quale viene cancellato il fermo della nave Humanity 1, che aveva portato sulle coste italiane 77 nuovi migranti. I fatti, come viene raccontato, risalgono al marzo scorso, quando l’Ong veniva posta in fermo con l’accusa di aver operato in acque libiche senza autorizzazione delle autorità locali, mettendo in pericolo l’integrità dei migranti che, in uno schema classico, si sono gettati in mare per poter essere recuperati dalle imbarcazioni delle Ong. La sentenza di Crotone che scagiona la Sos Humanity però è chiara: “Allo stato attuale non è possibile considerare la Libia un posto sicuro”. Malgrado, come ricordato Biloslavo, l’intesa tra l’Italia e la Libia siglata nel 2017 e rinnovata alcuni mesi fa.
La questione del Consiglio di Stato
Quello del Tribunale di Crotone, però, è uno schema che era già stato seguito da altri organi, uno su tutti il Consiglio di Stato, che lo scorso 18 giugno si era espresso contrariamente in merito alla consegna di sei motovedette alla Tunisia in ottemperanza del Memorandum d’intesa siglato lo scorso anno tra Tunisi e l’Unione europea, sotto la spinta italiana. E anche in questo caso, la motivazione è data dall’impossibilità di dichiarare la Tunisia un Paese sicuro, pur andando contro (per altro) alla sentenza del Tar del Lazio che aveva già respinto il ricorso presentato dai legali di varie Ong. È veramente una giustizia “filo Ong”? I presupposti per parlarne, in effetti, ci sono, e sono anche abbastanza evidenti. Perché pur di stare dalla parte di Casarini and co. (contrastando, quindi, l’indirizzo politico dell’esecutivo), la giurisprudenza italiana sembra voler contrastare gli accordi siglati legittimamente con i Paesi terzi, screditando così anche il lavoro e il ruolo diplomatico dell’Unione europea, la quale, seguendo questa logica, sarebbe scesa a patti con regimi che non rispettano i diritti degli stranieri. D’altronde, il Consiglio di Stato ha fatto un passo indietro negli ultimi giorni, uniformando la sua sentenza a quella del Tar del Lazio: la Tunisia viene dichiarato Paese sicuro e le motovedette potranno essere consegnate.
L’offensiva giudiziaria
Ma, come detto, questi non sono casi isolati. Biloslavo parla di “offensiva giudiziaria delle Ong” contro, in sostanza, il decreto Piantedosi: il primo risultato viene conseguito a marzo quando, un mese dopo il fermo imposto alla Ocean Viking, il tribunale di Brindisi lo cancella, sotto le proteste di tutta la sinistra locale, dall’Anpi alla Cgil, fino alla Collettiva TransFemministaQueer. Tutti in campo contro il governo. Le motivazioni che hanno portato alla cancellazione del fermo? Il fatto che questo lederebbe diritti costituzionali come “la libera iniziativa economica (art. 41 Cost.), ma anche il diritto fondamentale alla manifestazione del proprio pensiero (art. 21) e quello all’associazione (art. 18), inibiti dal divieto di proseguire nella sua attività di soccorso in mare”. Scomodata addirittura la Costituzione. Da lì, tutto in discesa per le Ong: qualcosa di simile accade a Ragusa per la Sea Watch 5, a Reggio Calabria per la Sea Eye 4. “Quest’anno – scrive Biloslavo – solo a Massa Carrara il tribunale conferma lo stop per Geo Barents di Medici senza frontiere”, con i festeggiamenti delle organizzazioni umanitarie, che vedono e riconoscono nella magistratura italiana un valido alleato.
Tutto vero, senza paura di smentite basta analizzare i fatti.