Ormai è guerra aperta tra il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e i social network, in particolare Twitter, complice la campagna per il rinnovo dell’inquilino della Casa Bianca. Negli ultimi giorni Twitter ha censurato due post del Presidente U.S.A.. Nel primo caso il social network aveva usato il suo fact-checking su un tweet di Trump sul voto per corrispondenza, rimandando a fonti che ne indicavano la presunta infondatezza. Il secondo è avvenuto oggi, all’indomani dell’ordine esecutivo firmato dal tycoon che toglie ai social media l’immunita’ legale sui contenuti pubblicati nelle piattaforme.
Trump aveva scritto, nel tweet di stamattina parzialmente oscurato per presunta “esaltazione della violenza” che a Minneapolis, dove sono in corso pesanti scontri e saccheggi in un clima di rivolta preoccupante in seguito all’uccisione dell’afroamericano George Floyd, “questi teppisti disonorano la memoria di George Floyd. Ho appena parlato con il governatore Tim Walz. Gli ho detto che i militari sono pronti ad intervenire al suo fianco. Quando cominciano i saccheggi cominciano anche le sparatorie”.
Di ambigua interpretazione l’ultima frase visto che con quel “cominciano anche le sparatorie” il Presidente potrebbe far riferimento a una escalation di violenza che lo preoccupa, cosa che Twitter dovrebbe spiegare perchè ritenuta censurabile, sempre che noi si ritenga giusto che i social si arroghino tale diritto sulle opinioni liberamente espresse da chiunque.
Tuttavia, una seconda interpretazione potrebbe anche voler dire che Trump da Presidente in carica oltre ad avvertire i riottosi di un possibile uso della forza, tramite la Guardia Nazionale, grazie a quel potere di coercizione che è assoluta prerogativa dello Stato evoca qualcosa che in Italia è tabù, ma negli States assolutamente no: che i proprietari si mettano a sparare per difendere la proprietà privata dal saccheggio. Censurare per questa interpretazione assume certo retrogusto di eversione da parte del social network a nostro parere.
Ad ogni modo l’ordine firmato da Trump è di una semplicità geniale. Lo ha introdotto spiegandone molto bene le premesse lo stesso tycoon dichiarando che dopo anni in cui i social hanno assunto potere e ricchezza sfruttando i contenuti generati dagli utenti, ora si trovano in una situazione di monopolio e immunità (conseguite durante l’era Obama) che li pongono sul piano di editori.
Nello specifico, “Trump ha affermato che Twitter agisce come un editore “con un punto di vista”, dicendo che il “Fact Cheking” di Twitter equivale a “attivismo politico”. Non è un caso infatti che non solo oltreoceano, ma ormai sempre di più anche in Europa e in Italia, la censura e il fact checking di queste grandi corporation colpisce con maggiore “violenza” e minuziosa attività di indagine soprattutto la galassia conservatrice, patriottica e sovranista per idee considerate in partenza non degne di essere espresse.
E allora ecco che dalla Casa Bianca parte l’ordine affinchè queste piattaforme finora cresciute e arricchitesi senza vincoli regolamentari, siano sottoposte alla sorveglianza di due agenzie federali, la Fcc (la commissione che sovraintende alle comunicazioni) e la Ftc (competente per pratiche commerciali scorrette o fuorvianti), che vengono sollecitate ad allargare il loro raggio d’azione.
E saranno responsabili dei contenuti di tutti gli utenti, via l’immunità di cui godevano: così sarà possibile portarli in tribunale per i contenuti pubblicati. Uno strumento di difesa non solo per un’area politica che non va giù ai miliardari fighetti della Silicon Valley tutti buonismo, globalismo e Partito Democratico, ma per qualsiasi cittadino che veda violata la propria libertà di espressione che in Italia e non solo, lo ricordiamo, è un diritto sancito dalla Costituzione; un “regolamento” un pò più alto in grado delle regole della community di Facebook.
D’altronde se censuri il Presidente U.S.A., ma il tuo capo delle policy sui contenuti puo twittare liberamente che alla Casa Bianca ci sono i “nazisti”, vuol dire che ormai si sono rotti tutti i margini per provare ancora a dare alla tua piattaforma un certo credito di imparzialità.
E se inoltre ti concentri sui pericolosi “sovranisti” che sottoponi a ossessivi fact checking e numerose censure, ma poi non fai caso alla propaganda del regime cinese sul tuo stesso social, soprattutto mentre è volta a creare disinformazione sulle legittime proteste di Honk Kong allora te la stai cercando.
E cercando, cercando hai trovato un Trump alla Casa Bianca.
Fine dei giochi per i Big Tech? Non ancora, ma un grosso passo avanti verso la tutela della libertà di espressione è sicuramente in corso.