C’è un problema nel problema in questa emergenza sanitaria nazionale. Il governo, che sconta evidentemente la scarsissima esperienza dei suoi attori principali, invece di semplificare il quadro – per sua natura già complesso – lo finisce di incasinare.
Come riporta chiaramente il giudice emerito della Corte Costituzionale, prof. Sabino Cassese, dalle colonne del Corriere della Sera: “decreto del presidente del Consiglio dei ministri, annunciato in televisione la sera del 21 marzo, firmato la sera successiva ed entrato in vigore il giorno dopo, contiene, nella parte dispositiva, 864 parole e ben dieci rinvii ad altri decreti, leggi, ordinanze, codici, protocolli”.
Aggiunge poi molto chiaramente: “È disposto il fermo di tutte le attività, salvo quelle che è consentito proseguire (indicate in un elenco allegato), quelle che sono funzionali ad esse e ai servizi di pubblica utilità ed essenziali (ma queste ultime con qualche eccezione e salvo contrordine del prefetto), quelle di impianti a ciclo di produzione continuo (salvo contrordine del prefetto), quelle aerospaziali e di rilevanza strategica (previa autorizzazione del prefetto). Il provvedimento, infine, consente di allargare o restringere l’elenco delle attività sospese, con decreto del ministro dello Sviluppo economico, d’intesa con quello dell’Economia, e contiene una clausola finale secondo la quale «resta consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza» (chi le individua?)”.
In effetti se un provvedimento viene annunciato in diretta nazionale, che sia via Facebook o – si spera in futuro – sui canali ufficiali della Presidenza del Consiglio, è evidente che lo si intende rivolto a tutti i cittadini. Ebbene, questo dovrebbe far si che il contenuto della norma, mai come oggi impattante sulla vita di tutti, possa essere sia recepito dai cittadini senza eccessivi sforzi. Anche perché non è affatto scontato che il cittadino medio, digiuno ovviamente di nozioni di diritto, possa distinguere facilmente tra decreti del presidente del consiglio, ordinanza del ministero della sanità, decreti legge, e così via. Quindi, pur considerando la complicatezza della materia e della terminologia, che almeno i nuovi testi siano completi, riducendo al minimo il rimando a altre fonti. Che insomma abbiamo una chiarezza maggiore, anche per chi non è strettamente addetto ai lavori.
È esattamente questo che l’opposizione ha chiesto nell’incontro del 23 marzo sera con Conte: unire tutti e quattro i decreti di emergenza ad ora fatti, in un unico testo e renderlo “completo”, ovvero chiaro a prima lettura, senza rimandi a leggi, ordinanze, protocolli, ecc.
Lo stesso discorso vale per i Dpcm, i decreti del Presidente del consiglio dei ministri. Per capirci, quegli atti che impattano sulla nostra mobilità. Ci sono state troppe altalene che hanno finito per confondere la gente.
Ad esempio, parlando di ordinanze, abbiamo vari provvedimenti dall’11 marzo in poi che si sono assommati ingenerando non poca confusione.
Ad oggi possiamo dire che le disposizioni dell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri firmato da Conte nella serata del 22 marzo e in vigore dal 23 marzo fino al 3 aprile, si cumulano a quelle del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 marzo 2020 nonché a quelle previste dall’ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020. Queste ultime due ordinanza, che dovevano scadere il 25 marzo 2020, sono prorogate al 3 aprile 2020.
Cerchiamo di fare chiarezza quindi almeno sui punti essenziali di questi provvedimenti.
Spostamenti. Con l’ultimo provvedimento del 22 marzo, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute. Quindi, non ci si può più spostare con la motivazione di tornare presso la propria abitazione, residenza o domicilio, come previsto prima; resta la possibilità di spostarsi solo per motivi di saluti, assoluta urgenza e motivi di lavoro. Purtroppo in merito all’“assoluta urgenza” ulteriori chiarimenti non sono stati dati.
Inoltre, come indica l’ordinanza del ministro della saluto del 20 marzo, nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza.
NB: le sanzioni per chi viola il divieto di spostamento sono state inasprite dal consiglio dei ministro del 24 marzo: si prevedono sanzioni che vanno dai 400 ai 3000 euro.
Attività fisica. Dopo che era stata lasciata una certa libertà ai singoli in merito a questo tema, il Ministro della salute ha ristretto il raggio di azione degli sportivi con la già citata ordinanza del 20 marzo, che resterà in vigore almeno fino al 3 aprile. Infatti è vietato l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle
aree gioco e ai giardini pubblici; inoltre non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona.
Quali esercizi restano aperti. In linea di principio restano attivi tutti i servizi essenziali: farmacia, poste, trasporti pubblici, banche, ecc.. Restano ancora aperte le filiere che consentano il funzionamento di queste ultime; inoltre è indicato un elenco di attività specifiche che resteranno aperte: professionisti ed edicole; agricoltura e alimentare; materie prime e petrolio; industria tessile ferma a metà; industria chimica e farmaceutica; settore manifatturiero; servizi pubblici primari; riparazioni e meccanici; call center e vigilanza; trasporti e consegna; difesa e aerospazio.
Tuttavia, considerando l’eccessiva articolazione dell’elenco e le numerose eccezioni, in questa caso è più agevole consultare l’allegato che si trova sul sito del governo qui: http://www.governo.it/it/articolo/coronavirus-firmato-il-dpcm-22-marzo-2020/14363.
Tra i settori che il governo ha deciso di fermare con l’ultimo decreto: attività legate alla filiera dell’acciaio, filiera della metallurgia; il settore dell’edilizia, comprese le ristrutturazioni, tranne per la parte legate alle infrastrutture (ad es Ponte Morandi). Restano attive, come detto, tutte le limitazioni già disposte dal del precedente decreto: negozi non alimentari; ristoranti; cinema; palestre.
Tutte le attività che non erano state chiuse con il primo Dpcm del 11 marzo e vengono invece sospese con il provvedimento del 22 marzo, dovranno sospendere l’esercizio dal 25 marzo.