Agosto, il Presidente del Consiglio dedica a sé ed alla sua famiglia un piccolo spazio per delle meritate vacanze, nel suo luogo del cuore: la Puglia. Nel mezzo della breve vacanza parte per Tirana, dove l’aspetta il Presidente Edi Rama. Una visita che appare di piacere, su cui la stampa italiana ricama assai, stimolata dalle solite fragorose risate del “lato sinistro” dell’Italia, che non perde tempo per sbeffeggiare la Meloni per i suoi presunti aperitivi con il leader albanese, disegnando il premier come una ingiustificabile salottiera perditempo. Ad ogni modo, la Meloni non si scompone, approfitta della visita per saldare un conto ad un ristoratore gabbato da turisti italiani, riabilitando l’immagine dell’Italia con un gesto elegante e torna a sbrigare i suoi impegni quotidiani.
Ottobre, solo pochi mesi dopo viene ufficializzato in una conferenza stampa congiunta con Rama uno storico accordo tra Italia e Albania sulla gestione dei flussi migratori: l’Albania metterà a disposizione due aree sul territorio albanese per l‘edificazione di centri di identificazione e di permanenza per migranti salvati in mare dalle nostre autorità. L’accordo, preceduto da un grande lavorio diplomatico, è stato suggellato come un patto tra gentiluomini proprio nell’agosto precedente, durante la visita tanto chiacchierata. D’improvviso le fragorose risate della sinistretta nostrana iniziano, come d’abitudine ormai, a trasformarsi in una attonita smorfia di disappunto: anche stavolta sono stati smentiti e gabbati.
Il panico inizia a serpeggiare tra le fila dell’opposizione che, spiazzata dall’accordo, scompostamente si agita e inizia a gridare frasi sconnesse: deportazione, Albania come Guantanamo, che Rama sia cacciato dai socialisti europei, violato il diritto europeo, internazionale, interplanetario e altre amenità.
Solito copione: il presidente Meloni non si scompone e dà conto della portata dell’accordo.
Il protocollo sottoscritto tra i due Stati prevede che l’Albania dia in uso gratuito all’Italia due aree in territorio albanese: una in un’area portuale a Shenjiin, dove verrà edificato un primo centro per l’espletamento delle operazioni di identificazione dei migranti e per la prima assistenza, e una in un’area più interna, dove verrà edificato un centro per trattenere i migranti in attesa di essere rimpatriati.
Dunque le nostre autorità come Guardia Costiera, Marina Militare e Guardia di Finanza, che dovessero effettuare operazioni di salvataggio in mare, potranno portare lì i migranti salvati, in modo da non gravare ulteriormente sui porti italiani sottoposti come noto ad una pressione migratoria insostenibile. I centri saranno soggetti alla giurisdizione italiana, ossia verranno applicate le nostre leggi, saranno dunque garantiti tutti i diritti previsti dalla nostra normativa, compreso il diritto di difesa. I centri potranno ospitare fino a tremila migranti, dunque fino a trentasemilia migranti all’anno, un numero consistente, che dà respiro a quei comuni che quotidianamente si trovano a gestire la fase dello sbarco e della prima accoglienza.
In conferenza stampa congiunta le parole dei due leader hanno raccontato empaticamente che l’accordo è frutto della stima reciproca, della volontà dell’Albania di dare sostegno all’Italia in un momento difficile e della necessità di cooperazione tra Stati per la risoluzione della questione migratoria, perché è cosa che riguarda tutti.
Dopo questo annuncio, dicevamo, le sinistre si sono scatenate in un carosello di vibranti proteste che oltre ad essere smentito dai fatti, viene smentito anche dall’Europa: la commissaria agli affari interni Ylva Johansson afferma la legittimità dell’accordo e addirittura Olaf Sholz si affretta a dire che guarda a questo paradigma con interesse e che sarebbe da replicare.
Ennesima doccia fredda per un’opposizione che si trova ad ogni piè sospinto a fare i conti con l’attività di un governo forte in Europa e nel mondo. Una sinistra tanto in impasse da arrivare goffamente a chiedere per bocca dei suoi più autorevoli esponenti di cacciare Rama dal partito socialista europeo, anche stavolta, dovendo però fare un passo indietro subito dopo la ridicola richiesta, che ha causato al PD anche non pochi problemi di relazioni internazionali.
Ebbene la Meloni non ha solo sottoscritto un accordo storico che si basa sulla collaborazione con i paesi terzi per la gestione dell’immigrazione, ha portato in Europa un modello, replicabile e utile. I due presidenti hanno mostrato al mondo che collaborare sull’immigrazione si può e si deve, perché le frontiere dell’Italia sono le frontiere di tutta Europa.
Questo accordo funzionerà e saremo stati i primi a riuscire a mettere in pratica una effettiva collaborazione transfrontaliera per la gestione dell’immigrazione, i primi a mobilitare Stati amici per la gestione comune di un fenomeno comune, i primi che pragmaticamente e al di là degli steccati ideologici mettono a sistema risorse, sensibilità comuni e rapporti.
Si comprende come questo bruci ad un’opposizione che per oltre dieci ha volutamente subito il fenomeno migratorio, in nome di un’assurda impostazione no border, che non giova all’Italia, come non giova agli stessi migranti, che intraprendono viaggi pericolosissimi per approdare non già nel Bengodi, ma su lidi ormai inospitali perché saturi.
Tuttavia la sinistra italiana ha ancora molta strada da fare prima di liberarsi delle sue contraddizioni e dei suoi preconcetti, prima di arrivare alla maturità intellettuale che il leader socialista Rama ha mostrato in tutta la sua fiera schiettezza affermando che aiutare l’Italia su questo dossier non è né di destra, né di sinistra, ma è semplicemente giusto.
Ascoltino e imparino come si sta al mondo.