Debutterà il 2 e 3 maggio al Teatro Rossetti di Trieste il recital “Gli occhi della guerra”. Lo annuncia sui social Fausto Biloslavo, che insieme al collega giornalista Gian Micalessin, ha realizzato quella che è stata una mostra ed un libro fotografico che documentano “vita, morte ed emozioni un quarant’anni di conflitti raccontati dalla prima linea” scrive Biloslavo. Ed ora diventa protagonista sulle assi di un palcoscenico.
“Gli occhi della guerra”, la cui rappresentativa ed intensa immagine simbolo è lo scatto che ritrae un bambino soldato, sono quelli di chi “ha già visto troppo. Lo sguardo terrorizzato di un prigioniero, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito, la paura dipinta sul volto dei civilil in fuga dalle bombe”. Sono, questi, “gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage in prima linea” è spiegato nella nota illustrativa della serata inserita nel sito del Politeama Rossetti.
Ma c’è di più, perché “gli occhi della guerra sono anche quelli di giornalisti, fotografi, cineoperatori fatalmente attratti da conflitti esotici, dimenticati o alle porte di casa”. Conflitti che Biloslavo e Micalessin hanno da sempre raccontato con equilibrio ed umanità, seguendo e portando avanti l’esempio del loro collega ed amico Almerigo Grilz, con il quale hanno iniziato l’avventura dei reportage dal fronte e che ha perso la vita il 19 maggio 1987 per documentare il conflitto in Mozambico.
I due giornalisti, a proposito del loro lavoro, ammettono che “talvolta non sappiamo starne lontani perché reportage e guerre non sono solo un mestiere ma la nostra vita e la nostra dannata, maledetta passione”. Una passione che li ha portati a raccontare per quarant’anni, sulla carta stampata o in televisione, le guerre peggiori in ogni parte del mondo, testimoniando, con efficacia, il lato oscuro dell’umanità. E non solo.
“Grazie al supporto di foto, video e audio” Biloslavo e Micalessin “porteranno i loro occhi della guerra sul palcoscenico del Politeama Rossetti”, trascinando “il pubblico nel cuore dei conflitti dove tutto è estremo, sia il male che il bene. E senza paraocchi parleranno del perché dei conflitti, facendo toccare con mano il dolore, la paura, le emozioni della prima linea. Ma anche la gioia di uscire dal tunnel delle guerre e la consapevolezza di essere terribilmente fortunati a vivere in pace”.