Il limite dell’indebitamento: R.O.T.A. vs Moltiplicatore fiscale

di Massimiliano Scorrano

Prologo

La produzione scientifica dominante è concorde nel sostenere che il merito creditizio degli Stati sia esclusivamente verificabile dal rapporto Debito/PIL. Sostenere semplicemente che un maggior indebitamento sia deleterio può essere vero ma non sufficiente, questo perché, genericamente, tutti siamo consapevoli che questo sistema prevede l’indebitamento per la crescita del PIL. Gli Stati, tutti, hanno necessità di investire gli impieghi acquisiti dalle fonti per realizzare i propri piani di spesa; tradotto, tutti gli Stati, nessuno escluso, hanno necessità di fare debito, tramite l’emissione di TDS, per ottenere i mezzi finanziari da impiegare affinché si dia seguito alle politiche fiscali intraprese. Dire semplicemente che solo un maggior debito pubblico sia causa, e non anche concausa, del rallentamento crea gli spread in quanto induce tutti a rivolgere l’attenzione sul debito e non sulla potenziale profittabilità ottenuta grazie a quell’indebitamento. Ma qual è il limite massimo dell’indebitamento?

Abbiamo pensato di fare cosa gradita a suddividere l’articolo in 5 parti, che pubblicheremo ogni sabato mattina in modo da aumentarne la leggibilità e l’accessibilità.

 

Gli studi econometrici: limiti e virtù.

Di recente è circolata la notizia che la Commerzbank, banca posseduta al 15% proprio dallo Stato tedesco, abbia consigliato alla propria clientela di vendere i titoli del debito pubblico italiano, come riferito dall’agenzia di rating, Bloomberg (1). Le motivazioni sono da ricercare probabilmente nello scarso appeal verso i TDS nostrani, un po’ per mancanza di fiducia ed un po’ per motivi speculativi, forse nell’estremo ed ultimo tentativo di dare una spallata, la più definitiva possibile, alla nostra economia, cosa che va letta sotto un duplice aspetto, ossia, una come azione per porre una pietra tombale sul progetto europeo oramai naufragato e l’altra come azione tendente a svilire una consorella per accaparrarsi le fette di mercato e la possibilità di fare shopping di assets italiani. In entrambi i casi viene messo in mostra l’estrema povertà di contenuti tali da far desistere il perseguimento del oramai tramontato progetto europeo, progetto capace solo di creare concorrenza e tensione tra gli stati membri. Se, con uno sforzo, è possibile comprenderne la motivazione predatoria (la spallata e lo shopping) quello che non è comprensibile è la mancanza di fiducia verso un sistema, nel suo complesso, che ha sempre onorato gli impegni presi. Ma allora, da cosa scaturisce questa mancanza di fiducia?

La fiducia dei “mercati” è argomento noto perché l’alto debito pubblico funge da deterrente all’erogazione di nuovi prestiti e, dove dovessero essere accordati, a tassi di interesse più elevati. Ne sa qualcosa il BTP decennale che sconta uno spread elevato rispetto al Bund tedesco. Ma quale dovrebbe essere il limite dell’indebitamento? Molti si cimentano in questo esercizio tra cui il Dott. Carlo Cottarelli. Il sito Osservatorio Conti Pubblici Italiani ha pubblicato uno studio intitolato “Due anni tra i conti pubblici”, un viaggio dei conti pubblici che vanno dal 2017 al 2019 a cura di Carlo Cottarelli e Giampaolo Galli con lo scopo di “divulgare le informazioni sulla nostra finanza pubblica al fine di fornire utili analisi non solo agli esperti del settore ma anche a un pubblico più vasto”. Tale volume è edito da Feltrinelli e finanziato dalla Allianz SE, gruppo assicurativo e finanziario con sede principale in Germania. E’ probabile che le sue osservazioni siano valse la nomina come Presidente del Consiglio incaricato di formare il governo all’indomani delle ultime elezioni avvenute nel 2018, quell’incarico dato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella un po’ a sorpresa. Tali osservazioni, riteniamo, siano state molto seguite in terra teutonica (2). Forse troppo? Nel primo capitolo, ad opera di Silvia Gatteschi, si prende in esame la “stretta fiscale del 2012” ad opera del Governo Monti, con il tentativo di dimostrare che, se tale stretta non fosse stata attuata, il rapporto Debito/PIL sarebbe passato dal 116,5% al 142% finanche 145% (alla data del 2018). E’ bene ricordare che il rapporto Debito/PIL è il rapporto che “lega” il debito della sola Pubblica Amministrazione, ossia uno stock della sola P.A., con il PIL di tutto il sistema Italia (famiglie, imprese, P.A. Ecc.), quindi il debito di un solo settore con il PIL di tutti i settori; il PIL è un flusso; in sostanza si mette a rapporto uno stock con un flusso. Per le simulazioni portate avanti dalla Dott.ssa Gatteschi, sono stati utilizzati i moltiplicatori fiscali utilizzati in sede di NADEF e dal MEF. Corre l’obbligo aprire una piccola parentesi per dare la definizione di moltiplicatore fiscale. Il moltiplicatore fiscale del modello determina la variazione del reddito indotta dalla variazione della spesa pubblica e della domanda autonoma. Consente di misurare l’efficacia della politica fiscale.

In cui Y= PIL c= Propensione marginale al consumo e A= Domanda aggregata

In linea generale l’utilizzo del moltiplicatore fiscale dovrebbe rendere un numero tale che, per esempio, all’aumentare di € 1,00 della spesa pubblica si dovrebbe assistere ad una variazione positiva del reddito. Nella formula vi sono molte variabili di non facile determinazione come la propensione marginale al consumo, la domanda aggregata, tutte variabili che possono far saltare le previsioni sia in un senso che nell’altro. Se il moltiplicatore rende un numero maggiore di 1 si dovrebbe assistere ad un aumento sostenuto del reddito tale da imprimere maggiori entrate fiscali. Non vi è un numero certo del moltiplicatore fiscale, la qualcosa rende aleatoria ogni previsione. Infatti fare i conti con un reddito disponibile, che è dato dal reddito detratte le imposte e le tasse, e la propensione marginale al consumo, che varia da persona a persona in funzione di tanti fattori, non è agevole muoversi. Se è vero che il compito degli economisti è muoversi tra le previsioni, è pur vero che effettuare previsioni con dati aleatori e contrastanti non è facile. Lo stesso F.M.I. ha ammesso la fallacia del moltiplicatore fiscale (3).  Ne viene fuori che il moltiplicatore fiscale in condizioni di forte recessione, non elevata tassazione, base reddituale esistente, esatta stima della propensione marginale al consumo e non elevato debito, funzioni ma, se una o più di una di queste componenti non risponde alle previsioni, diviene fuorviante fino a far saltare le stime di crescita e le previsioni di incasso delle imposte e delle tasse, con tutto quello che ne consegue. Tornando alla pubblicazione dell’Osservatorio CPI, seppur le conclusioni addotte dalla Dott.ssa Gatteschi possono essere condivisibili, rimane ancora senza risposta la domanda: ma quale dovrebbe essere il limite dell’indebitamento?

Ne parleremo sabato prossimo con la pubblicazione della seconda parte dell’articolo (https://www.lavocedelpatriota.it/il-limite-dellindebitamento-r-o-t-a-vs-moltiplicatore-fiscale-2/).

 

18/4/2020, Massimiliano Scorrano

note

(1) https://www.ilgiornale.it/news/economia/germania-invita-vendere-titoli-italiani-viceministro-1848864.html

(2) https://osservatoriocpi.unicatt.it/

(3) https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-12/lautocritica-caso-italia-081037.shtml?uuid=AbF90cJH

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Giovanni Moretti
Giovanni Moretti
Giovanni Moretti è nato a Torino nel 1963. Specialista in architetture informatiche e servizi ICT, ha studiato e lavorato per più di trent'anni per grandi multinazionali del settore per trovarsi ora in un percorso a ritroso che era iniziato in giovinezza con l'algebra di George Boole, poi proseguito in direzione di Gottlob Frege raccogliendo, strada facendo, una profonda passione per la filosofia

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