Un comunicato Ansa comparso più o meno su tutti i giornali, sostiene che non sia piaciuto al mondo Lgbt l’esordio del governo giallo-verde con le discusse dichiarazioni del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, e che non abbia gradito il profilo politico del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Troppo retrogradi, chiusi, ostili… Poi, sulla maggior parte della stampa “politicamente corretta” dopo queste, sembra, necessarie puntualizzazioni, ecco articoli fitti di esclamativi sull’ultimo gay pride in ordine di tempo, a voler dare retta tutto animato di giovani felici, meno giovani anch’essi felici, coppie di tutti gli orientamenti sessuali naturalmente felici, cani, bambini, passeggini, complessini, ballerini più o meno piumati, tutti nessuno escluso, felici, in una “simpatica” esposizione di culi, tette più o meno finte e trucco esagerato, in una folla confusa che si agita percorrendo il centro di quella che fu la Capitale della cristianità.
E via di questo passo, perché il meglio deve ancora venire e lo vedremo probabilmente il 30 di giugno prossimo quando il Gay Pride Campania 2018 si terrà niente meno che a Pompei. Già, avete capito bene, proprio a Pompei, città che ospita uno dei Santuari Pontifici Mariani più importanti d’Italia, centro di culto, devozione e che pretende doveroso rispetto anche da chi non crede.
Prepariamoci invece a scene che, oltre ad essere blasfeme, sono anche inaccettabili perché, come abbiamo visto a Roma e nelle altre città dove il gay pride si è già tenuto, nella folla che viaggia a passo di samba mostrando lingue saettanti quasi fossero una nuova figura di danza caraibica, spunteranno ragazzini di ogni età, dai pochi mesi agli anni adolescenziali. Fatti salvi i primi, che per fortuna ancora non possono capire – ma ahimè capiranno – e gli ultimi, che ormai sono da considerare perduti in questa ostentazione di cattivo gusto misto a sesso, gli occhi andranno su quelli di sette, otto, nove anni.
Come accade se si guarda una foto scattata al West Pride di Gothemburg, in Svezia, nel 2016, dove alcuni ragazzini appaiono smarriti e un filo sconcertati mentre, due giovanotti con pantaloni di pelle da cui spuntano le chiappe nude, camminano davanti a loro a quattro zampe, tenuti al guinzaglio da altri giovani uomini. E viene da chiedersi se le regole della civile convivenza siano state completamente cancellate.
Ovvio che sì. Al gay pride le regole quasi non esistono e, vedrete, ne esisteranno anche meno a Pompei perché è evidente che la città stessa sia stata scelta in aperta provocazione. Ormai abbiamo capito che i poveri omosessuali che sostengono di essere stati troppo a lungo vessati, pensano che la riscossa passi attraverso la contestazione dura, l’ostentazione del trash, del volgare, dello sfregio alla religione, solo a quella cristiana però, perché farlo agli islamici, per esempio, potrebbe essere pericoloso e allora nemmeno ci si prova. Ciò che a questo punto abbiamo capito è che per i gay manifestare semplicemente come può fare chiunque in favore dei propri diritti, non sia abbastanza, che sia necessario per veicolare il messaggio porsi come sgradevoli macchiette, improbabili manichini, improponibili fantocci.
Creare urticanti blasfemie. Per poi domandarsi, magari, perché questa società cinica e bara non vuole dare a due tizi con museruola, collare, mutande di pelle con borchie e frustino regolamentare, lo status di famigliola, e non gli vuol concedere nemmeno la possibilità di adottare dei bambini, frugoletti da crescere così che loro possano spiegargli fin dalla più tenera infanzia quanto sia bello ostentare la propria sessualità infilandosi il manico di una bandiera arcobaleno nell’ano e andare in giro sventolandola.