“Gli assassini” del London Bridge

C’era Khan, esaltato dallo Stato islamico, pronto a fare una strage di nome di Allah, o dell’Isis, o di chiunque abbia in testa nella sua furia religiosa. E c’è James Ford, l’uomo che diventerà “l’eroe” del ponte per aver sottratto il grosso coltello che Khan brandiva. Ma…
Ma non sempre è tutt’oro quello che luce. Quando Usman Khan venerdì mattina piomba sul London Bridge, tra la folla che percorre il ponte in una luminosa giornata prima del prossimo Natale, non si pone il problema di chi incontrerà: per lui tutti quelli che incroceranno la sua strada sono possibili bersagli, infedeli la cui morte gli farà riconoscere crediti nel paradiso di Maometto, non appena lo raggiungerà.
E così, con i due lunghi coltelli che brandisce, va incontro al suo destino e a quello di Jack Merritt, 25enne di Cottenham, coordinatore del corso ‘Learning Together’, un programma rieducativo gestito dall’Istituto di Criminologia dell’Università di Cambridge che aveva organizzato una conferenza presso la Fishmonger’s Hall. Il giovane Merritt si occupava da sempre dei meno fortunati, e amava il suo lavoro tanto che suo padre, David, ha dichiarato in un tweet che suo figlio “non vorrebbe che dalla sua morte nascesse il pretesto per condanne draconiane o per arresti inutili”.
Usman Khan continua così il suo cammino di morte. Uccide una donna, poi ne ferisce gravemente altre due e colpisce un altro uomo. A questo punto, tre persone cercano di bloccarlo. Sono tre passanti, tre eroi diranno tutti dopo. Si tratta di Thomas Gray e di Stevie Hurst, che lavorano entrambi in Small Car Big City mentre l’altro è James Ford, 42 anni, e qui la storia è tutta diversa. Dopo qualche ora dai fatti, si scopre che James Ford si trovava in quel luogo proprio per la conferenza della facoltà di Criminologia, visto che è un condannato per omicidio. Ford è infatti un condannato all’ergastolo – con un minimo di 15 anni da scontare in prigione – dal 2004, quando è stato ritenuto responsabile dell’omicidio di una ragazza di 21 anni affetta però da difficoltà di apprendimento e con un’età mentale di una quindicenne. Il corpo della ragazza, Amanda Champion, era stato ritrovato in un terreno accidentato vicino alla sua casa ad Ashford, nel Kent, nel luglio del 2003. La ragazza era stata prima strangolata e poi le era stata tagliata la gola.
Dopo che la ragazza era scomparsa nel nulla, la polizia aveva a lungo brancolato nel buio, e le indagini non avevano dato risultati nemmeno dopo il ritrovamento del corpo. Le cose erano di colpo cambiate quando un lavoratore samaritano aveva infranto la rigida politica di riservatezza dell’organizzazione e aveva rivelato che Ford, un operaio di una fabbrica poco lontana e lottatore dilettante, durante una telefonata gli aveva detto: ‘Ho ucciso una ragazza’. Nel mese successivo all’assassinio di Amanda, Ford aveva telefonato altre 45 volte alla compagnia di beneficenza, dicendo al personale che aveva gravi problemi e una forte pulsione verso il suicidio. Dopo aver ricevuto la pesante confidenza di Ford, il lavoratore samaritano – che in seguito è stato costretto a lasciare il lavoro – aveva deciso di rivolgersi alla polizia.
Una volta chiarito il delitto, e assicurato Ford alla giustizia, la famiglia di Amanda ha ripetutamente tentato di bloccare la libertà condizionale di Ford, ma ha scoperto solo in seguito ai fatti di London Bridge che l’assassino della loro amata figlia era già stato rilasciato in semi-libertà. Fonti di Whitehall hanno confermato che Ford – che aveva scontato gli ultimi giorni della sua condanna all’HMP Standford Hill, una prigione aperta nel Kent – era ieri sul London Bridge. La zia di Amanda, Angela Cox, 65 anni, è rimasta scioccata e arrabbiata dopo aver ottenuto dalla polizia del Kent la conferma che l’uomo sul ponte era proprio quello che le avevano detto. Nonostante la parte avuta da Ford nel disarmo di Usman Khan, la Cox ha aggiunto: ‘Non è un eroe. È un assassino in uscita di giorno, di cui noi come famiglia non sapevamo nulla. Ha ucciso una ragazza disabile. Non è un eroe, assolutamente no. ‘L’ufficiale di collegamento di polizia mi ha chiamato dicendo che era in TV. Sono così arrabbiata. Lo hanno fatto uscire senza nemmeno dircelo. Tutta la mia famiglia avrebbe potuto essere a Londra e imbattersi in quest’uomo! … È stato un vero shock, una cosa orribile. Mi è stato detto: ‘Hai sentito parlare dell’incidente di Londra oggi?’ E io ho risposto di no. E allora mi è stato detto: ‘Accendi subito e vedrai James Ford in televisione.’ E poi ancora ‘ Non preoccuparti, non è lui che ha fatto nulla, è lì e viene classificato come un eroe. ‘ Essere definito un eroe! – non lo è, è un assassino a sangue freddo. E’ appena uscito di galera dove stata per aver ucciso una persona disabile. Non mi interessa quello che ha fatto oggi, è un assassino. È feccia. Amanda era mia nipote, lei era vulnerabile e lui le ha tolto la vita. Sapeva ciò che stava facendo. Le persone non cambiano ‘.
Ford, nemmeno durante il processo, ha mai rivelato il motivo per cui era arrivato a uccidere Amanda. Un giudice dopo la sentenza, gli disse: ‘Quello che hai fatto è stato un atto di malvagità. ‘Hai chiaramente un interesse per il macabro e anche un’ossessione per la morte. ‘Amanda si trovava a camminare attraverso quella zona del bosco nel momento sbagliato. L’hai afferrata, l’hai strangolata e le hai tagliato la gola, facendola soffrire una morte terribile e solitaria. ‘
Ford non aveva mai risposto nulla.

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RK Montanari
RK Montanarihttps://www.lavocedelpatriota.it
Viaggiatrice instancabile, appassionata di fantasy, innamorata della sua Italia.

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