Il resoconto degli ultimi raid in Libano, la sofferenza dei civili e il monito di Giorgia Meloni

Già dalla scorsa settimana fino alla giornata di oggi, si sono verificati raid e operazioni israeliane in Libano, connesse con le ostilità nei confronti del nucleo paramilitare di Hezbollah. Tutto è iniziato con l’esplosione dei cerca-persone e dei walkie-talkie, fino a scalare nelle offensive mirate. Già da lunedì sono stati registrati raid nel Paese dei cedri da parte dell’Idf, che a quanto sembra è attualmente mobilitata su molti fronti. Durante gli attacchi sono morti tantissimi civili libanesi, mentre anche l’ospedale di Bint Jbail sarebbe stato colpito proprio ieri durante le azioni militari israelite. L’ultima notizia è stata riferita dal Ministro della salute libanese, Firass Abiad: 1835 persone sono rimaste ferite e coinvolte nel bombardamento. Necessario ribadire che il coinvolgimento di un pronto soccorso in un conflitto, sia deplorevole sotto tutti i punti di vista. Tra morti e feriti, i malcapitati si contano a migliaia, basti pensare che solo lunedì l’esercito israeliano ha dichiarato di aver sganciato 2000 ordigni in totale, colpendo 1500 posizioni di Hezbollah. Comunque sia, anche la popolazione civile è rimasta coinvolta: ennesima prova che le strategie adottate dal Ministero della difesa israeliano e dai generali incaricati sino totalmente inadeguate e sanguinarie.

Nasser Yassin, Ministro libanese per l’ambiente ed ora impegnato ad aiutare la popolazione innocente, ha dichiarato ieri di aver provvisto nell’allestimento di 89 rifugi all’interno di scuole ed altri edifici, per le 26.000 persone scappate da quelle che lui stesso ha definito: ”atrocità israeliane”. Anche la posizione dell’esecutivo nazionale si rivela ben chiaro sulle responsabilità dello stato ebraico in questa tragedia, tanto che alcuni cittadini libanesi avrebbero deciso di spostarsi verso la Siria per cercare un riparo. Un esodo che rende l’idea di cosa stia diventando veramente il Medio Oriente: nessun posto, per quanto lontano e dislocato esso sia a livello continentale, sembra essere abbastanza distaccato dal conflitto. Nel frattempo le scuole e le università libanesi resteranno chiuse per l’intera settimana, mentre dai paesi occidentali come USA e Gran Bretagna restano invariate le raccomandazioni di rientro per tutti i connazionali presenti sul posto. Lo stesso vale anche per tutti i cittadini Russi.

Oggi un’altra notizia a dir poco inquietante ha raggiunto l’Assemblea dell’Onu durante l’intervento del  Ministro degli esteri libanese, Fuad Hussein:i profughi sarebbero “vicini a mezzo milione”. In una simile situazione c’è il rischio che questa gente non riesca nemmeno a trovare riparo nel caso in cui l’escalation non dovesse arrestarsi in breve tempo.

Innegabile che l’intero Governo Netanyahu, di cui il Likud è una colonna portante, abbia delle responsabilità enormi nell’ampliamento di questo conflitto, il quale dura ad intervalli irregolari dal secolo scorso. Prima di questi giorni, l’ultima notizia dell’ostilità tra i paesi risale all’anno 2006, durante il Governo di Ehud Olmert. Qualcuno potrebbe arrivare a pensare che la colpa risieda nell’attuale maggioranza perché di destra e guerrafondaia: tuttavia, Olmert fu un Premier quasi socialdemocratico. Questo dimostra che la politica possa rivelarsi inutilmente crudele in qualunque schieramento, la degenerazione si trova dietro l’angolo.

Il Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni è intervenuta oggi su Libano e Palestina, anche rimproverando Israele: ”Affermiamo il diritto dello Stato di Israele di difendersi da attacchi esterni come quello orribile del 7 ottobre scorso, ma allo stesso tempo chiediamo ad Israele di rispettare il diritto internazionale, tutelando la popolazione civile, anch’essa vittima in gran parte di Hamas e delle sue scelte distruttive” e ancora “Non possiamo più assistere a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell’Est del Libano, con il coinvolgimento dei civili inermi, tra cui numerosi bambini”. Un intervento molto approfondito e necessario sulla questione, perché sconfinare nei territori e nelle vite di chi non ha alcuna responsabilità è un atto da condannare senza mezzi termini. Sul territorio libanese ci sono molti militari italiani impegnati nella missione Unifil ed è fondamentale difenderne l’incolumità a fronte della nuova emergenza.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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