Roma, venerdì 30 giugno, è estate.
È un venerdì di ponte festivo e la città è mezza vuota mentre le spiagge del litorale sono affollate tra sole battente, musica e aperitivi.
All’Eur, invece, centinaia di ragazzi e ragazze colorano il prato verde che declina verso il laghetto disegnato nei bordi da runner che sfidano la calura e nello specchio d’acqua da canottieri in gara.
Tra palchi, sedie, stand e maxischermi il tricolore è ovunque; nei braccialetti ai polsi, sulle magliette, innalzato da un astronauta che si staglia su uno sfondo siderale immaginifico e affascinante.
È Fenix: l’appuntamento politico di Gioventù Nazionale alla sua seconda giornata di incontri, dibattiti, ospiti, relatori, sorrisi, scherzi goliardici e bibite fresche per ingannare il caldo.
Sotto il telone del palco centrale, dove la mostra sulla storia della Nazionale di Calcio si fa bella tra sguardi incuriositi ed orgogliosi, si comincia a prendere posto.
Alle tre del pomeriggio è il momento di uno dei tanti appuntamenti attesi: il dialogo tra l’On.le Andrea Delmastro delle Vedove (Sottosegretario al Ministero della Giustizia) e Marco Travaglio (Direttore del Fatto Quotidiano).
Nicola, il giovane moderatore, (componente dell’Esecutivo Nazionale di Gioventù Nazionale) non cela il meraviglioso accento calabrese e con voce appassionata e parole decise introduce gli ospiti.
Eccoci, si comincia con al centro il tema della riforma della giustizia e per iniziare “le intercettazioni”.
Travaglio, invitato per primo, anche per senso di ospitalità, a prendere la parola, non si lascia perdere l’occasione e con voce pacata, a tratti suadente, rilancia la critica aspra che ha anche segnato le colonne del suo giornale per quella che preferisce definire, con quel gioco di parole che gli è proprio, una “schiforma”, e denuncia le presunte limitazioni che il divieto di pubblicazione delle intercettazioni determinerebbe e i presunti tratti di incostituzionalità.
Delmastro, non si lascia convincere e travolgere; con fermezza, competenza, a volte con ironia ma con ineffabile puntualità e convinta cordialità nei confronti dell’interlocutore, smonta punto per punto le eccezioni del giornalista, spiega con passione i passaggi della riforma, ma soprattutto rilancia: nessuna limitazione all’utilizzo delle intercettazioni ai fini di indagini, ma solo tutela della privacy e della riservatezza di terze persone estranee e dell’indagato per fatti privi di rilevanza penale, è un colpo all’abuso di quel cortocircuito di informazioni pubblicate prima che venga disposto il deposito delle intercettazioni da parte del magistrato anche nel corso del processo penale.
Gli applausi scrosciano, sinceri, rivolti ad entrambi gli ospiti che se ne compiacciono.
Le domande si susseguono sulla battaglia contro la droga e le risposte scivolano naturalmente anche sull’azione dell’esecutivo nella lotta alla mafia.
I due si confrontano tra la posizione del Sottosegretario decisa, giustamente intransigente contro ogni droga e soprattutto di lotta senza quartiere alla mafia con riferimenti alla legislazione nazionale, ammirata anche all’estero, e l’altra compita e compiuta del giornalista che non perde però la verve polemica per criticare ancora la riforma della giustizia.
È il momento del dibattito sul CSM, le correnti dei magistrati e il caso Palamara, l’avviso di garanzia: è il momento del dibattito sulle conseguenze nella vita quotidiana degli italiani e sulle ipotesi di riforma.
La separazione delle carriere tra magistratura requirente ed inquirente accende il confronto con posizioni tra loro distanti e senza sconti.
Il metodo del “sorteggio” per entrare a far parte del Consiglio Superiore della Magistratura è invece campo di condivisione pur dinanzi alla “deriva” argomentativa del Direttore che ancora una volta coglie la palla al balzo per pungolare sulla riforma della giustizia e sulle intercettazioni.
Il Sottosegretario poi cattura la scena e spiega, la riforma dell’avviso di garanzia per ovviare alla stortura che “l’informazione di garanzia” si tramuti “in garanzia di informazione”.
Il tono è coinvolgente e ironico, le parole semplici che non solo superano le contestazioni e gli argomenti del Direttore e della sua “luciferina intelligenza”, ma spiegano con dovizia di particolari.
Si chiude con un fuori tempo sull’abrogazione del reato di “abuso d’ufficio” che Travaglio contesta e critica, mentre Delmastro non accusa il colpo e snocciola con capacità di sintesi i motivi della riforma: il carattere sussidiario delle norma; liberare finalmente gli amministratori locali dalla “paura della firma”; la saldezza del sistema e l’assenza di vuoti dinanzi a condotte illecite.
I toni sono cordiali, di reciproca simpatia anche davanti ai pungenti colpi di fioretto che catturano l’attenzione degli astanti in trepido silenzio che sfocia sempre in fragorosi applausi.
La differenza tra il politico e il giornalista e viceversa emerge potente e i ragazzi e le ragazze ne restano rapiti per l’uno e per l’altro, con sguardo attento e commenti a bassa voce, gli smartphone scattano foto ai due “spadaccini” che sportivamente si stringono la mano.
Arrivano i fotografi ufficiali ad immortalare gli ultimi istanti dell’incontro e le telecamere sotto il palco per raccogliere le dichiarazioni e le impressioni “a caldo”.
Roma, venerdì 30 giugno, è estate.
Un venerdì pomeriggio di ponte festivo, visi sorridenti, appassionati ed entusiasti si rincorrono sul prato del laghetto dell’Eur con un tricolore stretto tra le dita… lo chiameremo FUTURO!
Apprezzo profondamente lo stile sereno e attento dell’articolo e – come riferito – del pubblico.
Ma con altrettanta serenità vorrei dire che non si è giornalisti perchè si ha una tessera, si è giornalisti se si ha una etica e si promuive l’informazione e la conoscenza.
Chiamare Travaglio “giornalista” purtroppo risponde solo al fatto della tessera.
L’arroganza e la menzogna sistematica professata da che lo ascolto non sono da giornalista.
Sia merito ai nostri ragazzi.
Con affetto
Alessandro