Il destino di Napoli è nelle mani dei napoletani. Nessuno escluso.

Nonostante tutti i difetti che la mia città può avere, a Napoli voglio bene e non solo perché è il luogo dove sono nato e tuttora vivo insieme a mia moglie, ai miei figli ed alle mie nipotine, ma per quello che rappresenta nel mondo, per la sua enorme cultura, per essere stata terra natia di tantissimi uomini e donne illustri.

Spesso la immagino come una città dove non esistono problemi, dove i suoi abitanti la rispettano e la curano, con uno sviluppo sostenibile che sia coerente con la difesa di quell’ambiente e di quel paesaggio che conosciamo e amiamo perché rappresenta un vero paradiso in terra. A maggior ragione sono dalla sua parte oggi che la vicenda della tentata rapina al Carabiniere in borghese a Santa Lucia, finita con la morte di un quindicenne, ha generato tristezza diffusa riportandoci a quella Napoli che tutti vorremmo non vedere mai, popolata di giovani ispirati ai modelli più devastanti di una sottocultura che vuole i camorristi belli, forti, che uccidono e non hanno paura di essere uccisi, senza esempi positivi o figure sane.

Iniziamo col dire che nella notte di sabato nessuno è uscito vincitore.

  • Ugo Russo dai Quartieri Spagnoli, giovane quindicenne che è uscito di casa con una pistola giocattolo per rubare perché, a dire del suo complice, avevano bisogno di soldi per andare a ballare, e che poi è rimasto ucciso pagando il prezzo più alto in questa triste vicenda;
  • Il carabiniere, ventitré anni, che durante il tentativo di rapina e di fronte alla minaccia per sé e per la sua fidanzata di una pistola (finta ma non riconoscibile come tale perché senza tappo rosso) ha reagito sparando ed uccidendo il ragazzo;  I genitori del ragazzino che alle nove di sera lo hanno incontrato dal barbiere e che lo hanno rivisto alle due di notte cadavere all’obitorio;
  • Gli amici ed i parenti che hanno devastato il Pronto Soccorso dell’ospedale all’alba quasi come se l’ospedale invece che un servizio essenziale di tutta la comunità fosse diventato un nemico di cui vendicarsi;  Quelli che hanno sparato contro la caserma Pastrengo dove stavano interrogando il complice di Ugo;
  • … e poi le istituzioni, la scuola, la città, lo Stato, tutti insomma.

Di fronte ad un quadro di una vicenda così tragica e ad una situazione così complessa non ho certezza alcuna e provo pena per chi, anche in questa occasione, ha sputato sentenze definitive e senza appello sulla città e sui napoletani. In attesa degli esiti della inchiesta che accerterà ed appurerà i fatti, provo pena per il solito saltimbanco della politica che si è lanciato sulla tragedia per motivi elettorali e di visibilità; provo pena per i genitori del ragazzo che oggi piangono un figlio ma che hanno brillato per assenza e superficialità nella educazione di Ugo; provo pena per il carabiniere che presto diventerà vittima e che dovrà affrontare un lunghissimo iter giudiziario che in ogni caso gli segnerà la vita; provo pena per quel centinaio di persone inferocite che hanno invaso un pronto soccorso che serve a curare la gente, e che hanno devastato tutto, sfasciando le attrezzature mediche e i computer, divelto i mobili senza che ve ne fosse motivo alcuno.

Questa città ha tanti problemi ma prima ancora di tentare di affrontarli abbiamo bisogno di convincerci e convincere tutti che Napoli siamo noi napoletani, nessuno escluso, che il destino è nelle nostre mani e che dobbiamo puntare su una grande riscossa civica per avviare un vero processo di rinascimento ponendo le condizioni affinché Ugo, se ancora vivo, e tanti ragazzi come lui, possano realizzare i loro progetti di vita.

Quello che dobbiamo condannare è la convinzione espressa dalla zia di Ugo Russo, che intervistata da un giornale, ha detto: «Anche a te possono succedere problemi economici e puoi fare qualche reato», come se l’unica soluzione ai problemi economici sia l’illegalità, come se la criminalità fosse inevitabile, e per questo tollerarla diventa scontato.

Per molti di coloro che vivono a Napoli non è così ma non possiamo fare finta che sia un problema che non ci riguarda perché oggi occorre soprattutto convincerci che in storie brutte come questa un po’ di responsabilità l’abbiamo tutti. Mi piacerebbe che Napoli, invece di salire alla ribalta per episodi del genere, potesse rappresentare un modello di città ideale per tutti. Un luogo dove non ci sia traffico, le auto sostituite con un sistema di trasporto pubblico veloce, comodo, silenzioso e puntuali. Strade grandi, belle pulite, illuminate, dove passeggiare tranquillamente e incontrare persone serene che possano respirare a pieni polmoni aria pura. Un rapporto recuperato tra i napoletani ed il loro mare.

Con i suoi cittadini educati, rispettosi delle persone bisognose, delle regole del vivere civile, della legge, impegnati nel lavoro che a tutti viene assicurato, protesi sempre verso il benessere della comunità. La mia Napoli, insomma, come un’isola felice dove i bambini e i ragazzi non avrebbero molti problemi e potrebbero imparare tutto quello di cui hanno bisogno per costruire un mondo migliore.

Ma purtroppo se ci guardiamo attorno vediamo che il male, la miseria, l’ingiustizia, l’egoismo sono ovunque aggravati da un contesto in cui la città si presenta sporca, rumorosa, impraticabile. Questa è la Napoli di oggi, una città che in più di venti anni, da quando esiste cioè l’elezione diretta del sindaco, non ha fatto passi avanti, ma solo indietro, e non ha risolto i gravi problemi sociali, economici e politici che l’hanno ridotta così come si presenta oggi ma nessuno si tiri indietro, siamo tutti responsabili.

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Luigi Rispoli
Luigi Rispoli
Giornalista pubblicista, organizzatore del Premio Masaniello – Napoletani Protagonisti, fondò insieme al poeta Salvatore Barone il gruppo musicale Vento del Sud, è stato componente della Giunta Esecutiva Nazionale del Centro Sportivo Fiamma ed ha fatto parte del Comitato Regionale del CONI per l'organizzazione dei Giochi Studenteschi, è direttore editoriale di Questanapoli, periodico a distribuzione gratuita.

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