Il principe ereditario saudita voleva giustiziare Khashoggi con un proiettile

In barba ai buoni rapporti con l’Arabia Saudita – rapporti che innervosiscono non poco Israele – la stampa USA è ormai scatenata sul caso Khashoggi, e pubblica veri e propri dossier sulla vicenda,  chiamando in causa tutti i personaggi coinvolti con nome e cognome qualsiasi sia la posizione che ricoprono all’interno della casa reale al potere.

A fornire informazioni di prima mano, sembra proprio siano fonti dell’intelligence che nel 2017 avrebbero intercettato una conversazione tra il principe ereditario Mohammed bin Salman e un assistente. Tutto questo accadeva un anno prima del delitto. Nell’intercettazione, certo, non si sentiva dire che Mohammed era pronto ad uccidete personalmente il giornalista, quando ad organizzarne l’omicidio, almeno a voler dare retta a quello che scrive il New York Times.

Come si ricorderà, all’epoca del delitto, in un primo tempo l’Arabia Saudita disconobbe ogni responsabilità in quella brutta storia. Successivamente, messo all’angolo da prove e testimonianze, il Regno fu costretto ad ammettere quello che era accaduto a Khashoggi all’interno della legazione diplomatica del Paese su territorio turco, ad Istanbull, ma ne prese comunque le distanze sostenendo che tutta l’operazione fosse stata voluta e realizzata da un gruppo dissidente all’interno dei servizi segreti, e con l’unico scopo di mettere in difficoltà il principe ereditario, già ora governatore  de facto del Paese.

La compromettente conversazione, sempre a dare retta al New York Times, era stata intercettata da un’agenzia di intelligence degli Satetes all’interno di un programma che prevedeva da parte della National Security Agency e di altre agenzie, di catturare e archiviare le comunicazioni dei leader globali, compresi quelli alleati. Un’azione che non avrebbe dovuto essere realizzata e un’intercettazione illegale sono alla base della scoperta, che pure non è stata tale per 2 anni, in quanto la conversazione fa parte di un gruppo che è stato sbobinato e trascritto solo di recente anche grazie ai recenti sforzi dell’intelligence statunitense per trovare prove conclusive che colleghino l’erede al trono dell’Arabia Saudita al delitto.

La conversazione in oggetto, dovrebbe aver avuto luogo tra il principe e un suo aiutante, Turki Aldakhil, nel settembre del 2017, circa 13 mesi prima dell’omicidio. I due discutono e si sente il principe dire che se Khashoggi non avesse accettato di rientrare come alleato della casa reale, sarebbe stato necessario riportarlo in Arabia con la forza. E se nessuna di queste due soluzioni avesse funzionato, avrebbero risolto il problema del Signor Khashoggi con un “definitivo” proiettile.

Il rapporto sulle nuove intercettazioni è arrivato dopo che un esperto dei diritti umani delle Nazioni Unite ha esaminato il caso e ha detto che il regime saudita “ha seriamente limitato e minato” l’inchiesta turca sull’omicidio di Khashoggi .

In tutto ciò, ha fatto sentire la sua voce anche Agnes Callamard, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali. La funzionaria ha affermato che il dissidente saudita nonché editorialista del Washington Post è stato vittima di un “omicidio brutale e premeditato, pianificato e perpetrato da funzionari dello stato dell’Arabia Saudita”. Come si ricorderà, Khashoggi  venne attirato nel consolato saudita a Istanbul con la promessa di ottenere documenti necessari al suo divorzio dalla prima moglie, visto che il dissidente aveva intenzione di risposarsi con la sua nuova compagna. Una volta all’interno del consolato, però, venne affrontato da una squadra di assassini, che dopo averlo soffocato, smembrarono il suo corpo per poterne meglio disperderne i resti, così come risulta da un’indagine della polizia turca.

In una sua relazione preliminare, la Callamard dichiara anche di aver sentito con le sue stesse orecchie “parti del materiale l’audio agghiacciante e raccapricciante ottenuto e conservato dall’agenzia di intelligente turca”. La Callamard ha anche aggiunto che molti degli sforzi della Turchia per riuscire a condurre un’indagine adeguata ed esaustiva sono stati “seriamente boicottati dall’Arabia Saudita”. “ Il tempo inadeguato concesso agli investigatori turchi per l’analisi della scena del crimine, la dice lunga”, ha affermato, “comunque un esperto francese per i diritti umani, dovrebbe consegnare un rapporto finale al Consiglio dei diritti umani dell’ONU a giugno.”

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RK Montanari
RK Montanarihttps://www.lavocedelpatriota.it
Viaggiatrice instancabile, appassionata di fantasy, innamorata della sua Italia.

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