Quante volte siamo stati invitati a fidarci dei “professionisti dell’informazione”. Quante volte abbiamo sentito che la lotta alle fake news doveva essere combattuta dall’autorevolezza dei migliori divulgatori e dalle “spunte blu” accanto al nome dei profili social. Ma se anche i rispettabilissimi professionisti creassero disinformazione?
Un piccolo focus: la lotta alla disinformazione è probabilmente il più gravoso grattacapo del nuovo mondo delle comunicazioni. Proprio il libero e immediatissimo accesso alla divulgazione garantito dai social network ha creato i giusti presupposti grazie ai quali chiunque può scrivere quello che vuole; e se, da un lato, la cosa può essere vista – e lo è – come positiva, dall’altro può comportare anche la pubblicazione di ingiurie, di notizie mal interpretate, non verificate, false. Le fake news, appunto. Da anni è ormai noto quanto gli effetti di questa “iper-libertà” possano essere dannosi per la società: è infatti diventato semplicissimo creare disinformazione, allarmismo, per puro “diletto” di qualche imbecille o anche per dei fini ben precisi, in situazioni complicate o delicate per la società, come successe in pandemia o come spesso accade in campagna elettorale. Torniamo alla domanda iniziale: ma se anche i rispettabilissimi professionisti dell’informazione, nonostante tutte le battaglie da loro stessi combattute, creassero disinformazione?
Accade assai più spesso di quanto si pensi. Da sinistra arriva forte l’esempio. Repubblica, nel suo formato cartaceo, pubblica a pagina 8 del suo quotidiano di ieri una foto di Giorgia Meloni in riva al mare con la descrizione: “La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si rilassa sorseggiando un cocktail sulla spiaggia di Cala Masciola, vicino Borgo Egnazia in Puglia, dove è arrivata con un volo di Stato di ritorno dal Consiglio europeo di Bruxelles e ha trascorso qualche giorno di vacanza”. Peccato che la foto pubblicata risale all’agosto del 2020 ed è stata scattata ad Ostia. Insomma, breve storia triste. Tristissima, se poi consideriamo la fantastica prodezza con cui Repubblica ha tentato di mettere una pezza: nella versione online, la foto è stata scambiata con un’altra ritraente Meloni al telefono su un balcone.
Da professionisti dell’informazione a maghi delle fake news: cambiano luogo e data a una foto (per poi cambiare anche la foto stessa) e vi aggiungono la solita storiella, in stile pentastellato, del politico che vola, viaggia e si diverte con i soldi dello Stato. Purtroppo per la sinistra, Repubblica ha sbagliato obiettivo.
Allora più che chiedersi se i “professionisti dell’informazione” mentono – constatato che lo fanno – c’è da chiedersi perché lo fanno. Ed è presto detto: per militanza. Proprio quei guru della verità, i garanti dell’esattezza, scelgono di fantasticare al becero e solo fine di screditare il lavoro della destra. E così, invece di parlare di cose serie o del vero operato del governo – piaccia o non piaccia – si crea di sana pianta una storiella come la si vorrebbe nella realtà ma che non vedrà mai avveramento: un sogno di una notte di mezza estate.
Chiamiamole anche “scelte editoriali” di un certo livello. Tuttavia, ciò non dispiaccia completamente. È l’unica arma rimasta alla sinistra: inventare.
Scadaloso!!! Figuratevi che diversi anni fa, in occasione di una grande nevicata eccezionale notturana a Roma, proposi a Repubblica di pubblicare le mie foto che avevo appena fatto e per le quali un redattore mi fece pure i complimenti. Allora c’era Alemanno sindaco di Roma. Ma siccome la sinistra aveva montato una pippa su una presunta paralisi di Roma sotto la neve dovuta alla giunta capitolina di destra, allora – in breve – non mi pubblicarono le foto. Poi ho capito perché: UNO, io non sono un raccomandato; DUE: dall’insieme delle mi foto si poteva evinciere che già di primo mattino gli spazzini erano all’opera per creare percorsi sicuri – antiscivolate – per i pedoni. Posso provare il tutto. Non sono un parolaio, come ce ne sono ormai troppi ai nostri giorni.