Continua l’agonia di quella che fino a una trentina di anni fa poteva essere considerata “la terra felice dell’America Latina”, una paese bellissimo, un territorio enorme ricco di ogni risorsa, i più importanti giacimenti di petrolio al mondo, un clima mite, una più che discreta ricchezza procapite… fino a quando non è iniziata la “rivoluzione socialista”.
Così oggi il Venzuela è al centro di una crisi che abbraccia tutti gli ambiti, politico, sociale, economico. E tutto questo nel completo silenzio, nella totale distrazione di tutte quelle “anime belle” sempre pronte a inneggiare a tutto ciò che è di sinistra. Perciò se l’iniziale affermazione della rivoluzione Chavista è stata presentato a gran voce in tutto il mondo come un meraviglioso successo del popolo, alla luce di come si sono evolute le cose, ecco cadere il silenzio.
Chiamiamoli per nome questi distratti, come fa Giovanni Caccavello sul Sole24ore. Sono Jeremy Corbyn e Bernie Sanders e ora li possiamo giustificare perché sono alle prese con Brexit, e hanno altro da fare. Ma ci sono anche Jean-Luc Mélenchon – e lui ha i gilet gialli che lo distraggono – e poi Pablo Iglesias e Alexis Tsipras, anche loro alle prese con l’impoverimento della propria gente, e perfino come lo chiama Caccavello, il Che Guevara dei 5 stelle Alessandro Di Battista, fresco campesino appena rientrato sotto le ali protettive del Movimento. Tutti grandi ammiratori del Chavismo, ora silenziosi spettatori della disfatta di una rivoluzione e della distruzione di una nazione e di un popolo.
Così, la fame nera che sconvolge il Venezuela dove ormai mettere insieme pranzo e cena è diventata impresa per pochi, i sanguinosi scontri tra polizia e popolo, l’economia azzerata, non fanno più notizia. Ogni tanto, su qualche quotidiano se avanza spazio, ecco uscire un articoletto, come quello che parla di un’ennesima misura antidemocratica adottata dal dittatore Maduro perché pare che il malcontento ci sia anche tra gli uomini delle forze armate, e cominci a venire in superficie. Sembra infatti che nei giorni scorsi a Cotiza, quartiere popolare di Caracas, un gruppo di soldati dichiara un ammutinamento nei confronti dell’autorità, invitando la popolazione ad unirsi alla protesta, e lo fa attraverso i social.
A fare scalpore in Venezuela – non certo in Europa dove nemmeno se ne parla – è che i soldati ribelli facciano parte della Guardia Nacional Bolivariana, un corpo scelto dell’esercito creato proprio da Chavez per la sua difesa personale e della sua rivoluzione. Fuori dalla caserma la popolazione ha battuto loro le mani, inneggiando alla disobbedienza, ma presto è scattata la repressione a colpi di lacrimogeni, tanto che i 27 ribelli si consegnano tutti in tempo brevissimo. Addirittura, tanto è veloce l’operazione lealista che si sospetta una sorta di gioco delle parti, con i soldati dei corpi speciali che fingono di ribellarsi per permettere al dittatore Maduro di stringere ancora di più il guinzaglio al collo dei cittadini.
A supporto di questo sospetto arriva in tempi brevissimi una sentenza pro regime del Supremo Tribunale di Giustizia, un organo del tutto asservito al governo e al suo presidente. Vittima designata, come ci si poteva aspettare, l’Assemblea Nazionale, formato da deputati liberamente eletti nel 2015 e che Maduro non riesce ancora a controllare del tutto. E così ecco che i giudici venduti al regime dichiarano incostituzionale l’Assemblea, e annullano tutte le direttive degli ultimi 24 mesi, compresa l’elezione dell’ultimo vertice.
Ad essere stato eletto era stato Juan Guaidò, 35enne, novità assoluta sicuramente lontana anni luce dal regime di Maduro. In più Guaidò in parecchi paesi dell’America Latina e non solo, viene già considerato il vero leader del Venezuela, visto che tutti sanno come il mandato di Maduro è illegittimo per frode elettorale.
E infatti, solo poche ore dopo l’assalto ai soldati ribelli, Guaidó parla all’università e ripete quella che è oggi la linea sell’opposizione e la volontà di ribaltare il regime. È un chiaro invito ai settori scontenti delle forze armate affinché contribuiscano alla caduta di Maduro: «Tra i militari si percepisce la rabbia che tutti noi sentiamo», dice Guaidó ribadendo quello che è appena accaduto. Nei giorni scorsi l’Assemblea Nazionale ha promesso l’amnistia totale ai militari che contribuiscano alla caduta del governo, una sorte di invito al golpe anti Maduro.
Da spettatori non possiamo che augurarci che l’esercito raccolga l’invito.