Mettiamola così: la tutela del Made in Italy deve partire innanzitutto dall’Italia.
Dopo l’ennesimo colpo ad uno dei nostri settori d’eccellenza – quello agroalimentare – con l’acquisto da parte del colosso transalpino Lactalis di Nuova Castelli, società leader nella commercializzazione di Parmigiano Reggiano, mozzarella di bufala campana, gorgonzola e taleggio, il mondo politico, economico e imprenditoriale italiano non può rimanere a guardare.
Infatti, dopo aver fatto suoi marchi italiani del calibro di Parmalat, Galbani, Locatelli, Invernizzi e Cademartori – insieme ad altri esteri- con questo ultimo acquisto il gruppo Lactalis detiene circa un terzo del mercato nazionale in comparti strategici del settore lattiero caseario, classificandosi al primo posto nel mondo in questo campo.
Filiera Italia: tutelare unicità italiana nel settore
Sia chiaro, non c’è alcun preconcetto sui capitali esteri che investono in Italia – come Lactalis – bensì in ballo c’è una questione più seria: la tutela dell’unicità italiana nel settore. Come spiega Luigi Scordamaglia – consigliere delegato di Filiera Italia- : “Una cosa è parlare di soci finanziari, un’altra è parlare di un’azienda come Lactalis che essendo del settore può acquisire il know how, la tecnologia, il saper fare italiano, per poi andare a produrre da altre parti prodotti simili, magari il Parmesan, laddove le normative internazionali non ci tutelano adeguatamente”. Ma l’auspicio dello stesso Scordamaglia “su una soluzione alternativa, di qualche azienda con azionariato italiano che si faccia avanti” è sfumato.
Fratelli d’Italia, Meloni: sconcertante silenzio del Governo
Sulla stessa linea Fratelli d’Italia, che per la difesa del Made in Italy si batte da sempre. E così se la leader Giorgia Meloni considera “sconcertante il silenzio del governo riguardo l’operazione suicida di consegnare la distribuzione dei formaggi italiani ai francesi”, il senatore Patrizio La Pietra, membro della Commissione agricoltura chiede “un’incisiva azione del governo, per intervenire quantomeno sul controllo delle future scelte, acquisendo quote della Lactalis, tramite la Cassa Depositi e Prestiti e sedere così nel CdA del gruppo”. Oltre ad attuare “misure di sostegno all’imprenditoria italiana per agevolarle nell’acquisto di marchi italiani”.
Interventi necessari, seppur tardivi, per salvare il salvabile.
Coldiretti: scelta rischiosa per allevatori italiani
Perché se qualcuno sostiene che non c’è nulla di allarmante nel fatto che un investitore estero acquisisca un’azienda italiana, magari in difficoltà, chi conosce bene le dinamiche e l’economia del settore rileva altre questioni, tutt’altro che di poco conto.
Come Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, che dinanzi alla notizia del nuovo acquisto di Lactalis non usa mezzi termini: “Si e’ trattato di una vera e propria operazione lampo, messa a segno con la politica “distratta” dal confronto elettorale”. Ed ora questa scelta rischia di essere pagata dagli allevatori italiani, ai quali Lactalis ha appena minacciato di ridurre unilateralmente il prezzo del latte alla stalla, sottoscritto soltanto pochi mesi fa, in controtendenza rispetto all’andamento del mercato.
Rendere pubblici i termini dell’accordo
E’ necessario, perciò, che siano resi pubblici tutti i termini dell’accordo, pretendendo adeguate garanzie sulle produzioni, sulla tutela delle denominazioni dalle imitazioni, sulla difesa dei posti di lavoro e sull’eventuale abuso di posizioni dominanti sul mercato lattiero caseario, strategico per il Made in Italy.
La tutela dei marchi storici e’ una necessita’ per l’agroalimentare nazionale dopo che ormai, secondo la stessa Coldiretti, “circa 3 su 4 sono gia’ finiti in mani straniere – tra queste appunto Lactalis – e spesso sono sfruttati per vendere prodotti che di italiano non hanno piu’ nulla, dall’origine degli ingredienti allo stabilimento di produzione fino all’impiego della manodopera”.
La politica faccia “mea culpa”
E’ tempo, quindi, che la politica faccia un “mea culpa”, iniziando ad agire davvero sul sostegno al Made in Italy con l’avvio, finalmente, di misure di sostegno e garanzia. Ma, ad esempio, anche attraverso speciali agevolazioni che permettano alle nostre imprese di essere competitive di fronte alla concorrenza straniera nell’acquisto di marchi italiani. E questo perché la tutela del Made in Italy deve partire prima di tutto dall’Italia.