I paladini del salario minimo che difendono le coop: la sinistra contro i lavoratori di Montecitorio

Precarietà, buste paga bassissime, sprechi e inefficienza: sono stati questi i risultati della gestione amministrativa della Camera dei Deputati nelle scorse legislature. Sono circa 350 i dipendenti che ogni giorno si occupano dei servizi di palazzo Montecitorio in vari settori: facchinaggio, pulizia, ristorazione, rifiuti, parcheggi. Le loro buste paga, tuttavia, in alcuni casi non arrivavano neppure oltre i 400 euro e il “gioco degli appalti” delle scorse maggioranze secondo cui ogni anno i servizi venivano appaltati a ditte diverse, esponeva i dipendenti a un precariato senza sosta: per alcuni durava addirittura da 20 anni. È nata da questa esigenza l’idea di internalizzare i servizi offerti, evitando quindi l’esternalizzazione che necessitava di ditte intermediarie. “Esprimo soddisfazione – fa sapere Paolo Trancassini, questore anziano alla Camera in quota Fratelli d’Italia – per la delibera dell’Ufficio di Presidenza che oggi ha dato mandato al Collegio dei Questori di predisporre gli atti necessari alla costituzione di una società in house, interamente posseduta dalla Camera dei deputati, cui affidare i servizi relativi alle attività di ristorazione, pulizie, guardaroba, gestione dei parcheggi, facchinaggio e di supporto esecutivo alla gestione operativa”. La società in house gestita direttamente dalla Camera permetterà non solo di ottimizzare i servizi e di rendere giustizia alle centinaia di lavoratori di Montecitorio, con contratti stabili e paghe più elevate, ma consentirà un risparmio, secondo la società di revisione EY la quale si è fatta carico dei 7 mesi di studio per la proposta, di ben 1,4 milioni all’anno.

La proposta votata in Aula ha trovato però l’opposizione di Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, cui pure si è aggiunta la CGIL, che, infischiandosene delle retribuzioni da fame dei dipendenti di Montecitorio – loro, paladini del salario minimo e della lotta al precariato – ignorano i primi risultati positivi dell’internalizzazione: risparmiati già 140 mila euro acquistando le derrate alimentari direttamente dai coltivatori, senza intermediari, con un’affluenza alle mense cresciuta del 30%. Come detto, si risparmiano soldi pubblici e si migliora il servizio, ma la manovra non scende alla sinistra che forse aveva qualche interesse perché il sistema rimanesse così com’era precedentemente. “Avviando l’iter per la costituzione di questa società sono state quindi revocate le gare d’appalto di questi servizi. Una revoca – conclude Trancassini – che penalizzerebbe il mondo delle cooperative su cui probabilmente Pd e M5S hanno trovato la convergenza per una loro difesa”. Prime vere per il campo largo a sinistra.

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