Insulti sguaiatamente Giorgia Meloni e i sovranisti? Se lo fai col sottopancia da “prof” e il contesto di riferimento è il “salotto” televisivo giusto – quasi sempre senza uno straccio di contraddittorio – non corri alcun rischio.
Tutt’altro. Prendere di mira la destra e il suo leader può diventare, al contrario, una sorta di merito “honoris causa”. Non si comprende per quale onorevole intento tutto ciò ma questo non sembra un problema per alcune folgoranti carriere.
Le cose non sono di certo consequenziali – almeno così ci auguriamo che sia –, ma fa riflettere come la fortuna di Tomaso Montanari, di professione storico dell’arte, stia esplodendo proprio a fianco della sua esposizione mediatica: gran parte di questa spesa proprio contro la destra politica.
Da qualche giorno il professore, ospite semi-fisso a Otto e mezzo, è diventato rettore dell’Università per stranieri di Siena. Eletto con percentuali bulgare (l’87%) ma anche unico candidato in corsa…Ma a sinistra sono abituati a questo tipo di plebiscito.
Interessante constatare invece le perfomance per cui Montanari è diventato una piccola star sullo schermo. In una delle sue recenti apparizioni, sempre ospite della Gruber, il prof “giallofucsia” (ossia di sinistra ma con movenze grilline) rispondeva così all’obiezione politica di Giorgia Meloni sull’eccessiva discrezionalità delle forze di sinistra al governo verso alcune categorie sociali massacrate più di altre dalla crisi del Covid: «Credo sia una dichiarazione grave – sentenziava –, c’è un negazionismo strisciante del Covid e anche del sciacallaggio politico». E poi giù con l’analisi trita e ritrita sul nemico “facile”: «La Meloni cresce perché in situazioni di sofferenza chi propone un nemico, la sinistra anche se inesistente, riesce a catalizzare dei consensi. Aver lasciato da sola la Meloni all’opposizione è stato un errore».
Insomma, la destra che svolge il suo compito di opposizione democratica e interpreta categorie sociali “impoverite” da alcune misure illogiche e punitive è – sic et simpliciter — negazionista, sciacalla e demagogica. Figuriamoci se questa “osa” leggere e scrivere libri. Per Montanari è troppo. Ecco perché, nei giorni in cui la libraia di Tor Bella Monaca (finanziata dalla Regione) “educava” i lettori boicottando il volume di Giorgia Meloni, Montanari sceglieva benissimo con chi prendersela. Indovinate? «L’attacco a una libraia (ossia la semplice denuncia di un attacco politico a un…pamphlet, ndr) che non vuole vendere il suo libro (della Meloni, ndr) è indegno».
Ed ecco la sentenza inappellabile: «Il partito della Meloni è un punto di riferimento dei vecchi fascisti, del risveglio del fascismo storico nel Paese. Ci sono i fascisti. C’è l’omofobia, l’odio per il diverso».
Dopo l’attacco di paranoia il professore non poteva non concludere con l’allarmismo di rito (tv): «Francamente avere al governo la Meloni e Salvini non mi lascerebbe tranquillo». Insomma, i “titoli” per cui Montanari è osannato dalla rive gauche sono questi: non certo i meriti sulla storia dell’arte ma l’ampia galleria del suo luogocomunismo contro la destra. Figuriamoci cosa si sentirà autorizzato a sentenziare dalla (premiata) “cattedra” di rettore…