I colletti bianchi non sono delinquenti: l’odio verso una categoria politicamente distante

Esiste una classe sociale di lavoratori in Italia che viene pubblicamente e quotidianamente offesa da gran parte della stampa, da parte della Magistratura così come da una enorme parte dei rappresentanti politici di sinistra senza che nessuna importante Associazione Sindacale batta ciglio?

Certo che esiste, è la classe sociale degli impiegati, dei quadri e dei dirigenti, i famosi “colletti bianchi“, cittadini che svolgono attività prettamente a carattere intellettuale, che contribuiscono al progresso del nostro Paese, che pagano le tasse e che, in linea teorica, dovrebbero essere tutelati dalla nostra stessa Costituzione da ogni forma di offesa e denigrazione.

Per l’Istat i “colletti bianchi” in Italia sono circa 5 milioni, lavoratori e lavoratrici che si guadagnano lo stipendio con il quale mantengono le famiglie ed educano i loro figli. Possiamo dunque ragionevolmente pensare che almeno 15 milioni di italiani vivano grazie al reddito onestamente prodotto dai nostri “colletti bianchi”, una delle principali assi portanti, dal lato sociale, della nostra struttura sociale italiana.

Scopriamo però, da molti quotidiani italiani che questi 15 milioni di italiani compongono una classe sociale etichettata come Classe di Delinquenti, classe da colpire, da denigrare, da offendere, da perseguitare legalmente, da considerare non meritevole di essere “salvata” dal maglio della Legge in quanto sempre occupata a rubare, in virtù del fatto che questi lavoratori usano prevalentemente l’intelletto durante la giornata lavorativa  indossando una terrificante camicia bianca (da contrapporsi, secondo l’immaginario collettivo di questi moderni Savonarole, alle “tute blu” di chi svolge lavori prevalentemente manuali).

Spiccano alcuni commenti, di questi giorni, che vale la pena sottolineare: La Repubblica, il giorno 12 luglio, titola “Lo stop all’abuso d’ufficio salva quattromila colletti bianchi“; Domani, il giorno 10 luglio: “L’abuso d’ufficio non è più reato. Nordio brinda con i colletti bianchi“; il grillino De Raho, ex Magistrato ed oggi Deputato dei Movimento 5 Stelle: “Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, Meloni protegge Corruttori e Colletti Bianchi“; l’ANM: “Da oggi tutti coloro che sono stati condannati per abuso d’ufficio si rivolgeranno al giudice per chiedere l’eliminazione della condanna. È una piccola amnistia per i pubblici ufficiali: avremo 3-4mila persone, o forse di più, che chiederanno la revoca della condanna, una piccola amnistia per i colletti bianchi“.

Nella foga giustizialista tipica di certi settori sociali italiani si commette un errore, immenso, di natura sociologica: si confonde quanto ipotizzato nella prima metà del secolo scorso dal sociologo Sutherland, il quale riteneva che un comportamento criminale venisse appreso soprattutto all’interno dei gruppi primari, in particolare al gruppo dei pari tra i quali inseriva i “white collars”. Per Sutherland (lo si legge nel suo libro “White Collar Criminality”) la criminalità dei colletti bianchi era quella commessa da persone rispettabili, in possesso di alto status sociale, nell’espletamento dei loro ruoli professionali. Persone che indossano una candida camicia bianca, che non si sporcano le mani per lavorare o guadagnare in quanto ha la fortuna di poter sfruttare le loro conoscenze ottenute in anni di studi per poter – attenzione – corrompere Pubblici Ufficiali, manipolare il Mercato Azionario, effettuare false comunicazioni sociali, falsificare i bilanci, appropriarsi o distrarre fondi.

Si tratta pertanto di studi datati anni ‘40, di una teoria sociologica legata al mondo occidentale di circa, appunto, 80 anni fa (una epoca quasi primitiva dal punto di vista sociologico). Studi certamente interessanti, ma che hanno un errore di fondo: quello di etichettare la categoria di chi lavora utilizzando prevalentemente l’intelletto come potenziale detonante delinquenziale. Questo porterà probabilmente Sutherland ad essere una di quelle persone “influenti” in grado di, appunto, pesare nella successiva “Teoria dell’etichettamento” (labeling theory) portata avanti da altri sociologi come Becker nei suoi studi sulla “devianza”.

Non dobbiamo però pensare che i nostri odierni Savonarola dalla offesa (sociale) rapida siano così colti: nel loro caso a muoverli è l’astio, l’odio verso una categoria sociale (quella appunto del settore impiegatizio) che non sentono politicamente vicina. Nel loro (elementare e semplicistico categorizzare e criminalizzare) una intera ed immensa categoria di onesti lavoratori basta l’associazione della categoria impiegatizia alla piccola borghesia, cittadini che agirebbero nel silenzio delle loro stanze per rubare e delinquere.

Perché si continua ad offendere, ad associare alla delinquenza, una categoria sociale e non altre?

Immaginatevi cosa succederebbe se si teorizzasse, da parte di qualcuno, che un’altra categoria sociale, in massa, è propensa alla delinquenza e che, proprio per questa propensione, la Legge debba occuparsene in forma di controllo preventivo oltre che in tema di sanzioni per la “devianza” data dalle loro azioni.

Crediamo sia il momento di sentire qualche voce autorevole, dall’alto di qualche colle, ad intervenire a difesa della Categoria dei Colletti Bianchi italiani, l’odio sociale nasce da piccoli segnali e di questi segnali oramai ne abbiamo a sufficienza.

Se si devono colpire, giustamente, comportamenti delinquenziali commessi durante lo svolgimento del proprio lavoro, si colpiscano i delinquenti, ma non si offenda in forma quasi incessante una enorme parte della nostra popolazione lavorativa ed i loro familiari, persone e cittadini dipendenti dai proventi del loro onestissimo lavoro.

Molti impiegati, molti colletti bianchi italiani sono orgogliosissimi del loro lavoro e mai accetteranno di dover interiorizzare un errato spirito di appartenenza ad una categoria di potenziali delinquenti così come vorrebbe parte della stampa italiana, di una parte del mondo politico e (ahimè) da parte di coloro che tali comportamenti dovrebbero poi giudicare e sanzionare.

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